Prefazione

di Silvano Bertelloni

Il figlio si sente simile al padre e pur di essere libero
non ha né rispetto né timore dei genitori.
Il maestro ha paura degli allievi e li lusinga;
gli allievi - dal canto loro - hanno poco rispetto dei maestri e dei pedagoghi.
I giovani si mettono alla pari dei più anziani e li contestano con parole e fatti.
I giovani, in nome della libertà e dell’uguaglianza,
fanno sesso indiscriminatamente.
Platone, La Repubblica
(Atene, 427-347 a.C.)


Ilaria Caprioglio ci dona una sua ulteriore opera: un nuovo e variegato quadro sulle complesse problematiche degli adolescenti nella nostra società, che si presenta in sempre più rapida evoluzione, forse anche troppo veloce per un adeguato processo di adattamento socio-neuro-biologico delle nuove generazioni. Dal suo libro emerge poi in tutta la sua criticità l’altra faccia della medaglia: le difficoltà dei genitori di intercettare, capire e soprattutto discutere con i figli i loro problemi più profondi. Due mondi che convivono, si sfiorano, ma non riescono quasi mai a dialogare a fondo sui bisogni e i disagi veri che l’adolescenza dei figli spesso rende più evidenti.


Per molte migliaia di anni diversi aspetti dei rapporti tra mondo giovanile e adulto sono stati più semplici. Nella preadolescenza il bambino veniva allevato e istruito dagli adulti di riferimento ad acquisire abilità, per lo più pratiche. Poi l’adolescenza, almeno dal punto di vista sociale, era spesso un breve rito di passaggio alla fine del quale il giovane diventava un adulto con un ben definito ruolo sociale. Tutto è cambiato molto rapidamente nel secolo scorso, in particolare nelle ultime 3 decadi, e la durata dell’adolescenza si è a mano a mano dilatata. Tale ampliamento deriva non solo da aspetti di tipo sociale, come l’incremento degli anni di scolarizzazione (nei primi anni del ’900 durava circa 4 anni; attualmente circa 12) con il conseguente ritardo dell’ingresso nel mondo del lavoro – e quindi nel ruolo di adulto – rispetto a quanto avvenuto per secoli, ma anche da aspetti di tipo biologico. Ad esempio, negli ultimi due secoli si è avuto, almeno nelle società occidentali, un inizio progressivamente più precoce dello sviluppo puberale, determinando una dissociazione tra maturazione somatica (in anticipo), sviluppo neuro-psichico (sostanzialmente invariato) e ruolo sociale adulto (molto spesso acquisito in ritardo). Si hanno così dei “nuovi” adolescenti, che adottano i comportamenti tipici della loro età (ribellione, propensione al rischio, ricerca di libertà dalla famiglia con costituzione di un nuovo gruppo di appartenenza, etc.) sempre più in anticipo e quindi con maggiori rischi sia dal punto di vista sociale che sanitario, anche perché si tratta di esperienze e “abitudini” non adeguatamente “filtrate” da una maturazione psico-intellettiva sufficiente; comportamenti che tendono poi a perpetuarsi anche nell’età adulta. Inoltre, i cambiamenti che si realizzano nel periodo adolescenziale producono un “rimaneggiamento” dell’identità corporea dell’individuo, che possono mettere alla prova la capacità di adattamento dei ragazzi, in quanto sono rapidi (perché si realizzano in un breve arco temporale) e molteplici (morfologici, sessuali, organici, psicologici). Le pulsioni e l’istintualità – promosse anche dall’effetto degli ormoni sessuali sul sistema nervoso centrale – possono quindi avere il sopravvento, soprattutto negli adolescenti “precoci”, determinando una reale disarmonia fra la qualità e l’intensità dei nuovi impulsi somatici e le capacità psichiche di tenerli integrati in un sistema coerente di funzionamento tra corpo e mente; disarmonia su cui probabilmente poco si riflette nell’affrontarne le problematiche.


