Ho scritto - poco o tanto - su alcuni degli artisti che ho appena ricordato. Non ho mai scritto su Manet, nemmeno una riga. Quando poco tempo fa mi sono riaccostato a Manet, spinto da uno straordinario saggio di Georges Bataille, quando ho cominciato a guardarlo ancora una volta, di nuovo, quando ho cominciato a scriverne, mi sono reso conto che in realtà il segreto di Manet era sempre rimasto nel fondo del mio sguardo, e che aveva segnato il mio rapporto con l’arte e con artisti anche molto distanti da lui.
Bataille mi ha permesso di guardare a Manet con occhi stranieri. Così come Genet, Artaud, Rilke o Bonnefoy hanno visto in Rembrandt, in Cézanne in Van Gogh e in Giacometti, quello che gli storici dell’arte, i critici professionisti non hanno visto: il segreto che le loro opere custodiscono. Di questo il mio libro parla. S’intitola Il segreto di Manet non solo perché a Manet è dedicata la parte più importante ed estesa, ma anche perché proprio il segreto di Manet mi ha spinto verso il segreto degli altri artisti che qui compaiono insieme a lui.