3.2 Dislalie

L’articolazione verbale consiste in una complessa attività motoria del tratto vocale, finalizzata alla produzione dei suoni verbali. Le possibili perturbazioni di questa attività, che si manifestano come distorsione od omissione di fonemi nell’eloquio spontaneo, sono denominate dislalie e sono suddivise in primitive e secondarie, sulla base del meccanismo eziopatogenetico che le genera. Quando interessano un singolo fonema sono quasi sempre primitive o idiopatiche e prendono il nome del suono linguistico interessato dal disturbo (per es., rotacismo, sigmatismo, cappacismo, per i fonemi /r/, /s/, /k/, ecc.). Le dislalie plurime sono più spesso secondarie; quando interessano un gruppo di fonemi simili possono esser associate ad anomalie anatomo-funzionali comuni, quali l’adenoidismo, oppure a patologie gravi che richiedono un intervento diagnostico e terapeutico specifico e precoce. Questi ultimi disordini possono infatti interferire con le abilità di espressione verbale, rendendo poco comprensibile l’eloquio, vengono pertanto considerate nell’ambito dei disturbi della comunicazione.

1) Le dislalie costituiscono un disturbo specifico della articolazione quando non dipendono da un’alterazione anatomica o funzionale degli organi fonatori, né da ritardo mentale, né da altri deficit. Esse sono frequenti in età scolare e prescolare e rendono necessario un intervento riabilitativo logopedico volto ad evitare la stabilizzazione delle confusioni fonetiche durante l’acquisizione della letto-scrittura.


Le Dislalie

Dislalie primitive

(Disturbo specifico dell’articolazione)

Dislalie secondarie

Abitudini ‘viziate‘ e deglutazione atipica

Ritardo di linguaggio

Ritardo mentale

Sintomatiche di tipo disartrico

Disordine articolatorio di compenso àmalformazioni

Audiogene

Da deprivazione socio-culturale


2) Le Dislalie secondarie derivano da un disordine funzionale e/o organico degli organi ‘articolatori’ del tratto vocale.

a) Le forme disfunzionali da ‘abitudini viziate’ sono per lo più dovute alla persistenza, oltre i 3 anni di età, delle abitudini di suzione-mordicchiamento tipiche della prima infanzia, oppure alla presenza di una deglutizione infantile. In altri casi, i disordini funzionali si sovrappongono ad anomalie anatomiche minori, quali le sproporzioni facciali di interesse ortodontico, oppure la ipertrofia adenoidea con respirazione orale, che debbono esser affrontati con un approccio multidisciplinare (odontoiatra, logopedista, orl, foniatra). In queste forme miste si instaura un meccanismo ‘a circolo vizioso’ poichè l’anomalia anatomica induce adattamenti disfunzionali nelle strutture sane adiacenti, e, viceversa, l’alterazione funzionale orale modella nel tempo le caratteristiche anatomiche delle arcate dentarie (teoria miofunzionale di Garliner). Per esempio, la suzione persistente o la respirazione orale persistente comportano una progressiva deformazione dell’arcata dentaria (Fig. 1) con allontanamento in direzione verticale degli incisivi inferiori e superiori; la lingua, nei movimenti di deglutizione e di articolazione verbale, tende a insinuarsi fra le arcate, anziché arrestarsi a livello del tubercolo incisivo, e determina nel tempo, con sollecitazioni meccaniche continue, il peggioramento del quadro occlusale. Nei casi non trattati, si osserva un progressivo passaggio da alterazione prevalentemente funzionale a prevalentemente organica nello stesso soggetto (la dislalia diventa quindi di tipo ‘compensativo’ v. paragrafo successivo).

