PRESENTA IN 10 PAROLE CHIAVE RODOLFO PAPA LIBRO DI PITTURA 1. PITTURA N el Libro di pittura Leonardo afferma che la pittura ha il primato su tutte le arti ed èla guida di tutte le discipline; assimila la pittura alla filosofia e la pone al vertice dell’architettonica dei saperi, ovvero della struttura enciclopedica della conoscenza. Leonardo è contemporaneamente l’ultimo dei medioevali e il primo dei moderni, infatti mantiene la struttura dei saperi con le loro relazioni interne in continuità con la tradizione antica e medioevale, ma ne sovverte la gerarchia inventando una nuova dimensione scientifica: la scienza della pittura. Leonardo rivendica per la pittura un posto nobile tra le arti liberali, al pari della filosofia; definisce infatti la pittura «una sottile invenzione, la quale con filosofica e sottile speculazione considera tutte le qualità delle forme: [aire e] siti, piante, animali, erbe, fiori, le quali sono cinte di ombra e lume» (I, 12). Inoltre, afferma il primato assoluto della pittura sulla poesia e su ogni arte, innanzitutto perché è legata alla vista, che viene considerata, secondo la tradizione aristotelica, più nobile dell’udito e di tutti i sensi: «Come la pittura avanza tutte l’opere umane per sottile speculazione apertenente a quella. L’occhio, che si dice finestra dell’anima, è la principale via donde il comune senso pò più copiosa e magnificamente considerare le infinite opere de natura e l’orecchio è il secondo, il quale si fa nobile per le cose raconte, le quali ha veduto l’occhio» (I, 19). La pittura viene considerata superiore alla poesia perché è “di gran lunga più utile e bella”, “abbraccia in sé tutte le forme della natura”, attira di più, riceve più lodi, soddisfa di più, piace di più: «Pone inscritto il nome d’iddio in un loco, e ponvi la sua figura a riscontro, vedrai quale fia più reverita […]. Tolgasi un poeta che descriva le bellezze d’una donna al suo inamorato, e togliasi un pittore che la figuri; vedrassi dove la natura volgerà più il giudicatore inamorato» (I, 19). La pittura viene definita «nipota da natura, perché tutte le cose evidenti sono state partorite dalla natura, delle quali cose [partorite] è nata la pittura» (I, 12). Per la sua capacità di conoscere e rappresentare tutte le opere della natura, la pittura raggiunge uno status divino, è«parente d’iddio» (I, 12). 2. SCIENZA Nel Leonardo definisce la scienza «discorso mentale il qual ha origine da’ suoi ultimi principii» (I, 1), ovvero un ragionamento che argomenta a partire dalle cause. Definisce «meccanica» la conoscenza che è partorita dall’esperienza e individua un’area di conoscenza che definisce «semimeccanica», ovvero che «nasce dalla scienza e finisce nell’operazioni manuale» (I, 33). La vera scienza, secondo Leonardo, coinvolge sia la teoria che la pratica; implica sia le dimostrazioni matematiche che l’esperienza: «Nissuna umana investigazione si pò dimandare vera scienzia, se essa non passa per le matematiche dimostrazioni. E se tu dirai che le scienzie, che principiano e finiscano nella Libro di pittura mente, abbiano verità, questo non si concede, ma si niega per molte ragioni; e prima, che in tali discorsi mentali non accade esperienzia, senza la quale nulla dà di sé certezza» (I, 1). La pittura nel Libro viene definita come una vera scienza, appunto la scienza della pittura, perché sa tenere insieme la dimensione teoretica e quella produttiva, ovvero l’esperienza, il discorso mentale e l’operazione manuale, ed è capace di conoscere e rappresentare la realtà nei suoi attributi fondamentali e accidentali, nella sua struttura geometrico-matematica e nelle sue componenti qualitative: «la quale [la pittura]è prima nella mente del suo speculatore, e non pò pervenire alla sua perfezzione senza la manuale operazione» (I, 33). Come la scienza, così anche la pittura è universale: il pittore può, e deve, conoscere e rappresentare tutto: «Et in effetto ciò ch’è ne l’universo per essenzia, presenzia o immaginazione, esso [il pittore] l’ha prima nella mente, e poi nelle mani» (I, 13, e poi ribadito nel già citato I, 19), e ancora «l’opere che l’occhio comanda alle mani sono infinite» (I, 28). L’universalità del pittore ricorre insistentemente nel Libro ed è anche la dimostrazione della grande considerazione che Leonardo ha per la scienza