1898 olio su tela cm 52 x 65 New York, collezione privata
Il mondo greco possedeva un numero spropositato di ninfe. Per cercare di dare un minimo di ordine alla
categoria, Omero le suddivise in ninfe terrestri, acquatiche e celesti. Le ninfe erano divinità femminili e la stessa etimologia della
parola greca νυʹμϕη dichiara che si trattava di giovani e belle fanciulle in fiore. Tra le ninfe celebri si ricordano Calipso, che
trattenne Ulisse sull’isola di Ogigia per sette anni, Eco, la ninfa del monte Elicona, Euridice, la due volte sfortunata sposa di Orfeo. I
romani semplificarono legando indissolubilmente le ninfe ai corsi d’acqua, alle sorgenti, alle fonti e ai relativi luoghi. In tal modo, le
ninfe sono “organicamente” inserite nel deflusso vitale del corso d’acqua. Il grande racconto per immagini della storia dell’arte ha
mantenuto in vita queste innumeri divinità acquatiche nei secoli al pari della letteratura. Nella seconda metà dell’Ottocento, in quel
pittoresco connubio di Storia e Letteratura che identificò la Confraternita dei preraffaelliti, Ofelia e le ninfe abitarono nuovamente i fiumi.
Nel 1893, un “preraffaellita moderno” (la Confraternita si era sciolta da alcuni decenni), dal nome sintomatico di John William Waterhouse,
dipinse un quadro, La Naiade, in cui la naiade Melite esce dal fiume per unirsi a un dormiente Eracle parzialmente coperto dalla
sua consueta pelle di leone.