Test reflessometrico di predizione di soglia

Si basa sulla differenza d’intensità con cui è possibile registrare il riflesso stapediale usando come stimolo un rumore bianco o toni puri. Il rumore bianco evoca il riflesso a un’intensità inferiore di 10-15 dB rispetto ai toni puri. Tale differenza tende ad annullarsi in presenza di ipoacusie neurosensoriali. Benchè siano state prospettate diverse strategie per migliorare la precisione diagnostica di questi test, la loro validità clinica rimane soltanto predittiva. Elaborando i risultati attraverso vari tipi di formule è possibile, infatti, individuare un numero più o meno ristretto di categorie di perdita uditiva, ad es.: lieve, media, grave. La attendibilità dei risultati è subordinata alla normalità funzionale dell’orecchio medio, e ciò costituisce un limite all’utilizzo di queste metodiche come mezzi obbiettivi di diagnosi o di screening in età infantile, ove più frequente è l’incidenza di patologie dell’orecchio medio. I test reflessometrici di predizione conservano invece una certa validità clinica come rivelatori delle sordità simulate o funzionali.

1.3.2.3.2 Potenziali evocati uditivi

Attraverso queste tecniche vengono registrate le risposte elettriche, generate dalle strutture neuronali del sistema uditivo, in risposta a stimoli uditivi. L’identificazione dei singoli potenziali e le misure dei loro parametri, permettono valutazioni di tipo obiettivo riguardanti lo stato funzionale del recettore uditivo periferico e delle vie uditive centrali. È entrato nell’uso comune denominare l’insieme di queste metodiche come E.R.A. (Evoked Response Audiometry)

Potenziali uditivi evocati del tronco. (Le sigle ABR:Auditory Brainstem Response; BAEP: Brainstem Auditory Evoked Potentials; BSER: Brain Stem Evoked Response sono usate indifferentemente per lo stesso esame)

Sono costituiti da una serie di potenziali (onda I, II, III, IV, V, VI) che si sviluppano entro 10 ms dall’invio dello stimolo (Fig. 1.), e rappresentano la risposta elettrica della via uditiva nella porzione compresa fra il n.8° ed il collicolo inferiore. L’esame viene condotto con il paziente in posizione rilassata, sdraiato o seduto in poltrona, e richiede l’applicazione di 3 elettrodi superficiali, sulla cute del cranio. Nell’adulto non è necessaria alcuna preparazione particolare, né alcuna forma di partecipazione attiva, tranne qualche caso il controllo di movimenti involontari del collo. Dall’ABR si ottengono informazioni obiettive che consentono di risolvere con una precisione molto elevata, tre ordini di problemi:

a) Determinazione obbiettiva di soglia.

La componente più rilevante (onda V) fra quelle che costituiscono l’ABR è normalmente identificabile con intensità di stimolazione molto vicine alla soglia psicoacustica, e come tale assume un valore di indicatore di soglia. La mancanza dell’onda V, alla massima intensità di stimolazione (90 dB HL), diventa pertanto un indice obiettivo di ipoacusia profonda. Poiché i potenziali del tronco sono ottenuti non da stimoli tonali, ma da stimoli transitori (click), il livello di soglia indicato dall’ABR corrisponde mediamente al campo di sensibilità uditiva compreso fra le frequenze 1 e 4 kHz. Con questa tecnica la soglia può essere stimata in eccesso (peggiore del reale) con un errore da 5 a 15 dB. L’ABR costituisce il metodo di prima scelta per valutare la sensibilità uditiva in bambini molto piccoli, a partire da 3-5 giorni di età. Per queste caratteristiche l’ABR è stato introdotto in molti servizi di neonatologia anche come metodo di screening della sordità riservato ai soggetti a rischio. I risultati hanno un’elevata attendibilità in condizioni ottimali di registrazione, e cioè se il bambino dorme tranquillamente. In tali condizioni, che si verificano facilmente e spontaneamente dopo i pasti, il numero di casi con risultati falsi positivi o inaffidabili è veramente trascurabile. In età successive, talvolta è necessario ricorrere a una blanda sedazione farmacologica, con cloralio idrato. Nell’adulto le determinazioni obiettive di soglia con ABR sono indicate in tutti i casi in cui per qualsiasi motivo, la collaborazione del paziente nell’esecuzione delle prove di audiometria soggettiva si rivela insufficiente. Il limite dell’esame è costituito dall’impossibilità di definire precisamente i valori di soglia alle frequenze 0,25, 0,5 e 1 kHz. La possibilità di falsi risultati, nell’adulto come nel bambino, è legata all’eventualità che la registrazione sia “contaminata” da artefatti che la contrazione volontaria o involontaria della muscolatura della faccia e del collo può sovrapporre alle risposte neuroelettriche o da artefatti tecnici di registrazione.


