3.1 L’Umanesimo e le regole della cortesia
Nel XIV secolo la società si era sottratta all’influenza, soprattutto culturale, della Chiesa e del sistema feudale, e la danza venne accolta nelle corti, presso la nobiltà, ma anche presso la nascente borghesia mercantile e cittadina.
La riscoperta dei classici nella civiltà dell’umanesimo aveva finito per reintrodurre uno spirito pagano ed epicureo nell’intera società. In questo senso notevoli miglioramenti si ebbero anche nella qualità della vita; nelle città sorsero palazzi ed abitazioni costruiti con notevole raffinatezza, si diede notevole impulso alla costruzione di strade, piazze, giardini e musei. Negli ambienti dei raffinati palazzi signorili trovarono ampia diffusione le arti, la musica, la danza, la poesia, il teatro.
In quest’epoca lo stile di vita e di comportamento delle classi elevate di tutta Europa si ispirava a uno stesso ideale, quello della “cortesia” che dettava precise regole di comportamento.
Il ballo diventò così uno dei pochi momenti in cui al cavaliere fosse concesso di stare liberamente vicino alla dama. A partire dal secondo ventennio del XV secolo, tuttavia, danze come la carola e gli altri balli collettivi e cantati, appaiono sempre meno di frequente nelle descrizioni letterarie del contesto sociale, specie dei ceti aristocratici.
La comparsa di nuovi strumenti musicali aveva imposto l’esigenza di organizzare i movimenti con passi ben definiti. Da tempo sui ritmi delle diverse canzoni a ballo il popolo eseguiva una serie di passi e di gesti, cantando le parole del ritornello. La nobiltà cominciò ad adottarne alcuni, adattandoli al gusto signorile, e cercando di realizzare la concordanza tra un passo e il ritmo, di stabilire l’alternanza tra passi lenti e veloci e di delimitare lo spazio in cui i danzatori si dovevano muovere. Le coreografie geometriche, la rispondenza matematica di musica e passi, di partizioni del terreno e di movenze delle danze del XV secolo esprimono un’estetica già rinascimentale. La consapevolezza dell’individuo nel suo rapporto con il mondo, il trionfo della gioia di vivere diedero nuovo impulso alla vita della nobiltà e dell’agiata borghesia mercantile. La danza diventò l’elegante intrattenimento dei nobili e lo specchio della raffinatezza delle corti signorili. I ritmi e i passi vennero modificati per adeguarli ai ricevimenti di sala, al suono di liuti, flauti e vielle.
Le vicende della vita del signore (nascite, matrimoni, vittorie, incoronazioni) erano celebrate con feste da ballo. Ma anche nelle manifestazioni pubbliche organizzate per celebrare le ricorrenze l’aspetto spettacolare acquistò sempre più rilevanza.
A Firenze Lorenzo de’ Medici inventò nuove forme di performance musicali per rinnovare le tradizionali celebrazioni che si svolgevano in occasione dell’accoglienza ufficiale di un visitatore illustre, delle feste di San Giovanni, di Calendimaggio e in particolare il Carnevale. Il Magnifico organizzò spettacoli teatrali itineranti, le mascherate, in cui i protagonisti recitavano “canti carnascialeschi”, come il Trionfo di Bacco e Arianna scritto dallo stesso Lorenzo, celebre per il ritornello: “Quant’è bella giovinezza, che si fugge tuttavia! Chi vuol esser lieto sia: di doman non v’è certezza”. Lorenzo fu autore anche di alcune canzoni a ballo, e sono sue le coreografie di una nota bassa danza chiamata appunto Lauro.