INTERVISTA AGLI ESPERTI

Intervista ad Anna Segre

Scrittrice e docente presso il Liceo classico Alfieri - Torino

Secondo lo psichiatra Pietropolli Charmet la scuola non ha più alcun significato simbolico e istituzionale per i giovani e gli insegnanti, per ottenere ascolto e attenzione, devono continuamente offrire agli studenti qualcosa di interessante e accattivante, devono stabilire una relazione che, spesso, risponde più a una richiesta affettiva che educativa sebbene non sia questo il suo compito. Concorda con questo punto di vista?


Sì, anche se non sono sicura che si possa sempre parlare di “richiesta affettiva”, perché poi gli studenti sono diffidenti nei confronti di quegli insegnanti che tendono a proporsi come “amici”. Forse allievi e genitori vorrebbero paradossalmente una scuola formativa, e magari anche autorevole e severa come una volta, ma senza dover fare troppa fatica e perdere troppo tempo nello studio e nei compiti.

Un argomento tabù è assurto agli onori della cronaca: si tratta del bullismo degli insegnanti che reagiscono con aggressività fisica o violenza psicologica davanti ad adolescenti problematici, spalleggiati da genitori arroganti, che non riconoscono più l’autorevolezza del ruolo ricoperto dal docente. Sono professori che si sentono quotidianamente in trincea, percependo gli studenti come dei nemici da fronteggiare e non come dei giovani da educare. Il clima che si respira all’interno di un’aula scolastica, sulla scorta della Sua esperienza, può raggiungere un tale grado di esasperazione?


La mia esperienza è piuttosto limitata perché ho insegnato solo nei licei (scientifico, linguistico, sociopsicopedagogico e adesso classico); personalmente, quindi, non ho mai avuto a che fare con un clima così esasperato; mi è capitato, però, di sentire racconti di amici e colleghi che hanno sperimentato situazioni molto difficili.
L’arroganza dei ragazzi – e dei genitori che li spalleggiano – è un fenomeno con cui comunque ci si deve confrontare anche nei licei. Capita di sentirsi un po’ in trincea, ma non mi pare di essere giunta a considerare gli allievi come nemici da affrontare (anche perché i problemi di solito riguardano casi isolati o gruppi minoritari). In effetti, dato che i genitori sembrano pronti a credere (o a fingere di credere) a qualunque storia i figli si inventino per giustificare i propri voti, si corre spesso il rischio di ricevere critiche immotivate sulla base di accuse false (lezioni non spiegate, ingiustizie nelle valutazioni, ecc.) e questo è molto sgradevole, anche se non credo che nella maggior parte dei casi ci sia davvero la volontà di danneggiare l’insegnante: semplicemente allievi e genitori sono pronti a cercare qualunque scusa per non assumersi le proprie responsabilità e non si rendono conto che in molti casi tali scuse sono contemporaneamente accuse nei confronti degli insegnanti.