pittorica. La pittura può conoscere e rappresentare «tutto» e per questo può essere punto di riferimento di ogni sapere. Quando Leonardo nella seconda parte del Libro invita più volte il pittore ad essere «universale», si riferisce proprio al campo d’azione della sua scienza, ovvero le cose universali, “tutte” le cose: «Quello [pittore] non fia universale che non ama equalmente tutte le cose che si contengono nella pittura» (II, 60 -corsivo aggiunto); e ancora: «conoscendo noi che la pittura abbraccia e contiene in sé tutte le cose che produce la natura, e che condu[c]e l’accidentale operazione degli omini, et in ultimo ciò che si pò comprendere con gli occhi, mi pare un tristo maestro quello che solo una figura fa bene» (II, 73 -corsivo aggiunto). Questa convinzione dell’universalità rappresentativa del pittore proviene a Leonardo anche dalla lettura di Plinio il Vecchio, che nella sua racconta di Apelle che seppe dipingere l’indipingibile. Proprio perché Leonardo considera la pittura una scienza, il è concepito come un trattato scientifico e non come un ricettario tardo medioevale, anche se ancora dispensa regole e consigli. Libro di pittura Naturalis Historia Libro di pittura Lo statuto della scienza della pittura può essere rintracciato nel in tutto il suo ambizioso percorso teorico e pratico. Questo percorso è sorretto da «principii chiaramente posti come tali; la scienza della pittura si presenta, infatti, dotata di una propria struttura epistemologica che, al pari della geometria e delle matematiche, poggia su princìpi primi, su assiomi constatabili e non dimostrabili, che reggono ogni ulteriore passo metodologico. Leonardo, infatti, organizza in maniera originale la scienza della pittura, edificandola su princìpi fondamentali. Il «principio» è non solo inizio e fondamento della teoria scientifica della pittura, ma introduce anche al concetto che vedremo dopo. La peculiarità della scienza pittorica si riflette negli stessi «principii», che si impongono, prima che alla ragione, allo sguardo; infatti, il primo principio della pittura consiste nel punto, nella linea, nella superficie, nel corpo, e il secondo, come vedremo dopo, nell’ombra del corpo: « . Il principio della scienzia della pittura è il puonto, il secondo è la linea, il terzo è la superfizie, il quarto è il corpo che si veste de tal superficie; e questo è in quanto a quello che si finge, cioè esso corpo che si finge, perché invero la pittura non s’astende più oltra che la superfizie, per la quale si finge il corpo figura di qualonque cosa evidente» (I, 3). 3. PRINCIPIO Libro di pittura di origine Il primo principio della scienzia della pittura 4. EVIDENZA Nell’espressione «figura di qualonque cosa evidente» (I, 3) viene intrecciata una relazione teorica tra «figura» ed «evidenza», di notevole importanza per il fondamento dell’arte pittorica leonardiana. Nel contesto, figura ha il significato di “immagine” sia nel senso di immagine mentale, esito di un percorso conoscitivo innanzitutto sensibile, che nel senso di immagine artistica, riproposizione in termini propri di ciò che si è conosciuto. Proprio nel legame tra queste due immagini, mediate dal lavoro intellettuale e pratico dell’artista, sta il valore scientifico della pittura. La figura, in entrambi i significati, peraltro fra loro collegati in modo inestricabile, è fondabile a partire da ciò che ci circonda e che colpisce i nostri sensi, e che in quanto tale è evidente. Un approfondimento etimologico del termine “evidente”, condotto su autori che Leonardo poteva conoscere, conferma lo stretto legame tra il pensare e il fare nell’arte leonardiana. Come è ben noto, “evidens, entis” deriva dal verbo deponente intransitivo “evideor, eris, eri” dal significato approssimativo di “apparire interamente”. Nei testi di Plinio “evidens” vuol significare “visibile esternamente”, ovvero conoscibile sensibilmente. Questa declinazione dell’evidenza concerne specificatamente l’arte, la quale agisce innanzitutto nell’ambito del visibile. Plinio il Vecchio usa il termine “evidente” anche con un significato figurato, peraltro ancora oggi presente nell’uso quotidiano, ovvero quello di “degno di fede”, o meglio “autorevole”, detto per esempio di uno scrittore. Dunque, il pensiero leonardiano sembra affermare che le “figure” si fondano