secondo di sette figli, Klimt nasce il 14 luglio 1862 a Baumgarten, un sobborgo di Vienna. La famiglia è di
modeste origini e il lavoro del padre come orafo a stento garantisce la sopravvivenza economica. L’appartamento è piccolo e insalubre.
Gustav metterà a frutto l’esempio paterno, utilizzando tecniche e materiali dell’artigiano per impreziosire la materia delle sue opere
peraltro sofisticate e complesse anche dal punto di vista allegorico. La madre, Anna Finster, si era cimentata nel canto lirico
senza riuscire ad affermarsi. E anche questo precedente è importante, perché col “latte materno” Klimt assimila una particolare
sensibilità per la musica, senza la quale è impossibile ricostruire la personalità del pittore, la sua sintonia con l’ambiente culturale
viennese, in cui la musica e il teatro avevano una centralità indubbia nell’evoluzione del gusto. I viennesi avevano infatti una grande
passione per l’opera e per il ballo e per la musica di Mozart e Beethoven, Wagner e Strauss. I foyer e caffè-concerto si proponevano come
luogo di aggregazione e di individualizzazione perfino nazionale.
Instradato all’arte dall’esempio del padre Ernst, il giovane
Klimt frequenta la Scuola di Arti applicate, la Kunstgewerbeschule legata al Museo d’Arte e d’Industria, a partire dal 1876, anno in
cui supera l’esame di ammissione. Segue i corsi di arti minori, grafica, oreficeria e d’intaglio, accumulando esperienza tecnica e
conoscenza dei materiali. Si dedica con passione alla pittura, fa esperienze con il mosaico e la doratura, si applica alla
lavorazione dei metalli. L’iter è quello classico, il disegno è alla base della pittura. A testimoniare il talento del giovane artista
restano alcuni studi di nudo accademico, dimostrazione dell’abilità conseguita dal giovane allievo nella rappresentazione delle figure,
dei gesti, delle proporzioni in movimento, degli scorci e dei dettagli anatomici. Non mancano studi degli abbigliamenti, e in generale
dei motivi ornamentali delle stoffe e dei tessuti esotici. Esercitazioni utili al giovane artista per ambire a commissioni di una certa
importanza in qualità di pittore storicista. La frequentazione della Scuola di Arti applicate assicurerà un futuro materiale al giovane Klimt
in cui artigianato e arte si fondevano nell’idea e nella pratica della decorazione e dell’ornamento. Tale pratica decorativo-ornamentale
(che sarà condannata da Adolf Loos nel 1908, con il saggio Ornamento e delitto) ha il suo periodo d’oro quando l’imperatore Francesco
Giuseppe decide di rinnovare l’aspetto urbanistico di Vienna abbattendo le antiche fortificazioni e sostituendole con un vasto semicerchio
di nuovi edifici, il Ring. Lungo questa apertura, che permise a Vienna di inglobare i suoi sobborghi, furono costruiti, teatri, musei e
nuovi edifici per l’aristocrazia e l’alta borghesia. Il Ring fu inaugurato il 1° maggio del 1865, ma quell’immenso cantiere non si esaurì
che una decina di anni dopo. E fu proprio quel cantiere ad assicurare all’allora artista decoratore Gustav Klimt le prime importanti
commesse.
Sino al 1884, anno della sua precoce scomparsa, il dominatore della scena culturale e artistica viennese, fu Hans Makart, un
impressionante autore di monumentali quadri a soggetto storico, mitologico e allegorico ma anche un decoratore, costumista e
progettista di diversi tipi di artefatti. Tra questi si possono citare oggetti, tappeti, tinture rosso pompeiano che servirono da modello
per l’arredamento delle case dei nuovi ricchi borghesi; finanche la campana di vetro con all’interno bouquets di fiori secchi e
foglie di palma si deve al suo stile creativo eclettico. Per lui fu coniata, infatti, la definizione di “stile Makart”. Una sorta di
Giorgio Vasari viennese che, infatti, progettò persino un corteo allegorico, così come l’artista aretino aveva fatto per le esequie di
Michelangelo nel 1564 nella Chiesa di San Lorenzo a Firenze. Il 28 aprile del 1879 un corteo allegorico con diversi carri (i fornai, ad
esempio, erano rappresentati da una grande ciambella mentre il carro trionfale era stato ispirato a un quadro di Albrecht Dürer) e
con numerosissimi personaggi in costume, attraversò la città. Alla testa del corteo, a cavallo, vi era lo stesso Makart vestito di
broccato nero e con un cappello piumato ripreso da un quadro di Rubens. Il giovane Gustav Klimt, insieme al fratello Ernst (entrambi
ancora studenti alla Scuola di Arti applicate) parteciparono all’organizzazione del corteo.
