3.4 Disordini dell’apprendimento

Definizione e classificazione. I disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) si distinguono in base al tipo di abilità compromessa: lettura, scrittura, calcolo (dislessia, disgrafia, discalculia).

Per definizione deve trattarsi di un deficit di sviluppo, non della perdita di una abilità acquisita. Inoltre, la prestazione scolastica effettiva deve essere significativamente al di sotto di quanto previsto in base a: età cronologica, QI e scolarità.

Si parla di Disturbo dell’Apprendimento quando la prestazione scolastica effettiva, misurata con test standardizzati sulla popolazione normale, si discosta in maniera significativa da quella attesa con una discrepanza superiore a 2 deviazioni standard tra rendimento e QI (vedi paragrafo su ‘ I disturbi specifici del linguaggio’).

Se è presente un deficit sensoriale, il disturbo dell’apprendimento deve essere di entità superiore a quello solitamente associato al deficit.

La diagnosi differenziale comprende:

1) Variazioni del rendimento scolastico entro i limiti (bassi) della norma.

2) Difficoltà scolastiche dovute a mancanza di opportunità, insegnamento carente, fattori culturali.

3) Ritardo mentale (RM), salvo quei casi con livello di apprendimento significativamente inferiore rispetto al livello atteso in base a scolarità e grado del RM.

4) Disturbo Generalizzato dello Sviluppo, a meno che il livello scolastico sia significativamente inferiore alle attese in base a scolarità e funzionamento intellettivo.

5) Disturbo Specifico di Linguaggio.

6) Disturbo Specifico dell’Attenzione e del Comportamento (ADHD).


Questi disordini sono caratterizzati da manifestazioni cliniche e origine spesso comuni, e sono compresenti in forme miste, scarsamente differenziabili.

Epidemiologia. Non pochi bambini che frequentano la scuola elementare manifestano qualche difficoltà nella lettura, ma non per questo debono esser considerati dislessici. Nella maggior parte dei casi, infatti, si tratta di scolari poco motivati o provenienti da ambienti socio-culturali svantaggiati. Si reputa che almeno un bambino in ogni classe possa dimostrare serie difficoltà negli apprendimenti scolastici a causa di numerosi motivi. Fra questi, alcuni potrebbero esser affetti un disordine specifico dello sviluppo delle abilità di lettura, di scrittura o calcolo matematico.

I disordini di apprendimento sono considerati una causa di disabilità poiché interferiscono con la realizzazione delle potenzialità sociali e lavorative di chi ne è affetto. In Italia, la stima complessiva dei disturbi di lettoscrittura varia dal 3 al 10% della popolazione scolastica. Rapporto maschi/femmine nei Disturbi dell’Apprendimento: nel campione dei casi afferenti ai servizi clinici è superiore a carico dei soggetti maschi (M/F 3:1). Nel 60-70 % dei casi, i bambini con DSA hanno fratelli o genitori col disturbo.

Comorbidità. È frequente l’associazione tra Disturbi dell’Apprendimento e Disturbi del Linguaggio; dal 45 al 56% dei bambini con disturbo del linguaggio sviluppa difficoltà di lettura. Solo una bassa percentuale di bambini con disturbo del linguaggio raggiunge un livello di lettura pari o al di sopra della media. D’altro canto, fra i soggetti dislessici vi è frequente riscontro di bassi punteggi nelle prove linguistiche. Inoltre, il DSA è presente in comorbidità con altri disordini dell’età evolutiva: nel 10-25% di soggetti affetti da Disturbi del Comportamento, da Disturbo Specifico dell’Attenzione (o ADHD), da Disturbo Depressivo Maggiore, da Disturbo Distimico.


APPROFONDIMENTO


Modello neuropsicologico dell’apprendimento della lettura, della scrit­tura e del calcolo

La lettura è frutto dell’integrazione di più processi mentali e che, secondo una recente interpretazione neuropsicologica, può esser rappresentata con un ‘modello a due vie’, poiché può esser realizzata per mezzo di 2 modalità alternative di processamento: la via fonologica e la via lessicale.

1) La via fonologica: la stringa di lettere della parola scritta viene analizzata mediante la segmentazione in singole lettere (grafemi), che vengono convertite nel suono corrispondente (fonemi); i fonemi vengono di nuovo fusi insieme e immagazzinati in uno spazio di memoria a breve termine (buffer fonemico) per dare origine alla parola letta.

2) La via lessicale: inizialmente la parola scritta va percepita, analizzata, segmentata nei singoli grafemi, analogamente a quanto avviene nella via fonologica; la stringa grafemica così analizzata viene confrontata con le stringhe ortografiche/parole scritte e con le stringhe fonemiche/espressioni verbali già presenti nei due rispettivi buffer di memoria a lungo termine (lessico ortografico di input e lessico fonologico di output); la via lessicale in tal modo rende immediatamente disponibile la parola già letta e memorizzata in precedenza, già con la sua corrispondenza fonologica, semantica e di articolazione verbale mediante un processamento veloce, non sequenziale.