b) Le alterazioni dell’articolazione verbale, presenti in caso di un disturbo del linguaggio sono simili alle dislalie semplici, ma caratterizzate da variabilità e incostanza. Il disturbo non è a carico di un singolo fonema, ma riguarda il dominio fonologico del linguaggio, ossia l’area che organizza la combinazione dei fonemi tra loro secondo le regole della lingua. Quindi, se il fonema è un evento fisico, essenzialmente acustico, che viene percepito o prodotto, la fonologia è la rappresentazione mentale dello stesso, nella combinazione di regole proprie di ciascuna lingua parlata. Le produzioni verbali dei bambini con ritardo di linguaggio sono caratterizzate da ‘processi fonologici’, che rappresentano adattamenti più o meno efficaci di semplificazione sia della rappresentazione mentale che della complessità motoria (per esempio ‘cappe’ per ‘scarpe’, ecc.) e sono da considerare parafisiologici fino all’età di 4 anni.


Fig. 1. Deformazione dell’arcata dentaria da suzione.


c) I disordini delle funzioni corticali superiori (deficit cognitivo, di memoria, di attenzione ecc.) possono riflettersi negativamente sulla qualità dell’articolazione verbale disturbando l’intelligibilità verbale; in questi casi le dislalie sono sintomatiche e vengono trattate attraverso una pianificazione terapeutica centrata sulla patologia maggiore.

d) Anche molte patologie del sistema nervoso centrale e periferico possono ridurre l’efficienza del sistema pneumo-fono-articolatorio nel produrre fonemi corretti. I fonemi prodotti sono alterati, distorti od omessi in relazione all’alterazione motoria che segue a ciascuna patologia neurologica. In questi casi, però, le ‘dislalie sintomatiche’ sono più correttamente definite come alterazioni disartriche (v. cap 3.5 ‘le disartrie’).

e) Le ipoacusie persistenti, anche se di grado medio-lieve, possono provocare un deficit nella percezione uditiva e conseguente alterazione del linguaggio (v. capitolo su ‘Le ipoacusie infantili’). La stretta relazione fra il feed-back percettivo uditivo e la qualità della produzione fonemica spiega le caratteristiche distorsioni dei suoni verbali. Per esempio, in caso di ipoacusie accentuate sulle frequenze acute, i fonemi caratterizzati da uno spettro in alta frequenza, come /s/ e /f/, vengono confusi con /t/ e /p/ e così riprodotti nell’eloquio spontaneo.

f) Il disordine articolatorio dovuto ad anomalie anatomiche del tratto vocale, in particolare del cavo orofaringeo, è causato dall’adattamento funzionale delle strutture adiacenti sane, che tendono a sostituirsi a quelle deficitarie. Le dislalie, in questo caso, costituiscono disordini articolatori compensativi. Le variazioni strutturali minori non hanno effetti rilevanti sull’articolazione: per esempio l’anchiloglossia (frenulo linguale corto) o la palatoschisi operata non generano dislalie rilevanti. In caso di alterazioni strutturali minori, quali le malocclusioni dentarie, i disordini compensativi appaiono di lieve entità e non interferiscono con le abilità comunicative. Diversamente, il disordine articolatorio compensativo dovuto ad anomalie anatomiche maggiori, consiste nell’insieme di movimenti atipici e distorti prodotti nel tentativo di compensare le alterazioni funzionali: le palatoschisi non operate, le insufficienze velari, le malformazioni cranio-facciali ne rappresentano quadri caratteristici (v.approfondimento). In questi casi le dislalie pervadono tutto l’eloquio spontaneo che risulta poco intelligibile. In mancanza di produzioni fonemiche riconoscibili, il bambino utilizza emissioni nasalizzate e rumori extra-articolatori, prodotti da zone del tratto vocale comunemente non impegnato nella produzione consonantica, come lo ‘stop glottico’, che sostituisce fonemi brevi (come /p/, /t/, ecc.), e la frizione faringale, al posto dei fonemi sibilanti. La grande difficoltà a farsi capire nella vita quotidiana induce il bambino a utilizzare strategie comunicative non verbali ed è causa di un disordine del linguaggio che nel tempo interferisce con lo sviluppo del lessico, delle competenze grammaticali, con gli apprendimenti.