«Vorrei scriverti a proposito di tante cose, ma ne sento l’inutilità. Nel mio lavoro ci rischio la vita e la mia ragione vi si è consumata per metà».

Ultima lettera di Vincent a Theo, lasciata incompiuta, luglio 1890

nel maggio 1890 il fratello scrive al dottor Peyron in merito al possibile trasferimento di Vincent ad Auvers-sur-Oise, nei pressi di Parigi, dove verrebbe curato dal dottor Gachet che Theo ha recentemente conosciuto e che sembra avere tutte le carte in regola per una simile impresa. Oltre che specialista in malattie nervose, infatti, Paul-Ferdinand Gachet è una persona colta che ha stretto amicizia con alcuni pittori impressionisti, in particolare con Cézanne, e che si diletta lui stesso di pittura, disegno e incisione.

Il 16 maggio 1890 Vincent lascia dunque l’ospedale di Saint-Rémy e parte per Parigi da solo. Qui passa tre giorni felici a casa di Theo dove conosce la cognata e il nipotino nato da pochi mesi, chiamato come lui Vincent Willem. Si reca quindi a Auvers-sur-Oise, stabilendosi prima all’albergo Saint-Aubin e poi al caffè-pensione dei coniugi Ravoux, nella piazza del municipio. A Auvers Van Gogh riprende a lavorare con energia, realizzando nei suoi due ultimi mesi di vita oltre ottanta dipinti, una percentuale che conferma la frenesia produttiva perseguita nell’intero arco della sua carriera, con un totale di ottocentosettantuno dipinti eseguiti in soli dieci anni. Inizialmente, il rapporto tra Vincent e il dottor Gachet è cordiale. Il medico diventa amico del suo paziente e lo invita a casa sua ogni domenica. Vincent si mostra ottimista, è sicuro di guarire: «Il signor Gachet dice che non ci sono probabilità che il male ritorni e che ora va benissimo», scrive a Theo il 4 giugno. Le opere di questo periodo confermano il suo stato d’animo più sereno. Vi si nota lo sforzo supremo di una mente confusa in cerca di regole dopo gli eccessi delle tele nate a Saint- Rémy. Si avverte un desiderio di ricominciare, con ordine e con tranquillità, un bisogno di dominare sentimenti da esprimere sulla tela con chiarezza e armonia. Ciò vale sia per i ritratti (come le due versioni del Ritratto del dottor Gachet, il Ritratto di Marguerite Gachet al pianoforte, Due bambini accigliati), che per i paesaggi (ad esempio Strada con scalinata ad Auvers e figure) che per le nature morte (come Vaso con malvarose). Tuttavia, negli ultimi tempi Vincent stenta a soffocare un conflitto interiore che urge e preme, alimentando contraddizioni formali come nella Chiesa di Auvers, in cui la grazia della composizione stride con la violenza dei colori, o rompendo in una pennellata convulsa e scomposta come in Campo di grano con volo di corvi. Qui un presagio di morte imminente aleggia cupo. Vincent è ormai preda di un demone interiore che lo possiede a intervalli sempre più ravvicinati. In luglio, alcuni problemi familiari accrescono il suo turbamento: Theo attraversa un periodo di difficoltà economiche, la sua salute non è buona (morirà pochi mesi dopo Vincent, il 25 gennaio del 1891) e anche il nipotino non sta bene. Come non sentirsi sconvolto? Cosa ne sarà di lui se suo fratello viene a mancare? Viceversa, con che coraggio potrà seguitare a essere un peso morto nel bilancio familiare di Theo? E Theo, del resto, perché dovrebbe continuare a sacrificarsi per lui adesso che ha una sua propria famiglia?


Contadino che lega i covoni (da Jean François Millet) (Saint-Rémy, 1889); Amsterdam, Van Gogh Museum.

Marguerite Gachet nel suo giardino (Auvers, giugno 1890); Parigi, Musée d’Orsay.