Tali processi cognitivi preposti alla lettura operano solitamente nelle due modalità e, raggiungendo un sufficiente grado di automatismo, consentono il raggiungimento di velocità e fluidità efficienti nella comprensione del testo e nell’ evoluzione degli apprendimenti scolastici.

Anche le abilità di scrittura sono il risultato dell’integrazione di numerosi processi cognitivi e possono esser spiegate da un modello neuropsicologico ‘a 2 vie’ (via fonologica e via lessicale). Per imparare a scrivere il bambino deve prima di tutto esser consapevole della relazione fra il fonema e la sua corrispondente forma scritta (grafema) e deve esser capace di segmentare la stringa verbale nei singoli fonemi rispettandone la sequenza (consapevolezza fonologica). Utilizzando la ‘via fonologica’ il bambino segmenta la parola e la transcodifica nei corrispondenti grafemi, rispettando l’ordine e la direzione (sinistra destra) convenzionale della nostra lingua scritta. La difficoltà di gestire le forme prive di corrispondenza grafemica (per es., CH di chiesa) viene via via risolta nell’acquisizione in memoria a lungo termine di un lessico ortografico esatto delle parole scritte.

Nelle capacità di calcolo il modello neuropsicologico prevede la contemporanea presenza di due sistemi separati e indipendenti fra loro, preposti uno alla comprensione e l’altro alla produzione dei numeri, e da un sistema di calcolo dipendente dai primi due.


Dislessia evolutiva. La dislessia rappresenta una specifica e persistente disfunzione del sistema neurofisiologico preposto alla transcodifica, ovvero al trasferimento puntuale di simboli ortografici, o sequenze di lettere, nella forma verbale corrispondente (sia ad alta voce che nella lettura silenziosa). Questa operazione comporta sia la decodifica fonologica, ovvero l’associazione fra ciascun segno grafico e il suono linguistico corrispondente, sia l’accesso lessicale, cioè la capacità di associare ciascuna stringa scritta a parole con un significato conosciuto.

La manifestazione clinica della dislessia, tipica dell’età evolutiva, è caratterizzata dall’incapacità del soggetto di acquisire i livelli previsti (v. seguito) di accuratezza, di velocità o di comprensione nella lettura di un testo. Tale disfunzione genera distorsioni, sostituzioni o omissioni nella lettura ad alta voce; lentezza ed errori di comprensione sia nella la lettura ad alta voce sia nella lettura silenziosa. Spesso si associa al disordine delle corrispettive abilità di scrittura (disgrafia). Altre conseguenze, quali la scarsa crescita del vocabolario e della conoscenza in generale, derivano secondariamente dai problemi di comprensione del testo e da una ridotta pratica della lettura.

I bambini dislessici, esaminati approfonditamente mediante prove di abilità fini, presentano le difficoltà di decodifica, consapevolezza fonologica e fonematica, discriminazione percettiva, che compaiono differentemente da caso a caso e che sono caratterizzanti per questo disordine specifico rispetto ad altri disturbi evolutivi:

– associazione segno-suono

– riconoscere le sillabe all’interno di una parola e generare o riconoscere rime (ultima sillaba)

– segmentare o manipolare i fonemi di una parola

– inversioni di sequenze (tipico errore ‘li’ al posto dell’articolo ‘il’, inversioni di sillabe); il bambino non è capace di percepire la corretta posizione dei fonemi all’interno della parola e di rispettarne la sequenza sinistra destra, poiché è indifferente all’ordine e alla direzione della parola

– lettura stentata e lenta

– scarsa comprensione del testo.


Questo insieme di difficoltà fa sì che la lettura non possa rappresentare nel bambino dislessico la principale risorsa per evolvere negli apprendimenti scolastici come dovrebbe di norma accadere (Fig. 1).

Forme cliniche. Il bambino dislessico o con difficoltà di apprendimento della lettura ha dei problemi in uno o più dei passaggi sopra descritti, perché sono disfunzionali i processi cognitivi soggiacenti. La lettura appare molto lenta e stentata, costellata di errori. Secondo il modello del doppio accesso (v. approfondimento nel paragrafo precedente) si distinguono in:



Le due vie 
Esempi
Effetti evidenti
(disabilità)
Effetti a cascata
(handicap)
Dislessia
Decodifica
Fonologica
F (grafema)
-> /f/ (vocale)
Lentezza
Errori
Non comprensione
Impoverimento
delle conoscenze

Accesso
lessicale
c-a-s-a ->

Fig. 1. Modello neuropsicologico della dislessia e manifestazioni cliniche.


1) Dislessia fonologica (particolare difficoltà a leggere le non parole) = il soggetto riesce a usare il solo accesso lessicale.

2) Dislessia superficiale (non c’è vantaggio a leggere parole di elevata frequenza d’uso; difficoltà con le parole irregolari)=il soggetto può usare solo un accesso indiretto, fonologico.


