1901-1902 olio su tela cm 150 x 46 Collezione privata
la donna pesce ritorna a galleggiare e fluttuare nel mondo fluido e acquatico di Klimt. Questa volta è di
spalle e sta come seduta sul liquido. Per invitarci o stregarci si sporge volgendosi all’indietro e inginocchiata rivela forme che ci ricordano
le nudità femminili di Rubens. Non è infatti sinuosa o serpentinata come le donne ninfe o come le Fate acquatiche, vestite dei propri
capelli come le antiche Maddalene penitenti ma una sensuale e procace creatura che lancia un’occhiata e un sorriso malizioso all’osservatore.
La sirena dei nostri sogni erotici notturni si personifica in un nudo più reale e provocante. La chioma come in Nuda Veritas è di
un rosso ramato, di preraffaellita memoria, ma anche molto in voga tra le donne dell’epoca, soprattutto le attrici e le danzatrici e
quelle modelle del demi-monde (per citare Marcel Proust) che affollavano lo studio dell’artista sulla Ringstrasse. Il nudo in
quella posizione, con le generose natiche in evidenza, dovette suscitare scandalo nella società viennese e in quella generale ipocrisia
borghese che aveva portato, già quarant’anni prima, al rifiuto dell’Olympia di Manet. L’elemento fluido di cui si compone il
dipinto ha qualcosa insieme di magico e uterino e l’ambientazione rimanda a quello di Ondine del 1901-1902 e di Fuochi fatui del 1903,
dove l’oscurità della notte sfida l’apparente razionalità dell’uomo. Le ondine sono anche esseri astrali, figure del sogno, e abitano le
profondità limacciose del desiderio. Dal vertice destro in alto di Pesci d’oro, la figura più lontana del corteo si rivolge a noi con
le labbra semiaperte in segno di voluttà. Klimt traduce in allegoria figurativa il tema della seduzione e dell’eros femminile, dopo che
Freud aveva parzialmente illuminato e scoperto le figure che abitano la scena del sogno, così come aveva fatto Arthur Schnitzler per la
letteratura. Una sagoma di pesce dorato - già protagonista di un disegno intitolato Sangue di pesce - sbuca dagli abissi
dell’inconscio sul fianco sinistro del dipinto, mentre una pioggia seminale e anch’essa dorata brilla nell’acqua tra i fili azzurrognoli e
lividi di alghe che serpeggiano come bisce d’acqua. L’impianto verticale e molto stretto del dipinto attrae l’attenzione ma si crea, al tempo
stesso, una contrapposizione tra quel nudo procace e sensuale e le fantasmatiche figure sullo sfondo che agitano la psiche dell’osservatore
di sesso maschile. Quello che inconsciamente Klimt ci mostra sopra la donna formosa sono quelle rappresentazioni nevrotiche del desiderio e
del godimento che, da Freud a Lacan, saranno analizzate nel corso dei decenni successivi. Accusato di oscenità e già colpito da durissimi
attacchi per via del pannello con la Medicina per l’Università di Vienna, Klimt fu costretto, in occasione di una mostra in Germania, a
rimuovere il dipinto, prima che l’erede al trono di quella nazione presenziasse all’inaugurazione. Il dipinto, presentato nell’ambito
di una mostra della Secessione, aveva anche i suoi sinceri estimatori tra i quali Ludwig Hevesi che il 13 febbraio 1902 lo descrisse con
toni poetici: “Una scena dentro l’acqua, dove trasparenza e occultamento hanno lo steso peso. Cose galleggianti: ondulazioni di
forme femminili, brillanti come madreperla; capelli rossi che, delicatamente fluttuando, si svolgono dalle loro masse divenendo ornamento;
piccoli fulgori bianchi di denti e globi oculari; spessi fili azzurri di alghe sconosciute che, serpeggianti giocosamente verso il basso,
provocano la sensazione di un ambiente poco profondo; e oro autentico, che attraversa come un’onda lo scintillio degli abissi, oppure saranno le
squame d’oro di banchi di pesciolini? E a sinistra, d’un tratto, un intero pesce d’oro, una carpa o un rombo, grande come un tonno, è come
se dal basso emergesse un sole. Tutto questo è luminoso tremolio di pennellate lievi, morbide, carezzevoli, l’una attraverso l’altra,
l’una nell’altra, gioco di toni, oscillazione delle linee, delle forme, arabeschi umani in curve ingenue, rigogliose.”