CAPITOLO IV

Genitori in trasformazione

La metamorfosi riflessa

Durante il periodo dell’adolescenza entrano in crisi anche i genitori, che assistono al frantumarsi della propria identità agli occhi del giovane e, al contempo, devono far spazio a un figlio differente rispetto a quello amato per anni. È necessario che si predispongano all’idea di avere in casa un individuo diverso da colui che conoscevano: talvolta affettuoso e talvolta sfuggente, custode di segreti inaccessibili e portatore di un inconsueto sguardo critico, di sfida, che li pone costantemente sotto processo e nella condizione impraticabile di non poter sbagliare mai.

Come scriveva Aristotele “i giovani sono eccessivi in tutto: amano con eccesso, odiano con eccesso” e, spesso, i destinatari di questi sentimenti contrastanti sono proprio i famigliari.

Per questo motivo i genitori devono essere disposti a crescere insieme al figlio, a cambiare con lui e in rapporto a lui, senza aspirare a essere perfetti nel loro ruolo e senza aspettarsi che la metamorfosi dell’adolescente plasmi un adulto nel quale rispecchiarsi. L’educazione sottende un processo fondato sull’azione, sull’errore e sulla correzione dello sbaglio, accettando di non essere infallibili. Un ragazzo, ormai, è in grado di cogliere e rinfacciare all’adulto i difetti non in relazione al suo essere genitore ma al suo essere individuo: sono, infatti, quasi sempre aspetti caratteriali insiti nella persona e antecedenti la costruzione della famiglia. Fragilità e insicurezze, asperità del carattere che ognuno si trascina dietro tentando di liberarsene e delle quali non vorrebbe un figlio si accorgesse.


Gli adulti sono indotti a mutare per agevolare il processo di cambiamento del figlio, in una sorta di metamorfosi riflessa che permette l’interazione fra soggetti che vivono insieme in una relazione affettiva: anche i genitori infatti possono apprendere da un figlio. E nell’abbracciare questo percorso di trasformazione personale, che consente loro di osservare il giovane con occhi diversi, devono cercare di procedere, nei limiti del possibile, affiancati e coesi. Diventa necessario fare gioco di squadra, costruire una rete di sostegno con le altre famiglie che permetta di recuperare un senso collettivo del futuro, dal momento che non si può prescindere dal legame con il prossimo. “Nessun uomo è un’isola, intero in se stesso” scriveva il poeta inglese John Donne, rammentando con questo verso il monito aristotelico secondo cui un uomo è libero solo se intrattiene molti legami con gli altri e con il luogo dove vive.

L’autostima di un ragazzo ha bisogno di nutrimento psicologico, va consolidata attraverso l’affetto, il rispetto, la valorizzazione e la fiducia. Un giovane deve sentirsi apprezzato: la sua aggressività, certe volte, deriva proprio dalla sensazione di non essere stimato dai genitori. Spesso però il sentimento della fiducia risulta essere il più difficile da accordare a un figlio, nonostante sia indispensabile per compiere l’importante gesto d’amore di lasciarlo libero di spiccare il volo: imparare a essere genitori significa diventare capaci di affrancarlo gradualmente da sé. Un compito arduo che richiede una profonda intesa e complicità genitoriale, la quale tuttavia è pressoché impossibile da raggiungere: è impensabile, infatti, che i genitori siano d’accordo in tutte le situazioni conflittuali da gestire con i figli. Diventa quindi essenziale che all’interno dalla famiglia persista il senso della comunità e sia costantemente acceso il dialogo, improntato a un sincero interesse per quanto l’altro ha da comunicare. Di frequente, invece, nelle domande di un genitore il figlio percepisce esclusivamente il desiderio di controllo nei suoi confronti e non una partecipazione autentica nei confronti del suo personale universo.


La famiglia costituisce un’entità che vive nell’armonia e nell’incomprensione, nell’amore e nel disprezzo, nell’errore e nel perdono: vive poggiando le sue fondamenta sulla pari dignità dei componenti, sul rispetto reciproco e sulla collaborazione.

Per fronteggiare l’altalena di sentimenti, che caratterizza la vita di un adolescente, gli adulti devono modificare il loro atteggiamento anche attraverso l’alternanza di flessibilità e forza. Flessibilità nell’adattarsi al giovane in divenire e forza nel sostenerlo, trasmettendogli fiducia nei momenti di difficoltà; nonostante, e spesso, l’adulto non sappia esattamente come approcciarsi al meglio a queste nuove situazioni, e sia lacerato dal dubbio di non agire correttamente o, con il rifiuto davanti a una richiesta, di spezzare il legame con il figlio che, mai come in questa fase dell’esistenza, vira all’improvviso dall’intimità al distacco. Ricordiamo però che il dissenso non potrà mai rompere la relazione d’amore che sussiste fra genitore e figlio. È basilare poi che l’adulto accetti di perdere lo status di eroe agli occhi del giovane per recuperare quello di un individuo con molteplici difetti che, puntualmente, gli verranno rinfacciati con ferocia e disprezzo. L’adolescente infatti mette in atto nei confronti dei genitori una dura revisione critica, contrassegnata da un estremismo che può condurlo perfino a nutrire un sentimento di delusione per come gli appaiono quegli stessi adulti, denudati impietosamente dall’alone di onnipotenza con cui, durante l’infanzia, li aveva ammantati. Tale sentimento lascerà, più tardi, il posto a quello della disillusione quando verranno accettate le figure genitoriali nella loro interezza, con pregi e difetti; come suggeriva Goethe “si diventa adulti solo quando si perdonano le colpe ai propri genitori”…