talvolta per fare una grande mostra basta una piccola idea, come per esempio portare a terra delle preziose sculture solitamente collocate in alto, in modo da poterne ammirare da vicino l’originalità, l’armonia delle forme e la raffinatezza dei dettagli. Proprio a partire da questa semplice idea è stata allestita nel battistero di Parma, con la curatela di Barbara Zilocchi, la mostra Antelami a Parma. Il lavoro dell’uomo, il tempo della terra: protagoniste assolute sono le opere attribuite a Benedetto Antelami (1150 circa - 1230 circa) e raffiguranti le personificazioni dei Mesi, un tema tutto medievale e diffusissimo sia in area padana sia in tutta Italia ed Europa.
A quell’epoca la rappresentazione personificata dei Mesi veniva scelta per tradurre in immagini simboliche il tempo ciclico della vita umana scandita
dai lavori agricoli e che si interseca con il tempo divino, quest’ultimo lineare perché comincia con la Genesi e termina con il Giudizio e l’eternità
dei beati e dei dannati.
La vicenda delle sculture conservate nel battistero parmense è in parte misteriosa, ma senza dubbio si colloca nei decenni in cui l’artista lavorò a
Parma, e quindi tra la fine del XII secolo e i primi decenni del successivo. Lo sappiamo perché Antelami firmò, datandola 1178, un’opera capitale per la
storia dell’arte medievale, la lastra con la Deposizione di Cristo conservata nell’attigua cattedrale, mentre nel 1196 suggellò con un’iscrizione pure
l’inizio della costruzione del battistero. Ma chi era Benedetto? Lo chiamiamo con il solo nome proprio perché a quei tempi “antelami” non designava
tanto un cognome, quanto un mestiere: così infatti erano chiamati i costruttori provenienti dalla val d’Intelvi e particolarmente attivi nell’area di
Genova, da cui partirono per raggiungere varie località, compresa Parma. Benedetto però non fu solo un raffinatissimo architetto a capo del cantiere del
battistero: ce lo dice lui stesso definendosi «sculptor», e che scultore!