Nel 1881 Makart fu incaricato della
decorazione degli edifici ufficiali che sorgevano lungo il Ring. Tra questi eseguì dodici lunette per il maestoso ingresso del
Kunsthistorisches Museum (costruito tra il 1871 e il 1891) con altrettanti ritratti di grandi maestri italiani, spagnoli, tedeschi e
olandesi, compresi tra il XVI e XVII secolo, insieme ai loro soggetti famosi, come ad esempio l’Adamo di Michelangelo. La
citazione storica era arricchita anche dall’allegoria che sviluppava, nelle intenzioni di Makart, la riflessione sulla pittura e la scultura
proprio all’interno di un museo che radunava le immense raccolte degli Asburgo, dai grandi artisti del passato sino alle collezioni
egizie e greco-romane. Makart muore all’età di quarantaquattro anni nel 1884. E fu proprio Klimt a raccoglierne il testimone e
l’eredità.
Assieme al fratello Ernst e a Franz Matsch, compagno di studi, Klimt dà vita alla Künstler Compagnie nel
1879 con la quale riesce a ottenere incarichi a Karlsbad, a Fiume, a Bucarest. Dal 1884 i due fratelli condividono le giornate di lavoro in un
nuovo e spazioso atelier assieme all’amico Matsch al 21 di Josefstadterstrasse, una via che finalmente si affaccia sul famoso e “alla
moda” Ring (Gustav Klimt vi soggiornerà sino al 1914). Dopo la morte di Makart, arrivano le prime commesse pubbliche importanti da
Vienna. Nel 1887-88, la giovane Compagnia ottenne la prestigiosa commissione, allorché venne richiesto ai tre giovani artisti di decorare i
soffitti dello scalone d’ingresso del Burgtheater con scene dedicate alla storia del teatro. L’impegno prevedeva di rievocare gli
spettacoli dell’antica Grecia e quelli dell’Inghilterra rinascimentale. Gustav Klimt si occupò di cinque tele su dieci, tra cui una delle
maggiori riservata al Teatro di Taormina. Gli altri scomparti erano dedicati alla rappresentazione degli altari di Apollo e di Dioniso,
al Carro di Tespi e al Globe Theatre di Shakespeare; in quest’ultimo episodio Klimt si ritrasse in costume elisabettiano tra gli altri
personaggi in una scena di Romeo e Giulietta. E questo probabilmente è l’unico autoritratto di un artista che anni dopo dichiarerà di
“non aver dipinto autoritratti, quanto personaggi, paesaggi e ritratti, soprattutto femminili”.
I tre artisti, abilissimi
dal punto di vista tecnico, si ispirarono formalmente ai grandi pittori del tempo: in particolare a Lawrence Alma-Tadema e
Frederic Leighton. Per questa occasione inoltre Gustav Klimt dipinse una straordinaria gouache su carta, di piccole dimensioni (cm 82 x
92), in cui ritrasse fedelmente circa centocinquanta personaggi raccolti tra platea e palchi del Burgtheater. Klimt dipinge L’interno del vecchio Burgtheater
nel 1888, ponendo idealmente il proprio cavalletto sul palcoscenico. Il senso della storia e del passato cominciava realisticamente a
fotografare la contemporaneità; difatti il teatro ebbe il suo ultimo spettacolo il 12 ottobre del 1888 con la rappresentazione
dell’Ifigenia in Tauride di Goethe. E questo è anche forse la prima opera che pone Klimt in linea con i grandi artisti del
modernismo, che rappresentavano il pubblico, alle Folies Bergère, o la folla lungo la Senna o nelle strade delle metropoli europee.
