giudizi critici Gustav Klimt s o dipingere e disegnare. Lo penso io e lo dicono anche gli altri, ma non sono sicuro che sia vero. Di sicuro so soltanto due cose: Non ho mai dipinto un autoritratto. La mia persona come soggetto di un quadro non mi interessa. Mi interessano gli altri, soprattutto le donne, e più ancora le altre forme. Credo che in me non ci sia niente di particolare da vedere. Sono un pittore che dipinge tutti i giorni, dalla mattina alla sera: figure, paesaggi e, più raramente, ritratti. Non valgo molto con le parole, non sono capace di parlare e di scrivere, soprattutto se devo dire qualcosa di me o del mio lavoro. Anche se devo scrivere una semplice lettera mi prende l’angoscia, come se avessi la nausea. Bisognerà dunque rinunciare a un mio autoritratto, artistico o letterario. Non sarà una gran perdita: chi vuole sapere qualcosa di me come artista (che è l’unica cosa che valga la pena di conoscere) deve guardare attentamente i miei quadri. Solo così potrà capire chi sono e cosa voglio. Note (In C.M. Nebehay, Gustav Klimt. Dokumentation, Wien, Galerie M. Nebehay, 1969, p. 32). (Un autoritratto di Klimt esiste però e si trova nel dipinto Il Teatro di Shakespeare realizzato tra il 1886 e il 1888, sul soffitto dello scalone del Burgtheater di Vienna). (Di questa insofferenza, quasi una fobia, Klimt parla in una lettera del 1905, attribuendosi una “grafofobia patologica”, cfr. C.M. Nebehay, Gustav Klimt. Dal disegno al quadro, Milano, Fabbri, 1992, p. 227). Alma Mahler Ero giovanissima quando lo conobbi in uno di questi convegni segreti. Era il più dotato di tutti, aveva trentasei anni, era nel pieno delle sue forze, bello in ogni senso, e già allora famosissimo. […] Devo a Gustav Klimt molte lacrime, e così il mio risveglio. La mia “buona educazione” ha distrutto il mio primo miracolo d’amore. Invano mi pregava, mi scongiurava di andare nel suo studio. In seguito, ogni qual volta ci vedevamo diceva: “Il tuo incantesimo non viene meno, diventa sempre più forte”. Anch’io tremavo guardandolo, e così per molti anni ci fu una forma singolare di fidanzamento, proprio come mi aveva chiesto anni prima. […] Era abituato a giocare con la sensibilità umana. Però come uomo era tutto quello che io cercavo in quel momento, sbagliando. Nel frattempo la sua arte percorreva strade intricate e contorte. Aderì all’idea bizantina della Wiener Werkstätte, una società di arte applicata a cui appartenevano importanti architetti e arredatori. A loro modo facevano grandi cose, ma spinsero Klimt su una falsa strada, che del resto imboccarono anche Fernand Khnopff e Jan Toorop. Però il loro cammino aveva un’altra direzione, e questa deviazione non li danneggiò. Klimt circondò di lustrini i suoi quadri che prima erano stati concepiti grandiosamente, e la sua visione artistica decadde al livello del mosaico d’oro e della decorazione. Era circondato solo da donnette, e mi cercava perché sentiva che avrei potuto aiutarlo. […] Gustav Klimt era stato il primo grande amore della vita, ma io ero stata una bambina ignara e sprovveduta, ebbra di musica e lontanissima dalla vita. Note (In A. Mahler-Werfel, La mia vita, Roma, Castelvecchi, 2012, pp. 31-33). Non ho il tempo per intervenire personalmente in certe dispute… Quando finisco un quadro non intendo sprecare mesi interi a giustificarlo davanti a certa gente. A me non importa a , ma . Gustav Klimt quanti a chi piace Note (Da un’intervista al Wiener Morgenzeitung del 22 marzo 1901). La nostra concezione dell’ è uguale a quella che abbiamo dell’ . Chiamiamo artisti non soltanto i creatori ma anche coloro che godono dell’arte, che sono cioè capaci di rivivere e valutare con i propri sensi recettivi le creazioni artistiche. Per noi il “connubio artistico” è l’unione ideale di tutti, creatori e destinatari dell’arte. Che tale connubio esista realmente, che sia forte e importante grazie alla sua