INTERVISTE AGLI ESPERTI

Intervista a Jù Franchina

Blogger

In un Suo recente articolo Lei ha affermato come “l’adolescenza sia da sempre una guerra, soprattutto nelle famiglie e nelle società benestanti. I ragazzi che hanno bisogni primari più difficilmente passano il tempo a ubriacarsi o ad ammazzarsi”: il benessere rappresenta, dunque, una trappola per i ragazzi?


La distanza tra il desiderio e la sua realizzazione è diventata, via via, sempre più breve fino ad azzerarsi. Sono scomparse l’attesa e la conquista, che erano stati efficaci ormoni della crescita psicologica. Il desiderio ha perso la sua spinta creativa, tutto è già pronto, preconfezionato. I giovani, soprattutto nelle famiglie e nelle società benestanti, trovano tutto tranne lo sforzo. E ciò equivale ad affermare che l’adolescente non trova più l’adolescente. Quando non si deve faticare e combattere nel costruire qualcosa per sé o per qualcuno è come essere morti dentro.

Come giovane blogger Lei ha un osservatorio privilegiato sul mondo adolescenziale: quale quadro emerge di questa realtà?

Essere adolescenti oggi significa, soprattutto, sentire il pressante bisogno di essere visti, una caratteristica che da sempre accomuna chi attraversa questa delicata fase ma che, oggigiorno, risulta amplificata e condizionata dai social network. Ho intuito come gli odierni adolescenti conoscano solo la vergogna di non avere fascino e questo problema è alla base di tanti suicidi o di tanti disturbi alimentari. Credo sia questo l’aspetto sul quale si debba lavorare, puntando sulla bellezza complessiva della persona, in quanto la vergogna di non essere belli, nell’universo dei giovani di oggi, è una bruttissima bestia difficile da domare. Ma avverto anche come gli attuali ragazzi siano persone meravigliose. Hanno codici di comunicazione e comportamenti non decifrabili secondo i nostri parametri, eppure sento arrivare da loro una sensibilità e un’attenzione verso gli altri che noi non avevamo. Sono generosi e profondi. Anche quando si relazionano attraverso provocazioni o silenzi. Secondo me, quella che sta venendo fuori è una generazione splendida. Poco tempo fa una ragazza di sedici anni ha lasciato un messaggio sul mio blog, scrivendo di essere chiusa in se stessa, di non avere amici in quanto si percepisce inadeguata. Mi ha chiesto se anch’io alla sua età mi sentissi persa, sola e un po’ sconfitta: come se solamente gli altri avessero commesso meno errori, fossero migliori, più forti, meno fragili e irrisolti. Essere adolescente comporta anche questo: comprendere chi resta, chi è solo una parentesi, chi una spalla su cui piangere, chi un sorriso, chi uno schiaffo. E andare avanti più soli ma più solidi. È dura aprire gli occhi la mattina e concludere il bel sogno che ci ha accompagnato durante la notte: ma anche questo significa crescere.
Tutti i drammi dell’adolescenza stanno già nelle opere di chi li ha a suo tempo vissuti, affrontati e superati, ciascuno a suo modo, secondo la propria possibilità: stanno nel corpo inadeguato di Leopardi, nell’emarginazione di Foscolo, nella ricchezza irrequieta di Alfieri, nell’irruenza di D’Annunzio.