Tutto questo è invece ben presente in questo libro, che tiene conto anche di un altro importante fattore che ha inciso sul mutamento degli atteggiamenti adolescenziali, cioè la caduta dell’autorevolezza di tutte le istituzioni, ma in particolare di famiglia e scuola, che rappresentano i nuclei abitativi fisiologici – la culla culturale – in cui l’adolescente dovrebbe acquisire un “imprinting” socio-comportamentale sano da utilizzare poi nella vita quotidiana e futura. Questa perdita di autorevolezza dei modelli educativi tradizionali, unitamente a un grave relativismo culturale, sia nelle famiglie sia nella società, e a un maggior permissivismo sociale (“si può, siamo liberi come l’aria”, recitava Giorgio Gaber), può determinare l’insorgenza di molti di quei fenomeni discussi in questo libro, non ultimo quello delle nuove “mode” nei rapporti di coppia.


“La bella Gigogin, di 15 anni faceva all’amore”: così recita uno dei canti patriottici più famosi del nostro Risorgimento. Il “problema” dell’attività sessuale negli adolescenti non è quindi una novità, al contrario di quanto enfatizzano certe “ricerche”, che scoprono un po’ l’acqua calda. Quello che è cambiato è – di nuovo – l’ambito sociale e famigliare in cui bambini e adolescenti crescono. A differenza del passato, l’attività sessuale degli adolescenti viene spesso vissuta oggi fuori da rapporti di coppia stabili; si tratta a volte di relazioni – anche intense – ma rapide o ultrarapide nella durata, in cui gli aspetti “somatici” sono spesso disgiunti da quelli affettivi, con maggiore esposizione a partner multipli. I modelli mediatici (molto spesso aberranti), a cui i giovani sono costantemente esposti fin dall’infanzia sono fattori che possono contribuire all’estendersi del fenomeno. Si ha così l’allarmante diffusione delle malattie a trasmissione sessuale tra gli adolescenti e la costante presenza di un certo numero di mamme adolescenti nei vari rapporti statistici. In Italia si hanno infatti circa 8.000 parti all’anno in donne di età inferiore ai 20 anni (l’1,5% dei nuovi nati). Per circa il 70% si tratta di ragazze nubili. Il fenomeno riguarda essenzialmente la fascia di età compresa fra i 15 e i 19 anni (il numero di parti nelle ragazze sotto i 14 anni è intorno ai 100). Inoltre, questa fascia di età rappresenta l’unica in cui non si è avuta una diminuzione delle interruzioni volontarie di gravidanza. In questo scenario si inserisce anche il problema della prostituzione minorile in ragazze migranti, costrette a tale attività, o italiane, che la intraprendono per denaro, piccoli benefici economici o noia. Una ulteriore conferma che i percorsi socio-educativi in questo settore continuano a risultare inadeguati. Nel campo della sessualità le principali informazioni sono infatti quelle che i ragazzi ricevono dagli amici o che trovano su internet. Molte ragazze non sanno neppure il reale significato del ciclo mestruale o non conoscono il suo funzionamento. In effetti, nonostante siano cambiati gli atteggiamenti e siano aumentate le fonti disponibili di informazioni, la maggior parte degli adolescenti non riceve una corretta educazione sessuale e sentimentale da famiglia, scuola e istituzioni, giungendo a sperimentare concretamente la propria sessualità, spesso senza la minima consapevolezza dei propri sentimenti, con nozioni confuse, a volte distorte dalle false nozioni e modelli diffusi dai media.


La società degli adolescenti sta diventando in effetti sempre più e sempre più precocemente condizionata dai media, in particolare smartphone, internet e social network, il cui uso eccessivo viene spesso promosso anche da figure di successo. La maggioranza di ragazzi delle scuole medie naviga così senza limiti giorno e notte, incrementando progressivamente pericolose abitudini spesso acquisite fin dai primi anni di vita su “istigazione” dei genitori, che offrono loro delle baby sitter elettroniche nella speranza di poter guadagnare un po’ di tempo o di tranquillità. Ai monitor viene quindi delegato l’accudimento dei piccoli, che si rispecchiano poi emotivamente più con un tablet piuttosto che con un familiare, ricercando nella rete compensazioni affettive.