Fig. 1. ABR ottenuto a diverse intensità di stimolazione (a). A destra le variazioni di latenza delle onde I, III, V (b) e degli intervalli inter-onda (c) in funzione dell’intensità di stimolazione. Questi ultimi parametri permettono la diagnosi differenziale delle ipoacusie.


b) Topodiagnosi delle ipoacusie.

Valutando i parametri di latenza delle onde dell’ABR e conoscendo i valori di soglia per toni puri, è possibile, attraverso il calcolo di alcuni indicatori diagnostici, distinguere fra ipoacusie trasmissive e neurosensoriali, e soprattutto nell’ambito di quest’ultime separare quelle da lesione cocleare da quelle da lesione retrococleare (Fig. 2). Questa proprietà ha contribuito a fare dell’ABR un’indagine semplice e affidabile per la diagnosi precoce del neurinoma del nervo 8° e di altri tumori dell’angolo ponto-cerebellare e di altri disordini del nervo 8°. Sebbene la metodologia dell’indagine ABR sia standardizzata, i parametri e gli indici attraverso i quali i risultati dei singoli pazienti vengono valutati, devono essere confrontati con i valori di riferimento propri del laboratorio in cui si esegue l’esame. Nell’applicazione dell’ABR in chiave topodiagnostica, la più importante fonte di falsi risultati è costituita dalla stessa soglia audiometrica del paziente: ciò implica che ogni assunzione diagnostica perde in validità se il dato ABR non viene accuratamente confrontato con i dati dell’audiometria tonale. La registrazione viene effettuata utilizzando la massima intensità di stimolazione, che a seconda delle strumentazioni è corrispondente a 85-90 dBnHL. Pertanto in pazienti con una soglia uditiva superiore a 80-85 dB HL alle frequenze 2 e 4 kHz, raramente è possibile identificare qualche componente della risposta, e quindi ricavare da essa qualche dato significativo per la diagnosi.


Fig. 2. Esempi di ABR in tre tipi di ipoacusia. La latenza dell’onda V e l’intervallo di latenza fra onda I e onda V permettono di differenziare le diverse forme.


c) Valutazione dell’integrità funzionale delle vie uditive centrali.

Lesioni localizzate al tronco encefalico che direttamente o indirettamente interessano le vie uditive possono alterare i parametri dell’ABR. Tali alterazioni sono talvolta “isolate”, osservabili cioè in concomitanza di reperti audiometrici assolutamente normali. Lesioni vascolari del tronco, lesioni in corso di malattie demielinizzanti, tumori extra ed intra-assiali, neuropatie uditive, costituiscono le patologie più frequenti in cui l’ABR può contribuire alla diagnosi, in supporto ad altre indagini. Un’importante applicazione dell’ABR è nel campo della neurologia pediatrica, in quanto dall’epoca della nascita fino a circa il primo anno di vita, i parametri della risposta sono correlati al grado di maturazione del sistema nervoso centrale.

La durata di un esame ABR può variare da 10-15’ a 40-50’, a seconda se viene eseguito come test topodiagnostico della sordità e di funzionalità centrale o per la ricerca della soglia uditiva.


Come si è detto il potenziale diagnostico dell’ABR è basato principalmente sull’analisi delle latenze delle componenti della risposta. I criteri che differenziano il risultato normale dal patologico sono rappresentati dai valori medi ottenuti da soggetti sicuramente normali accresciuti di + 2 deviazioni standard. A titolo esemplificativo la Tabella I riporta i valori normativi (medi e limiti di confidenza) dei principali parametri dell’ABR, ottenuti in una popolazione normale con click di 90 dB nHL, 20 stimoli/sec.