giovinezza e al suo vigore, nonché alla purezza delle sue idee, lo provano la costruzione di questa casa e l’apertura della nostra mostra. Gustav Klimt artista opera d’arte Note (G. Klimt dal discorso inaugurale della Kunstschau, 1908). Egon Schiele Klimt dipinge una donna come fosse un gioiello; essa scintilla, ma l’anello della sua mano sembra respirare, e il suo cappello vive più di lei, la sua bocca fiorisce, ma non si pensa che essa possa anche parlare, e la veste sembra sussurrare. Se dipinge un girasole, da esso sembrano ammiccare gli occhi benigni di un uomo maturo. Di nuovo egli però dipinge un albero che pare sbalzato in oro, e quando rabbrividiamo di fronte ai volti apocalittici dei suoi grandi quadri, può anche darsi che in essi egli abbia semplicemente voluto giocare con i colori. La profondità diviene per lui piatta, la superficie si apre in improvvise profondità, nelle cose più piccole si avverte l’eternità, ma anche con questa egli non fa che giocare. Note (In H. Bahr, Polemiche su Klimt, Scurelle, Silvy, 2012). Ludwig Hevesi L’ornamento di Klimt è una metafora della materia primordiale in continua mutazione, senza fine, che si sviluppa, rotea, si avvolge in spire, serpeggia, si attorciglia, un turbine impetuoso che assume tutte le forme, balenar di lampi e lingue dardeggianti di serpenti, viticci avvinghiati, catene inviluppate, veli gocciolanti, reti tese. Note (In L. Hevesi, Allkunst-Neukunst. Wien 1894-1908, Wien, 1909). Vittorio Pica È a Klimt, infatti, più che ad ogni altro artista venuto dall’estero quest’anno a Venezia, che chi ama l’arte nelle sue nuove manifestazioni deve le più intense e gioconde sensazioni ottiche e, in pari tempo, le più sottili e squisite impressioni cerebrali… Pittore ardito e bizzarro, che possiede doti davvero prodigiose di decoratore e di colorista, che si giova di una immaginativa originale e fervidissima e che, radunando e amalgamando elementi assai disparati, chiesti in prestito alle manifestazioni artistiche delle più varie età e dei più vari paesi, si è creata una originalità tutta sua. Note (A proposito della partecipazione di Klimt alla Biennale di Venezia. In V. Pica, “L’arte mondiale alla IX Esposizione di Venezia”, IV in Emporium, vol. XXXII, n. 192, 1910, pp. 453-454). Hans Tietze … La vita di Klimt, schiva di ogni compromesso, tutta dedita all’arte, fece sì che egli esercitasse un’influenza più morale che formale sulle giovani generazioni. Suoi temi prediletti furono le donne e il paesaggio, che egli rappresentò in una forma calligrafica decorativa… I suoi disegni, particolarmente i nudi, rivelano una maestria d’altri tempi. Note (In H. Tietze, “Klimt, Gustav”, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1933). Max Eisler Riunendo due elementi naturalmente eterogenei - l’impressionismo e l’ornamento - Klimt arricchisce l’arte moderna di un connubio singolare e significativo: la sua diventa la sintesi perfetta della grafica di tutti i tempi, tra l’altro sollevando per inciso la questione se Klimt grafico non sia più grande di Klimt pittore. Solamente il futuro potrà darci risposta. Note (In S. Sabarsky, a cura di, Gustav Klimt. 100 disegni, Milano, Mazzotta, 1983, p. 17). Se per Hegel l’ornamento è il sintomo di uno smarrimento e per Adolf Loos è propriamente un “delitto”, per Gustav Klimt è invece un procedimento che produce una frantumazione dell’idea unitaria dell’opera, proiezione della frantumazione di ogni idea unitaria del mondo. La non è soltanto la constatazione di una fine politica, quanto piuttosto la coscienza malinconia del crollo di alcuni miti che attraversa l’universo creativo dell’artista dirottandolo verso una decorosa collisione delle forme e una omologazione tra sfondo e primo piano. Achille Bonito Oliva Finis Austriae Note (In A. Bonito Oliva, “Gustav Klimt. I disegni proibiti che turbarono la vecchia Vienna”, la Repubblica, 26 settembre 2005).