Dunque, ad accentuare i fenomeni biologici e sociali dell’adolescenza contribuisce oggi l’effetto esercitato dai media, sia proponendo modelli globalizzati di comportamenti e immagine, derivandone molti di quei fenomeni di cui nei media stessi spesso si parla (cyberbullismo, internet addiction, commercializzazione dell’immagine del corpo, etc), ma che non vengono assolutamente affrontati nel concreto, ad esempio con seri percorsi di formazione al loro uso sia per adulti che per bambini. Vi sono infatti messaggi espliciti e occulti presenti in molti programmi, anche quelli ritenuti più “innocenti”, che “pubblicizzano” associazioni aspetto fisico/qualità sociali (es. magrezza = bellezza, intelligenza, rettitudine; obesità = goffaggine, stoltezza, basso livello di moralità), comportamenti/piacere (es. alcol = felicità, fumo = soddisfazione sessuale), violenza/giustizia, che possono avere effetti a lungo termine sulla salute – cioè lo stato di benessere fisico, psichico e sociale – e quindi sulla qualità di vita. Basti pensare all’enorme incremento di ragazze e ragazzi con disturbi della condotta alimentare (anoressia nervosa) e disordini correlati (vigoressia, ortoressia, etc) che si è avuto negli ultimi anni.


Tale situazione sembra avvalorata da quanto dimostrato in vari rapporti della Società Italiana di Pediatria, che da anni documentano una maggiore adozione di comportamenti a rischio, già nella prima adolescenza (11-14 anni), tra i giovani che utilizzano per diverse ore al giorno i sistemi elettronici di intrattenimento rispetto a quelli che ne fanno un uso sporadico. In particolare, i media con coinvolgimento pluri-sensoriale (udito, vista) e interattivi (unione tra gesto reale tramite mano/joystick a cui corrisponde un’azione virtuale) potrebbero favorire, oltre all’acquisizione emulativa di modelli comportamentali, anche una modificazione di alcune reti neuronali in un cervello in fase di crescita come quello di un minore; onde poi una possibile diversa strutturazione delle reti neuronali coinvolte nella regolazione di sistemi ancestrali di risposta allo stress, come l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e il sistema locus ceruleo-norepinefrina, che potrebbero orientarsi alla ricerca continua di stimoli per mantenere una soglia adeguata di determinati neurotrasmettitori, idonea ad assicurare un grado adeguato di benessere “cerebrale”. Questo a sua volta potrebbe contribuire allo sviluppo di quei comportamenti a rischio (sessuali, nutrizionali, in rete, etc.), che sono alla base di quanto Ilaria Caprioglio ampiamente descrive nel libro.


Ma molte responsabilità, come ancora tratteggia l’Autrice, sono di noi adulti che non sappiamo più essere veritieri punti di riferimento per i nostri giovani. Ecco così che i genitori scimmiottano i figli adolescenti invece che “abbattere il muro del silenzio” che li divide, venendo ad esacerbare – come già metteva in luce Platone nel IV secolo a.C. – le caratteristiche socio-comportamentali che li portano a contestare l’esistente, trovare degli ideali ed esplorare nuove direzioni pratiche e teoriche. Caratteristiche che se ben indirizzate e valorizzate rappresentano da sempre un valore aggiunto per la società e per il suo sviluppo.


In questo scenario complesso è senza dubbio di rilevante interesse pratico questo libro che può sicuramente aiutare le famiglie – sempre più fragili e “liquide” – a contenere le ansie e a non abdicare al loro ruolo di primo educatore dei figli. Ma quest’opera è senz’altro molto utile anche a tutto il mondo della scuola per sviluppare più incisivi percorsi di educazione alla salute in linea con i nostri tempi e con una pedagogia coerente con la realtà, così come a tutti i professionisti della salute, al fine di sviluppare un approccio più diretto con i minori su tematiche, anche delicate, a partire dall’età prepuberale.

Adolescenti non si nasce, ma lo si diventa lungo un percorso di crescita, a volte anche faticoso, fin dai primi anni di vita, che hanno un ruolo fondamentale per lo sviluppo di una personalità sana e affettivamente sicura. La lettura del libro di Ilaria ci deve aiutare a raggiungere nuovamente quel ruolo di educatori e modelli di riferimento autorevoli per i nostri bambini e adolescenti che per migliaia di anni abbiamo svolto, pur tenendo conto dei profondi cambiamenti della nostra mutata società.

Silvano Bertelloni
Già Presidente della Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza (SIMA).
Responsabile della Sezione di Adolescentologia dell’UO Pediatria Universitaria dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana.
Membro del Consiglio Direttivo dell’Associazione “Laboratorio Adolescenza”.