Elettrococleografia (ECochG)

Costituisce il metodo di seconda scelta per valutare la funzionalità uditiva periferica in soggetti non collaboranti, ed è per lo più riservato all’età infantile. L’indicazione all’esame dovrebbe essere riservata a quei casi in cui l’esecuzione di altre indagini di audiometria obiettiva non ha portato a risultati conclusivi. Attraverso l’ECochG vengono registrati i potenziali generati nella coclea: i potenziali di recettore (microfonico cocleare, potenziale di sommazione) e il potenziale d’azione (PA) globale del n.8°. Quest’ultimo rappresenta l’attivazione sincrona dei neuroni cocleari in risposta alla depolarizzazione delle cellule cigliate interne. Gli stimoli, come per l’ABR sono costituiti da transitori (click). I potenziali vengono registrati mediante un elettrodo ad ago che sotto controllo micro-otoscopico è inserito nell’orecchio medio attraverso la membrana timpanica. Nei bambini l’esame richiede l’anestesia generale. Nell’adulto, benché le indicazioni siano rare, l’infissione dell’ago transtimpanica è ben tollerata con un’anestesia locale di superficie. Con l’ECochG la soglia elettrofisiologica coincide virtualmente con la soglia psicoacustica. Il limite, come nell’ABR, è costituito dall’impossibilità di determinare i valori di soglia per le tutte le frequenze esplorate dall’audiometria tonale e pertanto l’informazione di soglia è relativa a un livello medio corrispondente alle frequenze fra 1 e 4 kHz. In pazienti con soglie uditive superiori a 90 dB HL fra 1 e 4 kHz è possibile osservare solo la presenza del microfonico cocleare, mentre il PA, indicatore della trasduzione neurale, è assente. In questi casi la diagnosi sarà di ipoacusia superiore a 90 dB HL. Dalla morfologia del PA, e dalle variazioni dei suoi parametri di latenza e ampiezza in funzione dell’intensità di stimolazione (Fig. 3) si possono ricavare informazioni sulla natura dell’ipoacusia, se trasmissiva o neurosensoriale (Fig. 4), e con una certa approssimazione.



Onda I
Onda III
Onda V
Intervallo I-V
Media (ms)    
1,55
3,85
5,65
4,1
Lim. conf. 95%
1,4-1,9
3,4-4,2
5,1-6,3
3,7-4,4

Tab. I.


Fig. 3. PA nel normoudente alle varie intensità di stimolazione. A destra le variazioni di latenza e di ampiezza del PA in funzione dell’intensità di stimolazione.


Fig. 4. PA nella ipoacusia trasmissiva e nell’ipoacusia neurosensoriale. A destra le rispettive funzioni di latenza/intensità confrontate con i dati di normalità.


Sul profilo della soglia uditiva (ipoacusia pantonale, più accentuata per alte frequenze ecc.) nonché sull’esistenza del fenomeno del recruitment, tipico delle cocleopatie. Quest’ultime informazioni sono di fondamentale importanza nei bambini non collaboranti, per stabilire, qualora sia necessaria una protesizzazione acustica, i parametri di regolazione.

L’ECochG non ha controindicazioni, se non quelle relative all’anestesia generale. La perforazione della membrana timpanica causata dall’infissione dell’elettrodo ad ago guarisce in 2-3 giorni e il rischio di flogosi timpaniche secondarie è praticamente inesistente. È utile l’instillazione di gocce auricolari di antibiotico, per qualche giorno dopo l’esame. L’ECochG eseguita in entrambi gli orecchi, e tenuto conto dei tempi d’induzione dell’anestesia e del risveglio, ha una durata variabile fra 1 e 2 ore.


Potenziali di stato stazionario

Questi potenziali rappresentano una tecnica di rilievo della soglia uditiva relativamente recente. Essi sono registrabili inviando toni puri continui (frequenza “carrier”) periodicamente modulati in ampiezza (o in frequenza), con frequenze di modulazione a 90-100 Hz. (Fig. 5). Il potenziale in risposta a questa modulazione è molto piccolo. Esso è distinguibile attraverso un’analisi statistica, che estrae dal rumore elettrico di fondo la stessa frequenza di modulazione con cui il sistema uditivo, risponde allo stimolo acustico modulato. Questi potenziali rappresentano probabilmente l’attivazione di popolazioni neurali del troncoencefalo che rispondono in maniera sincrona alle modulazioni contenute nello stimolo. L’interesse di questi potenziali è dato dalla possibilità di inviare stimoli costituiti da toni puri, anche nel campo di frequenza non esplorabile con ABR ed ECochG. Se vi è sensibilità uditiva per la frequenza carrier, di conseguenza deve esservi la risposta alla modulazione di frequenza per ciascuna di esse, e in tal caso l’analisi del segnale bioelettrico potrà evidenziare la presenza di una risposta anche in vicinanza della soglia.