sull’“autorevolezza” della conoscenza sensibile del mondo circostante, la cui “evidenza” è immediatamente “degna di fede”. Questo passaggio viene confermato dalla fiducia che Leonardo riconosce ai dati ottenuti per mezzo dei sensi, i quali di per sé non ingannano; in particolare «L’occhio nelle debite distanzie e debiti mezzi meno s’inganna nel suo uffizio che nissun altro senso» (I, 11). L’espressione «meno s’inganna» sta a segnalare la conoscenza leonardiana dei fenomeni ottici illusori, i quali però non inficiano il principio fondamentale della veridicità della conoscenza sensibile, primo passo di ogni elaborazione non solo estetica ma anche intellettuale. Tutta la realtà evidente si fa nostro oggetto conoscitivo grazie alla vista: «Noi vediamo chiaro che tutte le similitudini delle cose evidenti che ci sono per obbietto, così grandi come piccole, entrano al senso per la piccola luce dell’occhio» (III, 458). Il corpo è il vertice del primo principio della pittura e il centro di tutto il . Il corpo viene studiato e rappresentato come oggetto geometrico, ottico, fisiologico, antropologico, botanico e minerale. Tutta la scienza della pittura ha come scopo la rappresentazione del corpo, per due motivazioni interconnesse: la fondazione epistemologica della scienza della pittura e la fondazione del sistema d’arte cristiano. La scienza della pittura è scienza dei corpi. I corpi sono intesi innanzitutto come forme geometriche tridimensionali soggette alla luce e all’ombra: «Le spezie de l’ombre se dividono in due parti, l’una delle quali è detta semplice e l’altra composta: semplice è quella che da un sol lume e da un sol corpo causata; composta èquella che da più lumi sopra un medesimo corpo si genera, o da più lumi sopra più corpi» (V, 553); i corpi sono poi intesi nel senso di corpi umani, studiati nella loro dimensione dinamica e non statica. In tal senso Leonardo consiglia al pittore come rappresentare i bambini: «Li putti piccoli si debbono figurare con atti pronti e storti quando sedeno, e nel stare ritto atti timidi e paurosi» (II, 142); le donne: «Le donne si debbono figurare con atti vergognosi, le gambe insieme strette, le braccia racolte insieme, teste basse e piegate in traverso» (II, 144); gli anziani: «I vecchi debbono esser fatti con pigri e lenti movimenti, e le gambe piegate nelle ginocchia quando stanno fermi, e piedi pari e distanti l’uno da l’altro; [schiene declinanti] in basso, la testa inanzi chinata e le braccia non troppo distese» (II, 143); le anziane: «Le vecchie si debbono figurar ardite e pronte, con rabbiosi movimenti, a guisa di furie infernali, e i movimenti debbono parere più pronti nelle braccia e teste che nelle gambe» (II, 145). Leonardo infatti rintraccia il legame tra i moti dell’anima e gli atteggiamenti del corpo: «Li moti proprii saranno di tanta maggiore o minore prontitudine e degnità , secondo l’ et à, prosperità e degnità de l’oepratore di tal moto; cioè che ’l moto d’un vecchio o d’un fanciullo non saranno pronti come d’un gargione fatto, et ancora il moto d’un re od altra degnità debbono essere di maggiore gravità e reverenzia, che quelli d’un facchino od altro vile uomo» (III, 299). Questo interesse per il corpo è strettamente legato alla Incarnazione, che ètema centrale delle verità di fede, e al realismo che è intrinseco all’arte cristiana. 5. CORPO Libro Il secondo principio della scienza della pittura parte dal corpo, che è elemento evidente della realtà e termine rappresentativo della pittura: «Il secondo principio della pittura è l’ombra del corpo, che per lei si finge, e de questa ombra daremo li suoi principii, e con quelli procederemo nell’insculpire la predetta superfizie» (I, 5). La pittura, dunque, può essere pittura del corpo grazie all’«ombra ». La definizione del corpo in ambito pittorico èpossibile solo nei termini dell’ombra. Questa possibilità si fonda sulle caratteristiche della percezione umana: le ombre, infatti, sono l’elemento principale della conoscibilità dell’oggetto, e in virtù di questo sono anche principio della rappresentabilità della realtà. La pittura di Leonardo, proprio perché innanzitutto e soprattutto rappresentazione dei corpi naturali, è pittura dell’ombra. L’ombra èla condizione di conoscibilità dell’uomo, il quale non conosce la pura luce (deve chiudere gli