Ci sono soltanto tre opere di Gustav Klimt in Italia, e per lungo tempo siamo stati costretti a poterne ammirare soltanto due: per ventidue anni, infatti, il Ritratto di signora della Galleria d’arte moderna Ricci Oddi di Piacenza è mancato dalla sua “casa”, rubato in maniera rocambolesca il 22 febbraio del 1997. È stato poi rinvenuto fortuitamente il 10 dicembre del 2019 da un addetto alle pulizie in un’intercapedine dentro allo stesso museo dal quale era stato trafugato: ancora non sappiamo come siano effettivamente andate le cose, ma ora quel che più conta è che possiamo finalmente salutare il ritorno dell’opera nel suo museo, nuovamente esposta in occasione di una mostra in cui l’opera è affiancata da alcuni supporti digitali che ne raccontano la storia. L’evento s’inserisce nel più ampio quadro del Progetto Klimt: un programma scientifico di due anni, a cura di Elena Pontiggia, per tenere alta l’attenzione sul dipinto, per studiarlo, comprenderlo, indagarne il contesto.
Si tratta di un’opera molto rilevante nel percorso dell’autore: «È un esempio della stagione espressionista di Klimt, che lo dipinge uno o due anni prima della morte», ci spiega Elena Pontiggia. «Rispecchia la drammaticità del momento, la fine dell’Austria “felix”, e ha una sorta di euforia dolorosa, data dall’agitazione del colore che non è un segno di vitalità, ma di tensione». La bella signora dagli occhi smeraldini si staglia su uno sfondo verde giada, tirato con pennellate larghe da un Klimt che abbandona gli ori e gli avori della stagione per la quale è più noto, e si dà al contrario a una pittura più spontanea, frutto d’uno sguardo che s’era allargato ad accogliere suggestioni in arrivo dalla Francia e dagli artisti riconducibili all’espressionismo.
Dipinto tra il 1916 e il 1917, il Ritratto di signora fu poi acquistato nel 1925 dal gran collezionista Giuseppe Ricci Oddi, lo schivo, colto e generoso fondatore della galleria che porta il suo nome, dove il dipinto klimtiano è stato esposto sin dalla data dell’inaugurazione, nel 1931. Tanto da diventare uno dei simboli del museo piacentino, oggetto di costanti attenzioni: addirittura, nel 1996, grazie alla felice intuizione d’una liceale, Claudia Maga, si scoprì che Klimt, per realizzare il Ritratto di signora, aveva ridipinto un suo precedente lavoro, che si riteneva perduto.
E adesso l’opera ritrova anche l’attenzione del pubblico, in una mostra organizzata per darle il giusto rilievo. Anche da un punto di vista scenografico, come ci spiega la curatrice: «L’allestimento, progettato da Massimo Ferrari, Claudia Tinazzi e Annalucia D’Erchia, è di grande efficacia perché è semplice, essenziale e fa risaltare il colore dell’opera, il suo retro (anch’esso significativo come documento storico) e la sua centralità, permettendo di vederla al meglio». Un primo viatico verso il 2022, quando ricorreranno i centosessant’anni dalla nascita di Gustav Klimt: e l’anniversario non poteva cominciare in modo migliore.
