Accontentite
Quindi vediamo quando “accontentarsi” è una buccia di banana che ci fa cadere pericolosamente. Abbiamo visto che ci serve essere sanamente egoisti, e che comunque dobbiamo essere grati. Essere contenti di ciò che abbiamo. Vedi, non significa desiderare di rimanere così per sempre. Paragonarci a chi sta peggio è pericoloso, anche ingiusto. L’unico modo di paragonarsi a chi sta peggio è sapere esattamente cosa lo ha portato lì. Accontentarsi non è sempre sbagliato. È molto simile all’essere grati. L’importante è non usarle entrambe le cose come scuse per non dare il meglio di quello che possiamo. Questo è il mio personalissimo pensiero. Riesco sempre a dare il meglio? No. Ma ci provo e mi impegno sempre per farlo. Chi può dirci dove possiamo arrivare, cosa possiamo raggiungere, quali ponti possiamo costruire? Nessuno. Solo noi. Sta a noi fissare i nostri obiettivi, come abbiamo visto nel capitolo O. Quando mi dico che non ho raggiunto l’obiettivo (perché ti ricordo che deve essere misurabile e avere una scadenza), non mi flagello. Di solito almeno l’obiettivo minimo lo raggiungo quindi mi fermo e capisco cosa fare meglio per migliorare e raggiungere quello target più ambizioso al più presto. Ri-pianifico tutto e riparto da capo. Volevo finire di scrivere questo libro a giugno, credo (l’ho scritto in queste pagine), ora è il 23 agosto 2022, sono abbondantemente fuori. Ho fallito? Sì, non ho raggiunto l’obiettivo, non significa che non finirò il mio libro. C’è una bella differenza. Ho anche già capito i motivi, quindi il prossimo andrà decisamente meglio. Mi accontento di essere in ritardo? No, faccio del mio meglio per finirlo entro fine mese. Secondo la nuova pianificazione sto andando bene. Ho abbassato l’asticella? Certo, ci ho tirato una testata, mi sono fatto anche un po’ male, e l’ho messa un po’ più bassa (allungato il tempo per scrivere il libro) ma perché mi sono reso conto che dove ho preso la testata non c’era un’asticella, c’era un trave che non si è mosso di un millimetro. Mi rimbalzano ancora i neuroni in testa solo a ripensarci. Quello ormai non lo tiro giù. Giugno 2022 è passato da un pezzo :-). E perché non ho cancellato le date dal libro? Aah, bella domanda. Risposta semplice, “sembrare un fenomeno” non fa di me un fenomeno, voler sembrare fenomeno mi farebbe sentire uno che vuole sembrare ciò che non è, migliore di come è realmente. E io non voglio sembrare niente di diverso da quello che sono. Questo mi rende a mio modo di vedere il “fenomeno” che voglio vedere nello specchio. Inoltre, a modo mio, mi sento un fenomeno.
L’accontentite ha un innesco non appena ci si accontenta di qualcosa smettendo di muoversi verso il vero “oggetto del desiderio”, quando l’oggetto del desiderio è per noi veramente importante. Può rimanere latente per anni ma non sparire dall’organismo (dovrei dire meglio dall’anima) finché non viene affrontata e risolta alla radice. L’accontentite cessa già di fare danni quando si riprende a muoversi verso l’oggetto del desiderio. Non è necessario ottenerlo. Basta muoversi nella direzione giusta. Già questo fa diminuire drasticamente gli effetti negativi e deleteri della “malattia”. I sintomi sono: svogliatezza, stanchezza mentale e fisica, reflusso gastrico, stitichezza o il suo esatto opposto, problemi di concentrazione, rabbia improvvisa e inutile, immotivata, scarso o troppo appetito, con conseguente perdita o aumento di peso (come vedi possono manifestarsi alcuni sintomi e i loro opposti), apatia (questa è la peggiore, secondo me) generalizzata in tutti gli ambiti personali. L’accontentite arriva da un ambito della nostra vita e ci rovina anche gli altri (come un allagamento arriva da una perdita in uno degli ambienti della nostra casa invisibile e può rovinare la casa intera). Per esempio capita quando siamo con la persona sbagliata, ce ne rendiamo conto, non facciamo niente per cambiare la situazione. Ci accontentiamo di un partner sbagliato (non con qualche difetto, che abbiamo tutti, proprio sbagliato). Da qui l’insoddisfazione si ripercuote sul nostro fisico, la nostra mente e quindi sulla nostra resa anche al lavoro. Al contrario, se ci accontentiamo di un lavoro che è sbagliato per noi (non con un capo che ci stressa, ma proprio un lavoro artistico per una persona logica, o un lavoro logico per una persona artistica, un lavoro solitario per una persona estroversa, un lavoro sempre al contatto con la gente per un introverso). Una cosa è uscire dalla propria zona di comfort, ben diverso è fare un lavoro in cui dobbiamo usare solo i nostri punti deboli. Questo è innanzitutto masochismo. In secondo luogo, se smettiamo di cercare il lavoro giusto per noi, e ci accontentiamo, scatta la malattia, l’accontentite.
Cos’è Accontentite?
L’“accontentite” (mio neologismo) è una malattia grave, curabile ma degenerativa e a volte mortale (non scherzo).