occhi anche di fronte al sole) e nel buio non vede. In virtù dell’ombra dunque l’uomo vede, conosce, rappresenta. La questione dell’ombra nel non è mai impostata nei termini di un dualistico contrasto tra luce e buio: le definizioni dell’ombra proposte la pongono infatti tra luce e tenebre, entro la dimensione della variazione: «l’ombra è alleviamento di luce, e tenebre è integralmente privamento d’essa luce» (V, 546); e ancora: «L’ombra è diminuzzione di luce; tenebre èprivazzion di luce» (V, 550). L’ombra dunque non è, nella concezione leonardiana, l’antitetica opposizione alla luce ma è piuttosto una variabile presenza di questa. L’ombra non èerrore, menzogna, maschera, invisibilità, ma non è neanche fuoco, sole, verità; essa comincia e finisce tra la luce e le tenebre: «il suo prencipio è nel fine della luce, et il suo fine ènelle tenebre» (V, 545), e «le tenebre è il primo grado dell’ombra, e la luceè l’ultimo» (V, 548). L’ombra è, infatti, il modo di essere del mondo corporeo che, colpito dalla luce, “realmente” getta ombre e si definisce nell’ombra: «L’ombra è della natura delle cose universali» (V, 548). Per questo, l’ombra è anche il mezzo pittorico per rappresentare i corpi, il loro essere tridimensionali e il loro collocarsi nello spazio e in relazione agli altri corpi. Leonardo comprende, inoltre, che le ombre sono colorate, ovvero sono tinte dalla luce riflessa dagli altri corpi. La pittura di Leonardo ètutta costruita sulle ombre. Se il contorno èancora importante in un artista suo contemporaneo come Botticelli, in Leonardo invece lo sfumato diviene protagonista dell’esperienza pittorica, proprio a partire dal concetto di ombra. Tutto è immerso nell’ombra. Su questo filone pittorico si innesteranno pittori come Correggio, Tiziano e Caravaggio. 6. OMBRA Libro di pittura Per Leonardo il è lo strumento indispensabile per la conoscenza e la rappresentazione del mondo: senza disegno non c’è prospettiva, non c’è corpo, non c’è ombra, non c’è pittura e dunque non c’è scienza della pittura. All’origine di tutto, deve esserci «desiderio et amore al disegno» (II, 51), su questo si edifica ogni passo successivo. Il disegno èal centro dell’apprendistato del giovane pittore: «Lo studio de’ giovani, li quali desiderano de profezzionarsi nelle scienzie imitatrici di tutte le figure de l’opere di natura, debbono essere circa ’l disegno accompagnati da l’ombra e lumi conveniente al sito dove tali figure so’ collocate» (II, 48). Anche la formazione di Leonardo ha avuto il disegno come elemento centrale: infatti Vasari, nella Terza parte delle (1550), ricorda i suoi studi di abbaco, musica, lira, canto, e sottolinea «nondimeno, benché egli a sì varie attendesse, non lasciò mai il disegnare et il fare di rilievo, come cose che gli andavano a fantasia più d’alcun’altra». Il disegno, al pari della prospettiva, risulta essere il primo passo per rapportarsi con la tradizione e con la natura. Il realismo conoscitivo e pittorico leonardiano implica, infatti, un apprendistato alla scuola dei grandi maestri del passato, ma soprattutto un contatto diretto con la realtà naturale. Scrive Leonardo: «Precetti del pittore. Il pittore debbe prima suefare la mano col ritrarre disegni di mano di boni maestri, e fatto detta suefazione col giudizio del suo precettore, debbe di poi suefarsi col ritrarre cose di rilevo bone, con quelle regole che del ritrar de rilevo si dirà» (II, 63). La funzione didattica del disegno viene indagata da Leonardo entro varie dimensioni, quali per esempio il “lavoro di gruppo”. Se Leonardo spesso nei suoi scritti e nella sua vita sembra proporre l’ideale di un dipingere solitario: «E se tu sarai solo, tu sarai tutto tuo» (I, 50), sa però cogliere l’intimo motore migliorativo che il confronto con gli altri ècapace di innescare, al fine di progredire nel disegno come virtù: « Dico e confermo che ’l disegnare in compagnia è molto meglio che solo, per molte ragioni. La prima è che tu ti vergognerai d’esser visto nel numero de’ disegnatori essendo insoffiziente, e questa vergogna fia cagione di bono studio; secondariamente, la invidia bona ti stimulerà ad essere nel numero de’ più laudati di te, ché l’altrui lode ti spronerà; l’altra è che tu piglierai [de’ tratti] di chi farà meglio di te; e·sse sarai meglio degli altri, farai profitto di schifar i mancamenti, e l’altrui laude accrescerà la tua virtù» (II, 71). 