HAARLEM

Il Secolo d’oro della pittura olandese, il XVII, iniziò a Haarlem con qualche decennio di anticipo su Amsterdam.

Eppure la cittadina - a una quindicina di chilometri dal centro principale della regione -, sorta nel Medioevo sulle rive della Spaarne, era uscita devastata dagli anni Settanta del XVI secolo. Nel periodo in cui le Sette Province olandesi cercavano di rendersi indipendenti dall’impero di Filippo II fu saccheggiata dagli spagnoli guidati dal duca d’Alba nel 1573, e nel 1576 un incendio appiccato dai mercenari tedeschi al soldo degli imperiali distrusse un terzo della città. L’anno successivo le truppe di Filippo II si ritirarono e per Haarlem iniziò una rapida ripresa economica, dovuta soprattutto all’afflusso di migranti dalla Francia e dalle Fiandre, in fuga dal dominio spagnolo o dalle persecuzioni contro i protestanti. Una ricchezza imprevista, per quelle terre del Nord, dove in città come Leida o nella stessa Haarlem la popolazione immigrata rappresentava ormai quasi il cinquanta per cento della cittadinanza. 

Il boom arrivò negli anni Novanta del Cinquecento, e interessò le produzioni tradizionali del luogo - birra (nel 1625 si contavano circa cento birrerie, in città, che producevano un quarto del fabbisogno nazionale), cantieri navali, maioliche - ma anche attività arrivate con i profughi, come la lavorazione della lana e del lino. 

I campi attorno alla città si rivestivano periodicamente di lunghe distese di lino posto a sbiancare nelle acque basse ed esposto alla luce del giorno (ne abbiamo un’immagine chiarissima in un dipinto di Jacob van Ruisdael, Veduta di Haarlem con campi di sbiancatura del lino, 1670-1675, L’Aja, Mauritshuis. 

Il benessere succeduto alla lunga e sanguinosa lotta antispagnola aveva lasciato il posto a una sorta di spensierato dopoguerra.


Acquerello anonimo con Semper Augustus (prima del 1640); Pasadena (California), Norton Simon Art Museum.