L’INTERNO DEL VECCHIO
BURGTHEATER

1888
guazzo su carta
cm 82 x 92 Vienna,
Historisches Museum der Stadt 

il Burgtheater è il teatro nazionale austriaco a Vienna. Fu edificato per merito dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria nel 1748. Nel 1888 fu trasferito in un nuovo edificio sulla Ringstrasse progettato da Gottfried Semper e Karl von Hasenauer. Il teatro, la musica e l’opera erano le passioni principali dell’impero austroungarico, che lasciava alle arti visive una funzione ancillare. Nondimeno, in Germania circa un decennio prima, a Bayreuth Richard Wagner inaugurava il suo personale teatro dell’opera progettato anch’esso da Gottfried Semper. Il Festspielhaus di Bayreuth, inaugurato nel 1876, metteva in pratica l’idea di Gesamtkunstwerk (opera d’arte totale) che lo stesso Wagner teorizzava sin dal 1849 nel suo saggio Arte e rivoluzione. Tale ideale, e soprattutto tale pratica diverrà il manifesto degli artisti della Secessione viennese e di Gustav Klimt.

 
Nel 1888 e invero da qualche decennio Vienna è in piena trasformazione. A Klimt fu commissionata un’opera di prestigio: conservare la memoria del vecchio Burgtheater. L’edificio originario andava demolito per erigerne uno nuovo più consono al gusto contemporaneo. Il quadro è l’opera che rese famoso Klimt, ad appena ventisei anni, nella società viennese del tempo. Klimt, insieme al fratello Ernst e a Franz Matsch, scelsero di dipingere l’interno da due prospettive, guardando la scena, e in senso opposto la platea e i palchi. Tale scelta fu determinata dalla volontà di immortalare fotograficamente (anche in senso letterale giacché Klimt utilizzò fotografie per realizzare l’opera, così come si evince anche dalla gouache) il pubblico protagonista della mondanità viennese dell’epoca. Le luci in sala sono ancora tutte accese. Sono rimasti pochi posti in platea, sui palchi e in galleria. Tra un istante lo spettacolo inizierà e tutti faranno silenzio. I ritratti degli spettatori, circa duecento, sono di una fedeltà spettrale. Vi compaiono i protagonisti del bel mondo viennese tra cui l’attrice Katharina Schratt, amante dell’imperatore, e molti altri illustri personaggi, tutti vestiti alla moda. Si possono isolare gesti, atteggiamenti, s’interpretano pettegolezzi e affettuosità. Usando la lente contiamo perfino i peli dei baffi e i riccioli dei capelli. Per Gustav Klimt si trattò di un lavoro faticosissimo. Dovette alternare analisi delle fotografie con studi grafici dei personaggi ritratti, come testimoniato dai numerosi disegni preparatori. Ne uscì vittoriosa un’opera di maturo realismo, in tutti i sensi memorabile e che ha ancora oggi la forza di un sortilegio. Dopo l’apocalisse del 1918 nulla resta di quel mondo, eppure in quest’immagine scintillano i lampadari, si percepiscono i brusii aristocratici e le risate nel loggione, della seta il lieve frusciare. Immaginiamo risuonare le note di un’opera di Gluck o di Mozart, così care a quell’impero multietnico che mai avrebbe creduto di sparire.