Fig. 5. Lo stimolo base per i potenziali di stato stazionario è costituto da un tono puro “carrier” continuo (per es. 1000Hz), modulato in ampiezza (100 Hz) Un algoritmo di analisi statistica estrae dal segnale bioelettrico la frequenze di modulazione, che sarà presente se la coclea risponde nella regione corrispondente al tono carrier.


Le applicazioni di potenziali di stato stazionario hanno recentemente dimostrato una discreta precisione nelle stime di soglia (mediamente in difetto di circa 15-25 dB per le frequenze da 0.5 a 4 kHz), e tempi di esecuzione per testare entrambi gli orecchi entro 30’-50’. Si ritiene tuttavia che gli errori nella stima della soglia uditiva siano ancora piuttosto ampi per un impiego clinico generalizzato.


Risposte uditive evocate a latenza lunga
S.V.R.: Slow Vertex Response

Entro una latenza di 50-250 ms dallo stimolo si sviluppa una serie di potenziali (P1-N1-P2-N2), la cui componente negativa a 100 ms (N1) risulta meglio definita prelevando il segnale con un elettrodo al vertice (da cui la dizione “slow vertex response”). Questi potenziali registrabili con elettrodi superficiali sullo scalpo, sono generati dalle aree di corteccia corticale in risposta a stimoli uditivi di qualsiasi tipo. Il significato funzionale del complesso P1-N1 non è completamente chiaro, perchè probabilmente questi potenziali riflettono attività funzionali multiple, da diverse regioni del sistema uditivo centrale. Sicuramente P1-N1 è in relazione ad un’attività connessa alla percezione di inizio stimolo, ma anche di fine stimolo (potenziali on-off), o in termini più generali di una variazione della stazionarietà della percezione uditiva (Fig. 6). 


Fig. 6. SVR con le tipiche componenti P1,N1,P2 in risposta a toni puri. Con stimoli prolungati, e registrando in DC e possibile apprezzare le componenti “on-off”. In risposta ad una pausa di stimolazione si evidenzia la successione off-on. Le componenti N1 sono anche registrabili in condizioni di stazionarietà di stimolo, attuando una variazione in frequenza (in basso a destra).


La possibilità di evocare questi potenziali con stimoli tonali può essere sfruttata per determinare dei valori obiettivi di soglia, per ciascuna delle frequenze esplorabili dall’audiometria tonale. Sfortunatamente però i potenziali corticali subiscono ampie modificazioni in rapporto alle fluttuazioni di vigilanza del soggetto esaminato. Queste possono variare dallo stato vigile al sonno, anche in relazione alla durata dell’esame, che può prolungarsi abbondantemente oltre l’ora quando vengano esplorate più di 3 frequenze per orecchio (ad es.0.5, 1, 3 kHz). Se poi è utilizzata una sedazione farmacologia, il più delle volte indispensabile nei bambini, le modificazioni che subiscono i potenziali corticali sono tali da renderne impossibile una corretta valutazione. Con soggetti estremamente collaboranti, in grado cioè di mantenere elevati i livelli attentivi sulle proprietà acustiche dello stimolo, la soglia delle SVR può essere molto vicina alla soglia comportamentale (entro ± 5 dB). Al contrario, se il soggetto non è collaborante, la soglia delle SVR può presentare derive di 30-40 dB rispetto alla soglia comportamentale, in ragione degli effetti della vigilanza. L’esame è talvolta richiesto per pazienti con problemi di ordine medico-legale, o per i quali sia fondato il sospetto di una sordità non organica. L’attendibilità diagnostica dei risultati è tuttavia limitata dalla collaborazione che il paziente può offrire nel controllare lo stato di vigilanza e nel conservare una posizione rilassata durante un tempo prolungato. In soggetti di età infantile, l’uso clinico delle SVR come test obbiettivo di soglia trova di fatto indicazioni molto limitate.


