Grandi mostre. 2
MAGRITTE A PARIGI

IN PIENO
SOLE

NEI PRIMI ANNI QUARANTA MAGRITTE ABBANDONA IL SURREALISMO SEVERO E INQUIETANTE DELL’ANTEGUERRA PER DEDICARSI A IMMAGINI SERENE, LUMINOSE E SENSUALI, VICINE A RENOIR E ALL’IMPRESSIONISMO.
UNA MOSTRA A PARIGI RACCONTA UN PERIODO POCO CONOSCIUTO DELLA PRODUZIONE DEL PITTORE BELGA.

Valeria Caldelli

Nudi, fiori, alberi, paesaggi incantati, colombe, scene erotiche e una pennellata rapida, sfumata, dai toni chiari e vivaci. Eppure è lui, Magritte, il pittore-filosofo del pensiero visibile, colui che conosciamo per aver destabilizzato la realtà trasformandola in inquietanti miraggi. Non solo: siamo nei primi anni Quaranta del secolo scorso, quando un conflitto mondiale stava infuriando e i suoi disastri spegnevano, oltre alle vite umane, anche le tavolozze degli artisti. Invece, dalle mani del surrealista belga, consacrato al gruppo avanguardista francese fin dal 1925, cominciano a uscire immagini luminose, persino sensuali e qualche volta licenziose. Via quelle atmosfere pessimistiche e buie del periodo anteguerra. Via quel panico e quell’angoscia che in pieno fervore surrealista gli avevano ispirato opere come Il presente, in cui un’aquila dal becco adunco non è vestita di piume, ma di uno smoking sgualcito da cui fuoriescono gli artigli rapaci. «Esplorerò il lato bello della vita», scrive al poeta Paul Éluard nel 1941. E insiste ripetendo che un forte «“charme”» rimpiazzerà nei suoi quadri «la poesia inquietante che in precedenza mi ero sforzato di raggiungere». 

Sarà un Magritte “en plein soleil”, solare, quello che nasce nel 1940 per concludersi solo sette anni dopo, nel 1947. Non una parentesi momentanea, dunque, ma una lunga fase che l’artista dedicherà a Renoir e al suo stile pittorico che celebra il piacere dei sensi e la gioia del mondo. A questo lato ancora “oscuro” della sua carriera il Musée de l’Orangerie di Parigi, nel nuovo allestimento recentemente inaugurato, dedica una mostra particolare e certamente insolita. Con un centinaio di opere, tra dipinti e disegni provenienti in gran parte da collezioni private, si svela un altro Magritte, che non si vede nei musei, né nelle numerose esposizioni dedicate a questo artista. «Il cosiddetto “periodo Renoir” del pittore belga contrasta con tutte le logiche di evoluzione di stile e di progresso su cui si fonda l’arte moderna», spiega il curatore della mostra, Didier Ottinger. «Magritte è supposto essere un surrealista, fatto che, come minimo, assume che le sue opere non abbiano alcuna relazione con il reale. Che un surrealista possa fare riferimento a uno stile come l’impressionismo equivale dunque a un tradimento. Il suo esempio testimonia la difficoltà di un artista a uscire da una scuola e da uno stile che ha fatto la sua notorietà». 

I motivi che portarono Magritte alla “peinture du bonheur”, a una pittura gioiosa - in controtendenza con il periodo di guerra e con lo stesso surrealismo a cui aveva aderito -, sono ancora enigmatici come molti dei suoi quadri. Si dice che la disfatta delle truppe tedesche a Stalingrado, aumentando le speranze di pace, abbia influenzato positivamente l’umore dell’artista e di conseguenza abbia incoraggiato la sua decisione.


Il raccolto (1943), Bruxelles, Musée Magritte Museum.