7. DISEGNO disegno Vite de’ più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue, insino a’ tempi nostri S’egli è meglio [a] disegnare in compagnia o no. 8. PROSPETTIVA La rappresentazione del corpo nello spazio implica l’invenzione della prospettiva lineare, collocabile nel XIII secolo con il Maestro delle Storie d’Isacco nella Basilica Superiore di Assisi. Leonardo si pone in questa tradizione, innovandola con l’introduzione della prospettiva aerea, che rende conto della relazione tra aria e colore. L’originalità di Leonardo come prospettico è molto forte, anche proprio grazie al recupero di alcuni aspetti dell’ottica antica: seguendo una tradizione che in parte lo precede, sa cogliere le dimensioni quantitative della realtà trascrivendole grazie agli strumenti della geometria, ma sa anche calcolare e disegnare la realtà della percezione visiva; infatti, la prospettiva èessenzialmente traduzione di uno studio ottico di come i corpi lontani vengono visti da un osservatore. In Leonardo la prospettiva svolge una funzione sintetica: sembra quasi fondere la concezione medievale dell’ottica come centro della filosofia naturale con quella umanistica della prospettiva come mezzo di rappresentazione artistica. Grazie a questa sintesi, nella pittura risultano unite la quantità e la qualità, la considerazione delle quantità continue (raggi visivi) e quella delle qualità delle forme (ombre e lumi: cioè superfici dei corpi). A questa ricerca aggiunge la capacità di rendere prospetticamente anche la dimensione luminosa e colorata dei corpi, mediante la prospettiva dei colori, che significa l’insolita capacità di trascrivere scientificamente una dimensione in sé non quantitativa, quale appunto quella dei colori: «L’aria sarà tanto men participante del colore azzurro, quanto essa èpiù vicina all’orizzonte, e tanto più oscura, quanto ella a esso orizzonte èpiù remota» (II, 226). Il colore infatti, come i sapori e gli odori, appare come una qualità estremamente soggettiva e variabile. La prospettiva sa rappresentare questa variabilità con un codice oggettivo di trascrizione, che Leonardo articola in tre funzioni. Studia infatti, non solo la prospettiva lineare, ma anche la prospettiva “di spedizione” (grado di definizione dei dettagli) e quella appunto dei colori: «La prima parte della pittura èche·lli corpi con quella figurati si dimostrino rilevati e che li campi d’essi circondatori con le loro distanze si dimostrino entrare dentro alle pariete, dove tal pittura ègenerata, mediante le tre prespettive, cioè diminuzion delle figure de’ corpi, diminuzion delle magnitudini loro e diminuzion de’ loro colori. E di queste tre prospettive la prima ha origine da l’occhio, le altre due hanno derivazione da l’aria interposta infra l’occhio e li obbietti da esso occhio veduti. La seconda parte della pittura è gli atti apropriati e variati nelle stature, ché gli omini non paino fratelli» (II, 136). La prospettiva diviene così in Leonardo non solamente un fatto geometrico-matematico come in Piero della Francesca, ma assume su di sé il compito di oggettivare la rappresentazione del colore, attraverso l’introduzione delle gradazioni. Il colore infatti, secondo Leonardo, non può essere conosciuto nella sua purezza, ma nelle varie gradazioni determinate dalle variazioni di ombra. Non èinteressato all’astrazione del colore, che per certi versi accomuna l’arte medievale e quella contemporanea, ma costruisce una teoria realistica basata sulla percezione della realtà: dunque non lavora su un’idea del colore ma sulla realtà dei corpi colorati. 9. CONFORMITÀ Leonardo individua nella conformità un principio che consente di fondare e individuare la pittura nella rispondenza alla realtà, mediante l’analogia dello specchio. Su questo passaggio dalla realtà tridimensionale alla sua rappresentazione bidimensionale, Leonardo conduce interessanti studi: riprende la tradizione brunelleschiana dello specchio come strumento prospettico, ma la approfondisce teoricamente. Trova nelle superfici specchianti la condizione migliore per studiare il passaggio dal corpo reale alla superficie rappresentativa: in questi termini, lo specchio costituisce il migliore punto di riferimento per verificare l’efficacia