P300

Un potenziale positivo con latenza a 300 msec dallo stimolo si sviluppa in stretta correlazione ad uno stato attentivo o di un compito discriminativo diretto verso piccole differenze dello stmolo. Per evocarlo si ricorre a paradigmi di stimolazione particolari nei quali una certa percentuale di stimoli (a bassa occorrenza) sono inaspettati, rispetto alla maggioranza di stimoli (alta occorrenza) verso i quali i livelli attentivi sono ridotti. Tipicamente viene associato un compito in corrispondenza degli stimoli inaspettati, ad esempio il soggetto deve contarli. Il potenziale P300 può essere evocato anche da stimoli visivi, o somatosensoriali, od anche dall’ommissione di uno stimolo entro una sequenza regolare. In assenza di un’attenzione attiva verso gli stimoli a bassa occorrenza, P300 può ridursi del tutto fino a scomparire.

Tale potenziale riflette sicuramente l’attivazione di processi cognitivi complessi, che implicando una percezione di diversità (stimoli inattesi) rispetto ad un pattern percettivo usuale(stimoli attesi), sono riconducibili a processi attentivi, mnesici, di analisi semantica e decisionali. L’elettrogenesi di P300 è multipla coinvolgendo diverse regioni del sistema nervoso centrale, in connessione anche con il sistema uditivo centrale, oltre che con gli altri sistemi sensoriali: il talamo, la sostanza reticolare mesencefalica, la corteccia frontale, il sistema limbico. Questa risposta ha trovato un applicazione clinica in neuropsicologia, risultando particolarmente alterata in pazienti con disordini cognitivi di varia natura, post-traumatici, secondari ad intossicazioni, degenerativi (Ebner e coll, 1986; Hansch e coll, 1982) (Fig. 7).


Fig. 7. La componente P300 è evocata da un compito attentivo diretto su stimoli differenti (nell’esempio 1.5 kHz) e a bassa occorrenza (25%), rispetto alla serie di stimoli frequenti (75%) a 0.5 kHz.


MMN (“Mis-Match Negativity”)

Il complesso P1-N1 è evocato da una successione di stimoli identici. Se in una successione di stimoli identici (standard) viene ripetutamente inserito uno stimolo “deviante”, nella porzione di risposta successiva a N1 si evidenzia un potenziale negativo con una durata di circa 100-150 ms. Per la misura di questo potenziale spesso si ricorre al calcolo dell’area in cui si manifesta la negatività, ottenuta sottraendo dal potenziale a stimolo standard il potenziale a stimolo deviante. Questo potenziale è chiamato MMN (mis-match negativity) e riflette una funzione di processamento del sistema uditivo centrale esercitata su fini differenze dello stimolo.

Le differenze fra stimoli standard e devianti possono essere nell’ordine di 5 dB per l’intensità, o di 10 Hz nella frequenza, o ancora possono essere costituite dai tratti distintivi di singoli fonemi (ad esempio /ga/ stimolo standard, /da/ stimolo deviante). La MMN è evocata “passivamente”, non richiede un compito attentivo, ed è indipendente dalla vigilanza e dalla anestesia. La principale sede di generazione della MMN sembra essere la corteccia uditiva con il contributo del talamo e dell’ippocampo. La MMN è stata proposta come test per indagare i disordini uditivi centrali di processamento (Fig. 8).

1.3.2.3.3 Emissioni otoacustiche (OAE)

Le otoemissioni acustiche (OAE) sono deboli suoni che possono essere registrati da un microfono nel condotto uditivo esterno in risposta ad una stimolazione acustica. Per tale motivo sono stati anche definiti “echi cocleari”. Poiché la loro presenza è legata all’attivazione meccanica della coclea, e in particolare all’integrità funzionale delle cellule cigliate esterne, hanno trovato importanti applicazioni sia nella ricerca che nella clinica. Le applicazioni più diffuse sono nell’ambito degli screening neonatali della sordità, in quanto la presenza di otoemissioni è associata ad una soglia uditiva entro 30-40 dB HL. Il rilievo, del tutto automatizzato, è molto rapido, e consente di esaminare un neonato in qualche minuto. 


Fig. 8. La MMN (“mis-match negativity”) costituisce una risposta non volontaria del sistema uditivo centrale, associata alla ricezione di differenze percettive anche molto piccole (devianti) introdotte fra gli stimoli che si succedono regolarmente (standard). I parametri del potenziale, in termini di area, vengono calcolati sulla traccia ottenuta per sottrazione fra le due risposte rispettivamente a stimoli standard e a stimoli devianti.


La limitazione delle OAE è data dalla debole intensità dei segnali, che spesso si confondono con il rumore di fondo del condotto uditivo esterno. Inoltre la loro energia può essere ulteriormente indebolita, fino a scomparire, a causa d’imperfezioni del meccanismo di conduzione dell’orecchio medio, il quale deve trasferire all’orecchio esterno, per via retrograda, l’energia generata dalla coclea.