La disortografia

La disortografia o disordine della scrittura consiste nell’incapacità di convertire i messaggi verbali nella corrispondente sequenza di simboli ortografici del linguaggio scritto.

Gli errori tipici sono rappresentati da omissioni dei grafemi convenzionali, le confusioni di fonemi simili, da inesattezze/omissioni nel gruppo consonantico e così via. Errori più gravi, ma possibili, sono rappresentati dal sovvertimento completo della sequenza fonemica fino alla collocazione casuale di grafemi non corrispondenti e di sillabe non presenti nella forma orale.

Le tipologie di errori rispecchiano un deficit di specifici processi cognitivi necessari per la scrittura. Le forme cliniche possono esser molto variabili e si configurano in un insieme di errori persistenti e caratteristici per ciascun individuo, corrispondenti alle abilità compromesse, per esempio quella di transcodifica dei suoni linguistici piuttosto che di corrispondenza fonologica, analogamente a quanto si osserva nella dislessia.

Dall’analisi qualitativa degli errori di scrittura e per mezzo di test standardizzati, si risale al tipo di problema, per poi progettare il trattamento adeguato. L’intervento riabilitativo è orientato al compenso/risoluzione delle disabilità di scrittura di ciascun individuo e consiste per lo più nello stabilizzare la discriminazione dei fonemi, l’ordine corretto dei grafemi e implementare il lessico ortografico nelle memorie a lungo termine. Infine occorre che le abilità raggiunte si traducano in automatismi, che permettono una scrittura corretta e veloce.


La discalculia

Anche la discalculia è un disturbo specifico degli apprendimenti, in questo caso della capacità di calcolo, che risulta inferiore a quanto previsto in base all’età cronologica del bambino e a un’istruzione adeguata.

La discalculia è quindi definita come la compromissione significativa e persistente dell’abilità matematica, in assenza di deficit cognitivi o sensoriali e di danno neurologico.

Le abilità compromesse sono varie: deficit nel concetto di numero, deficit nelle abilità logico-operatorie, deficit nelle abilità di calcolo, deficit nel ragionamento aritmetico.

La discalculia è comunemente associata in co-morbilità al disturbo della Letto-Scrittura.

Le forme cliniche di discalculia:

La capacità di calcolo dipende dall’integrità dei sistemi di comprensione e di produzione numerica, da errori del codice (numerico, lessicale, ecc.) e da errori nella procedura:

– gli errori nei sistemi di comprensione e di produzione possono riguardare la mancata corrispondenza del codice con la corretta quantità, l’incapacità di utilizzare correttamente uno dei codici di transcodificazione (per es., solo verbale o solo scritto), o di passare da un codice all’altro;

– gli errori nel sistema di calcolo derivano da errori di immagazzinamento e recupero in memoria, da difficoltà visuo-spaziali che rendono scorretto il sequenziamento dei numeri in senso sia orizzontale che verticale ed infine da errori nello svolgimento effettivo delle operazioni di base.


Le diverse forme cliniche devono esser attentamente differenziate nelle competenze/incompetenze residue, applicando test standardizzati, specifici per ogni sistema e procedura, consentendo la programmazione di una riabilitazione individualizzata del bambino.


La riabilitazione dei disturbi di apprendimento

Secondo il modello neuropsicologico, i Disordini Specifici degli Apprendimenti rappresentano disturbi evolutivi complessi e persistenti, in parte basati su alterazioni neurofisiologiche e in parte associati a disordini interessanti secondariamente la sfera cognitiva e psicoemotiva del bambino.

Di conseguenza i provvedimenti riabilitativi devono tener conto dell’ampia variabilità delle forme cliniche nell’ambito degli individui dislessici, disgrafici o discalculici, e della evoluzione longitudinale di ogni singolo soggetto. L’intervento riabilitativo deve essere precoce, per evitare le esperienze di frustrazione e l’impoverimento del bagaglio culturale. Il tipo di riabilitazione deve esser scelto mantenendo un buon equilibrio fra l’individuazione di strategie di compenso e l’effettuazione di training di potenziamento delle abilità residue, evitando però il potenziamento dell’errore.

L’analisi qualitativa degli errori di lettura, di scrittura o di calcolo è realizzata per mezzo di test standardizzati e permette la progettazione di un trattamento adeguato alle condizioni individuali di ciascun paziente. L’intervento riabilitativo può avere come obiettivo il training di specifiche abilità solo se sono presenti i prerequisiti neuropsicologici alla base delle stesse; diversamente l’allenamento produce un continuo confronto del bambino con il suo deficit persistente, rafforzandone l’errore. Infine, occorre che le abilità raggiunte durante il training si traducano in automatismi, che permettono uno svolgimento corretto e veloce dei compiti di lettura, scrittura o calcolo, sufficiente per la progressione negli apprendimenti adeguata allo standard di età.