realistica dell’opera pittorica. Lo specchio diventa dunque «il maestro de’ pittori» e consente la verifica della conformità, ovvero della rispondenza alla cosa rappresentata: «Quando tu voi vedere se la tua pittura tutta insieme ha conformità co’ la cosa ritratta di naturale, abbi uno specchio, e favvi dentro specchiare la cosa viva, e parangona la cosa specchiata co’ la tua pittura, e considera bene se ’l subbietto de l’una e l’altra similitudine ha conformità insieme» (III, 408). Lo specchio piano «contiene in sé la vera pittura in essa superfizie; e la perfetta pittura, fatta nella superfizie di qualonche materia piana, è simile alla superfizie de lo specchio» (III, 410). Lo specchio è maestro nell’insegnare «il chiaro e l’oscuro» e anche «lo scorto» (III, 410), ovvero lo scorcio di qualunque oggetto. Lo specchio è maestro e giudice dell’opera pittorica, e la conformità con la realtà è addirittura il parametro di bellezza. Tanto più è realistico il soggetto dipinto, tanto più èbello, dunque vero e buono. La bellezza per Leonardo non è, dunque, un’astrazione matematica, un concetto ideale o una formula applicabile in senso quantitativo: è piuttosto il risultato di un’azione conoscitiva che mantiene un fortissimo grado di relazione con la realtà nella sua interezza. La scienza della pittura sa farsi carico di un onere proprio della filosofia: la ricerca delle cause. In Leonardo, la ricerca delle cause si declina come ricerca dell’«origine» . La sua nuova forma di sapere, infatti, non solo sa dire il movimento, ma sa alludere a cosa l’abbia generato. «Origine» si riferisce a una nozione di generazione che interviene in ogni indagine della realtà, spiegando i fenomeni e in questo modo rendendoli imitabili. Così la ricerca della generazione tiene insieme le molteplici dimensioni della scienza della pittura, nel loro rapporto con ciò che le precede, le fonda, le spiega. L’origine ricercata da Leonardo ècome l’“archè” degli antichi filosofi naturalisti, da cui le cose si originano, di cui sono costituite e in cui si risolvono. L’origine non elimina la variabilità, ma la spiega. L’origine significa per Leonardo la fonte dell’illuminazione, significa lo strato profondo della terra, significa la mutabilità delle forme, l’agitarsi delle acque nel diluvio primigenio. L’origine ènozione fisica, biologica, ma anche culturale, umana. Nel la nozione di origine può essere rintracciata in vari livelli di ricerca, tutti accomunati da un identico spirito ricostruttivo-genetico. Entro la struttura del sapere si assiste a una sorta di generazione di una disciplina dall’altra, con un ruolo “materno”, e dunque originario, esercitato dalla pittura. Dato che la pittura per Leonardo è filosofia, essa deve Libro di pittura farsi carico della ricerca delle cause. La scienza della pittura sa rappresentare il movimento e sa anche alludere alle cause che lo hanno generato. Egli inoltre indaga l’origine della pittura e la pittura come luogo dell’origine. La pittura, madre del sapere innanzitutto prospettico, è essa stessa originata e nasce a partire da una linea disegnata per catturare il profilo dell’ombra di un corpo: «La prima pittura fu sol d’una linea, la quale circondava l’ombra de l’omo fatta dal sole ne’ muri» (II, 129). Qui Leonardo fa riferimento al mito fondativo dell’arte, raccontato anche da Plinio il Vecchio: una giovane per catturare il profilo dell’amato ne ha contornato l’ombra su una superficie e da questo atto d’amore ènata la pittura. La pittura nasce dalle linee che circondano le ombre, le quali a loro volta sono generate dalla luce del sole che colpisce i corpi. La genealogia del sapere conduce alla pittura, e l’origine della pittura risale all’ombra, che a sua volta ha un’origine nel rapporto tra corpo, luce e tenebra. Ma all’origine di tutto c’è l’amore: «si move li amanti inverso li simulacri della cosa amata a parlare con le imitate pitture» (I, 14). 10. ORIGINE Libro di pittura BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE L.B. Alberti, De pictura ll. II, Basilea 1540. M. Barasch, Luce e colore nella teoria artistica del Rinascimento, Marietti, Genova 1992. C. Cennini, Il libro dell’arte, edizione riveduta e corretta sui codici per cura di Renzo Simi, Rocco Carabba, Lanciano 1913. 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