Esistono due categorie principali di OAE: spontanee (SOAE) ed evocate (EOAE). Le prime sono costituite da segnali a frequenza singola o multipla, generati spontaneamente dalla coclea. Il loro significato non sembra legato a una condizione di patologia, e quindi il loro valore clinico è pressoché nullo. Le otoemissioni evocate si suddividono in base alla stimolazione usata per ottenerle;

– otoemissioni evocate da stimoli transitori (TEOAE)

– otoemissioni evocate da toni puri e costituite da prodotti di distorsione (DPOAE).


Otoemissioni da transitori (TEOAE)

La stimolazione è costituita da transitori, cioè da stimoli con un’energia distribuita su un ampio spettro di frequenze inviati in serie a un’intensità di 70-75 dB SPL. La risposta viene analizzata nella sua riproducibilità e nel dominio della frequenza, e quindi il risultato è fornito come analisi di spettro sovrapposto allo spettro del rumore rilevato nel condotto uditivo esterno. Se la risposta eccede di 8 dB lo spettro del rumore questa viene giudicata presente (Fig. 1).

Le TEOAE sono presenti nel 96-100% dei soggetti normoudenti, mentre sono assenti se la soglia uditiva è più elevata di 25-35 dB HL. Quindi queste risposte sono degli ottimi indicatori dell’integrità globale della coclea, sebbene occorra tener presente che la miglior corrispondenza fra soglia uditiva e TEOAE si ha nel campo di frequenze fra 1 e 3 kHz. 


Fig. 1. Forma d’onda dell’eco cocleare registrato nel condotto uditivo esterno, in risposta a click di 82 dB SPL. L’analisi spettrale (inserto a destra) condotta sulla risposta oltre ad indicare la distribuzione dell’energia sulle varie frequenze, permette di separare il rumore di fondo (in nero) dalla riposta (segnale).


Le TEOAE posseggono una eccellente riproducibilità (variazioni entro 1 dB) che si conserva nel tempo, sia fra test e re-test, sia intra-individuale. Al contrario sono caratterizzate da una notevole variabilità inter-individuale. Per tali caratteristiche le TEOAE sono state equiparate a delle “impronte digitali” cocleari.


Otoemissioni come prodotti di distorsione (DPOAE)

Le DPOAE si possono definire come un’energia acustica prodotta dall’interazione di due toni inviati simultaneamente alla coclea. I due toni devono essere di frequenza abbastanza vicina in modo da creare sulla partizione cocleare due pattern di vibrazione che in parte si sovrappongono. I toni-stimolo, definiti “primari”, di frequenza f1 e f2 tale che il rapporto f2/f1=1,22, sono inviati a un’intensità di 65-70 dB SPL (Fig. 2). In risposta a tale stimolazione la coclea emette come “eco” un’energia sonora alle frequenze f1 e f2, più altra energia ad altre frequenze aggiuntive (prodotti di distorsione). Fra queste, quella più evidente ha una frequenza pari a 2f1-f2. Varie coppie di stimoli con diverse f1-f2 possono essere presentate in successione, in modo da esplorare una porzione di coclea sufficientemente estesa. L’ampiezza della DPOAE può essere riportata in funzione di f2, in un grafico definito “DP-gramma”, nel quale viene anche rappresentato lo spettro del rumore di fondo.

Se l’ampiezza delle DPOAE eccede il rumore per un certo criterio (usualmente 3 dB s/r) la risposta è considerata presente per la combinazione di toni definita da f2. Rispetto alle otoemissioni da transitori le DPOAE sono risposte più specifiche in frequenza, e per questo motivo si prestano a localizzare più precisamente una perdita di cellule cigliate esterne lungo la membrana basilare. Le DPOAE possono essere rilevate in soggetti con soglia uditiva fino a 35-40 dB HL.

Per l’utilizzo delle OAE negli screening, vedi il capitolo specifico.


Fig. 2. In risposta ad una coppia di toni f1 (1kHz) e f2 (1,2 kHz) la coclea emette un debole eco di energia acustica costituto dalle due frequenze più altre, delle quali quella a 0,8 kHz (2f1-f2) è più evidente (prodotto di distorsione). A destra sono riportate le ampiezze del prodotto di distorsione generato con stimoli di varia frequenza.