la scelta
della pittura

«Un iperesteta, nettamente sintomatizzato, che percepisce con una intensità anormale, e forse anche dolorosa, i caratteri segreti e impercettibili delle linee e delle forme, ma ancor più i colori, le luci, le sfumature invisibili all’occhio normale, le magiche iridescenze delle ombre. Ecco perché il realismo di lui, che è un nevrotico, e la sua sincerità e verità sono così diversi dal realismo, dalla sincerità e dalla verità di quei grandi piccoli borghesi d’Olanda, così sani nel corpo e così ben equilibrati d’anima, che furono i suoi avi e i suoi maestri».

Albert Aurier, 1890

la professione artistica entra a far parte della biografia di Van Gogh in modo inatteso. E ha tutta l’aria di un ennesimo colpo di testa, visto che al tempo di questa nuova scelta, nel 1880, Vincent ha già ventisette anni, parecchi per impadronirsi di un mestiere che tra l’altro non è esattamente alla portata di tutti. Ecco come lui stesso spiega i motivi della sua decisione tardiva in una lettera a Theo del dicembre 1883, quando il suo proposito è ormai ben consolidato: «All’epoca [dell’impiego alla Goupil] facevo tanta violenza a me stesso ed ero talmente oppresso dal pregiudizio di non essere affatto un pittore che, perfino quando ebbi lasciata la Goupil, non mi dedicai all’arte, ma mi dedicai ad altre cose (il che fu un secondo errore in aggiunta al primo); allora mi sentivo scoraggiato perché i timidissimi approcci rivolti ad alcuni pittori non vennero neppure notati». A un tale scoraggiamento Vincent aveva reagito scoprendo la propria vocazione all’apostolato sul quale aveva convogliato per diversi anni ogni suo entusiasmo ed energia. Tuttavia, l’esperienza alla Goupil aveva lasciato il segno nella sua mente e nel suo cuore fissandovi la passione per l’arte e affinandone il gusto. In un’epoca in cui la fruizione diretta delle opere d’arte era un fenomeno sostanzialmente d’élite, la casa d’arte parigina e le sue filiali assolvevano infatti al compito di diffondere la produzione artistica contemporanea attraverso la realizzazione e la vendita di riproduzioni - dalle incisioni alle fotografie - e di dipinti. Cosicché Vincent si era visto passare tra le mani la più grande varietà di opere riprodotte, tra cui i dipinti della Scuola di Barbizon, di Boldini, di Millet e Meissonier e altri ancora. Mai aveva dunque tralasciato di visitare i musei locali nel corso dei suoi successivi trasferimenti dalla sede Goupil dell’Aja a quelle di Londra e Parigi. E nelle lettere al fratello precedenti la “svolta” della carriera artistica non mancano i riferimenti ai grandi maestri della pittura e alle loro opere.

Il disegno è l’ambito espressivo da cui Van Gogh riparte per arrivare poi, gradualmente, alla pittura. La voglia di disegnare lo prende prepotentemente nel 1880, all’epoca del suo volontariato tra i minatori del Borinage. «Ho scarabocchiato un disegno che rappresenta dei minatori di carbone che vanno ai pozzi, al mattino, nella neve, su un sentiero che costeggia una siepe di rovi, ombre che passano, vagamente distinguibili nel crepuscolo», scrive a Theo il 20 agosto di quell’anno, allegando lo schizzo in questione. Ma è la lettera spedita al fratello da Cuesmes il successivo 24 settembre a ricostruire il momento in cui nella sua mente nasce la decisione di riprendere a disegnare a tempo pieno. Vincent torna indietro a un episodio dell’inverno passato, raccontando di quando, con soli dieci franchi in tasca, aveva percorso a piedi settanta chilometri oltre il confine francese, fino a Courrières, per vedere lo studio di Jules Breton, uno dei suoi pittori preferiti. Al ritorno, «sfinito dalla fatica, con i piedi piagati [...] esauriti i miei dieci franchi», gli era capitato di dormire un po’ ovunque: «una volta in una carrozza abbandonata [...] una volta in un mucchio di fascine [...] un’altra volta [...] in un pagliaio». Invece di cedere allo sconforto «mi sono detto: “Nonostante tutto ritornerò ancora a galla, riprenderò la matita che ho abbandonato nel mio grande scoraggiamento, mi rimetterò a disegnare”. E da allora mi sembra che tutto sia cambiato per me, e ora sono in cammino, e la mia matita è diventata un poco più docile, e sembra diventarlo di più giorno per giorno».


Chiesetta a Nuenen (Nuenen, 1884-1885), particolare; Amsterdam, Van Gogh Museum.

Natura morta con cavolo e zoccoli (L’Aja, 1881); Amsterdam, Van Gogh Museum.