Il tema dei rapporti tra la musica e le arti visive nell’età contemporanea ha conosciuto negli ultimi decenni una rinnovata fortuna critica e storiografica, ma non è stato finora oggetto, in Italia, di mostre importanti, in grado di presentare la questione nei suoi aspetti fondamentali. Il riferimento di partenza, per una trattazione ampia e organica dell’argomento, va individuato nella grande antologica curata da Karin von Maur nel 1985 alla Staatsgalerie di Stoccarda Vom Klang der Bilder. Die Musik in der Kunst des 20. Jahrhunderts (Il suono delle immagini. La musica nell’arte del XX secolo). Da allora, sono mancate occasioni espositive che facessero il punto sul tema in maniera larga e complessiva; anche Analogías musicales, svoltasi nel 2003 alla Fundación Colección Thyssen-Bornemisza a Madrid, trattava soltanto di Vasilij Kandinskij e dei suoi coevi.
Era quindi giunto il momento di dedicare una mostra di vasto respiro alle molteplici relazioni tra le arti visive e la musica dalla stagione simbolista agli anni Trenta del XX secolo, quindi includendo anche le avanguardie storiche. È quella in corso a Rovigo a palazzo Roverella.
Un grande esponente del clima di fine Ottocento è Giovanni Segantini, che attorno al 1890-1891 manifesta, in alcune lettere al suo mentore Vittore Grubicy, le proprie opinioni in fatto di teatro e di musica. In quel periodo il pittore trentino si era avvicinato al mondo del melodramma, scrivendo addirittura due maldestre bozze di libretto d’opera. Era inoltre in contatto con Luigi Illica, il coautore - con Giuseppe Giacosa - del testo poetico della Bohème, della Tosca e della Madama Butterfly di Puccini. Nel 1897, nel centenario della nascita di Gaetano Donizetti, Segantini terminò un trittico dal ricco corredo decorativo-ornamentale dedicato al compositore bergamasco, la cui riconoscibile figura campeggia al centro, al pianoforte, attorniata da presenze allegoriche che forse rimandano a personaggi dei suoi melodrammi, ma che, più probabilmente, sono divagazioni immaginative, stante anche il titolo, L’evocazione creatrice della musica, che allude a una capacità quasi medianica di suscitare “fantasmi”.
Nell’epoca del simbolismo un filone artistico si ispira all’opera e alle dottrine estetiche di Wagner