È incredibile come il popolo, dal momento in cui viene assoggettato, cada all’improvviso in un oblio della libertà talmente profondo che non gli è possibile destarsi per riottenerla; prende a servire così sinceramente e volentieri che, a vederlo, si direbbe che non abbia perso la sua libertà, ma guadagnato la sua servitù.
Étienne De La Boétie, Discorso della servitù volontaria
INTRODUZIONE
Questo non è un libro accademico. Non si rivolge ai professionisti della pedagogia, ma agli insegnanti e ai genitori che hanno vissuto con orrore e con dolore gli anni bui della scuola pandemica e ne portano le cicatrici insieme ai loro figli o alunni. La pedagogia accademica, fatte salve alcune lodevoli eccezioni, ha preferito uno sconcertante silenzio mediatico sulla devastazione educativa che si stava attuando nella scuola pubblica. Semplicemente, su queste pagine ha preso forma una riflessione che nasce dallo sgomento per il naufragio educativo avvenuto sotto i nostri occhi impotenti – naufragio nel quale molti sono i sommersi e relativamente pochi i salvati fra i bambini e i ragazzi italiani, i più penalizzati d’Europa da una furia regolatoria e coercitiva che supera abbondantemente il confine col sadismo.
Si tratta quindi di una riflessione dal basso, bottom up, come si dice in psicologia. Nessuna teorizzazione degna di stare in un manuale universitario o di superare il vaglio esigente di una peer review; piuttosto, un tentativo di offrire a tanto dolore innocente una qualche forma di cura e di ristoro, partendo dall’esperienza di quasi quattro decenni di insegnamento nei licei, nel corso dei quali ho visto sgretolarsi un pezzo alla volta l’edificio mai del tutto consolidato dell’istruzione pubblica in Italia.