La gouache di Klimt fu esposta nel 1890 nella Künstlerhaus (Casa degli artisti) di Vienna e ricevette il Kaiserpreis nonché una
dotazione, sempre “imperiale” di 400 fiorini che verranno utili all’artista per i suoi viaggi a Monaco e Venezia insieme a Ernst dove
sicuramente venne a contatto con opere e stili differenti di artisti contemporanei.
Nel 1890 fu chiesto alla Compagnia di portare a termine la decorazione dello scalone del Kunsthistorisches Museum. Seguendo il
progetto originale di Makart i tre artisti realizzano allegorie figurative dedicate all’arte antica, rievocando le civiltà del
Mediterraneo (Egitto e Grecia), il Medioevo italiano, il Quattrocento romano e veneziano, il Rinascimento fiorentino con citazioni
dirette dell’arte di Giovanni Bellini e di Melozzo da Forlì. Di questo periodo sono due quadri dipinti con grande maestria da Ernst: Francesca da Rimini e Paolo
e Pan consola Psiche, terminato da Gustav dopo l’improvvisa morte del fratello avvenuta il 9 dicembre del 1892.
In
seguito la Compagnia fu incaricata di dipingere una serie di pannelli allegorici per il soffitto dell’Aula Magna dell’Università, costruita da
poco tempo sulla Ringstrasse. Nel 1892 con la scomparsa di Ernst, i lavori per l’Università rallentarono inevitabilmente; Gustav e Matsch
si allontanarono uno dall’altro e, da allora Franz non volle esporre i suoi dipinti a fianco di quelli di Klimt. La separazione fu
irreversibile. Mentre Matsch si avvicina all’alta borghesia, mercé anche il suo matrimonio con Therese Kattus, Klimt, al contrario, inizia a
frequentare sempre più assiduamente gli ambienti dell’avanguardia giovanile viennese capitanata da Carl Moll, assieme al quale getta le
prime basi della Secessione. Nello stesso periodo, Klimt lavora per l’editore Martin Gerlach che ha dato il via a una notevole pubblicazione
in più volumi dal titolo
Allegorie ed Emblemi. Progetti originali dei più eminenti artisti moderni, insieme a riproduzioni di antichi stemmi di corporazioni e
progetti moderni di emblemi in carattere rinascimentale, un repertorio di motivi ornamentali, la cui esecuzione era stata affidata a più artisti. Tra il 1881 e il 1884, Klimt realizza sette soggetti allegorici tra cui
Il Regno della Natura, Favola, Idillio, secondo uno stile ancora storicista ed eclettico. Un’evoluzione già simbolista è, altresì,
riscontrabile nella seconda serie apparsa dopo il 1894, quando Klimt si dedica ad altri temi come
Amore, La Scultura, La Tragedia e Il mese di Giugno.
I numerosi repertori di arte greco-romana consultati e disegnati durante la frequentazione della Scuola di Arti applicate da parte di
Klimt si trasformano ora in emblemi e allegorie. Allegorie che non celano significati e messaggi nascosti delle storie mitologiche ma che
riavvicinano il passato, un passato originario come l’arcaico mondo greco-romano, al senso possibile della pittura e, nello stesso
tempo, alle passioni e agli enigmi di quello che Sigmund Freud definirà la “psicopatologia della vita quotidiana”, e soprattutto la
dicotomia eros e thanatos, la pulsione di vita e la pulsione di morte. Successivamente Klimt espose il primo dei pannelli
concepiti per l’Università cittadina, La Filosofia, all’Esposizione Mondiale del 1900. Esaltato all’estero, il lavoro sarà aspramente
criticato in patria per la sconvolgente rappresentazione dei nudi femminili. Perfino i professori dell’Università giudicarono Klimt
“un barbaro” e la sua arte “un’oscenità”, una sorta di “pornografia dipinta”. Conseguentemente il collegio dei docenti decise di
rifiutare l’opera.