Le energie alternative sono le “nuove frontiere” della “green economy”: inquinano assai meno, promettono risparmi sulla bolletta energetica. Ma, in vari casi, compromettono la massima ricchezza italiana, il paesaggio. Perché il suolo non è un’energia rinnovabile e il paesaggio è immagine della storia che, così, si cancella. Contro le pale eoliche, per esempio, famose le lotte di Vittorio Sgarbi, da sindaco di Salemi (Trapani); ma severe anche le posizioni di organizzazioni ambientaliste, come Italia Nostra o gli Amici della Terra. Non è servito granché: splendidi crinali, magari in Sardegna, sono irrimediabilmente adulterati. Ma anche il fotovoltaico compie danni; come magari nell’antica Etruria, spesso fatta ancora di paesaggi intonsi, senza aggiungere i fondamentali monumenti, e di centri storici che conservano la loro morfologia sociale, cioè la memoria del loro passato.
Solo attorno a Montalto di Castro (Viterbo), tra realizzati e progettati, una trentina di interventi, come dimostra una mappa dell’area. E talora
deturpano il patrimonio esistente, che andrebbe invece salvato. Se tutti gli impianti venissero creati occuperebbero circa
tremilasettecentocinquantasette ettari di suolo, pressoché totalmente agricoli: come trecentosettanta campi di calcio, allineati tra loro. Cellule
fotovoltaiche, ma anche pale, che invadono spazi magari per larghe strade di cantiere. Un progetto non ancora approvato prevede sedici “aerogeneratori”
alti duecentocinquanta metri: il doppio di quelli che hanno già mutato radicalmente lo scenario della conca del lago di Bolsena (Viterbo). Paragonabili
ai più elevati al mondo che, di solito, sono però “offshore”: al largo delle coste e non vicini a centri abitati famosi per il patrimonio e
l’ambiente.