La bellezza salverà il mondo.
F. Dostoěvskij
CAPITOLO 3
I bisogni fondamentali
Per descrivere il fine immediato di un’educazione riparativa su misura per i giovani reduci dalla crisi infinita, potrebbe essere utile la metafora del custode. “Custode” è parola latina dall’etimologia interessante: deriva dalla radice Kuh-, Kuhd- o Ghud-, che significa “coprire, difendere” e implica insieme l’idea di proteggere, di stare in guardia, di preservare con cura, di avvolgere, di coprire e di nascondere. Si custodisce qualcosa di prezioso, che si vuole mantenere integro; è un’azione statica, che implica amore, attenzione e cura. Si custodisce qualcosa che è minacciato, e questa generazione di studenti ha subìto in modo pesantissimo un attacco congiunto alla mente, al cuore e all’anima fatto di manipolazione mediatica, di ricatto in stile mafioso, di colpevolizzazione ingiusta, di insulto all’intelligenza e alla logica, di privazione arbitraria di tutti i diritti. Gli adulti avrebbero dovuto proteggerli, ma pochi l’hanno fatto, e questo ha enormemente peggiorato la devastazione. Difficile aiutare chi si è piegato e si è fatto del male per fiducia nei genitori e negli insegnanti. Chi, fra gli adulti, ha compreso anche tardi la gravità dell’attacco, li deve tutelare ora.
Un’educazione che si ponga come fine il custodire deve prima di tutto allontanare bambini e ragazzi da ciò che li danneggia e insegnare loro come difendersi. Bisogna toglierli dalla scuola, se il clima di indifferenza e di discriminazione è irrespirabile, se manifestano segni di disagio ad andare a scuola, se il loro rendimento scolastico precipita e aumentano ansia, depressione, ritiro sociale o se si manifestano comportamenti autolesionistici, disturbi alimentari, dipendenze relative al disagio di essere esclusi da tutto o di essere bullizzati dall’istituzione. Occorre combattere per loro le battaglie legali necessarie a ribadire i loro diritti inalienabili, il che è una splendida lezione di civismo, e seguirli come non mai.