1905 olio su tela cm 180 x 180 Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna
stiamo guardando il trascorrere dell’esistenza al femminile, dall’infanzia alla giovinezza fino
alla vecchiaia, il decadimento del corpo dopo la pubertà e poi l’approssimarsi della morte. Una giovane madre, bionda e ingentilita da una
coroncina di fiori, stringe a sé il corpicino di una neonata. Al fianco e sul dietro rispetto al gruppo in primo piano, scorgiamo
un’anziana, anch’essa nuda, a capo reclinato, con la mano destra lungo il fianco e la sinistra che le copre il volto, forse per vergogna
o disperazione. All’interno di un’unica tela quadrata possiamo osservare, secondo una tradizione secolare della storia dell’arte
occidentale, i contrapposti stati d’animo, dalla serenità della maternità alla cupezza dell’ultima stagione; incoscienza,
speranza, disillusione. Il corpo da moderna Primavera della giovane madre rende ancora più insopportabile la flaccida presenza
dell’anziana donna. Lo sfondo è suddiviso in due fasce, un muro brulicante di filamenti e coriandoli che si arresta all’altezza di una
balza orizzontale, uno schermo nero quasi a rafforzare il sentimento del tragico, evocando il nulla che attende i mortali dopo le gioie della
vita. Il gruppo femminile è intessuto all’interno di una banda punteggiata di globuli, bozzoli, rettangoli e triangoli, secondo una
consuetudine dei dipinti di ambito simbolista già sperimentata da Klimt in opere precedenti. Così l’intersecarsi dei corpi delle tre donne
con lo schermo scuro e profondo compone una croce, il cui valore simbolico si spiega con l’atteggiamento di pietas che suscita
l’immagine. Si noti anche come il legame che ancora vincola madre e figlia, sembra invece già sciolto nei confronti della donna anziana,
raffigurata con un realismo esasperato che sarà preso d’esempio da Schiele e da altri giovani esponenti dell’espressionismo. Il
critico Ludwig Hevesi, vi scorse all’epoca “una tragica anatomia con tutto il suo destino”. Forse un’allegoria di quella vecchia Europa che
nel giro di pochi anni avrebbe pianto i suoi figli trucidati nelle trincee dal Belgio al confine austriaco.
Le tre età della donna è uno dei pochi dipinti di Klimt conservati ed esposti pubblicamente in Italia. Presentato in occasione
dell’Esposizione Internazionale di Roma nel 1911 il dipinto venne acquistato per la collezione della Galleria d’Arte Moderna l’anno
successivo. Una giovane ragazza con in braccio una bionda fanciulla verrà disegnata nel 1908 da Klimt in occasione di un secondo progetto, poi
non eseguito, per il Fregio di Palazzo Stoclet a Bruxelles; mentre una figura emaciata e bruciata dalla vecchiaia faceva la sua
comparsa già nei pannelli per l’Aula Magna dell’Università di Vienna, ma in quel caso l’anatomia era maschile e raffigurava il peccatore
stritolato dai tentacoli di un enorme mostro marino, un polipo, circondato da tre inquietanti apparizioni femminili, forse le tre
Parche.