CAPITOLO I

Alto Contatto

Definizione di alto contatto: John Bowlby e la Teoria dell’attaccamento

Cosa vuol dire “alto contatto”? E quali sono i benefici per il bambino e per la mamma?

Per i neonati, il contatto con il corpo della madre o del suo caregiver (figura di riferimento che può essere anche rappresentata dal padre, dalla tata, ecc.), è di vitale importanza per la sua evoluzione psichica e fisica. Studi autorevoli sostengono che quando un bambino nasce non è ancora pronto a una vita fuori dall’utero. Ashley Montagu, antropologo, scienziato e umanista inglese, ha raccolto tutti questi studi nel suo libro dal titolo Il linguaggio della pelle. Il senso del tatto nello sviluppo fisico e comportamentale del bambino1.

Molti di questi studi parlano di una fase chiamata “esogestazione”, che è il tempo di cui il bambino necessita per completare il suo sviluppo al di fuori del grembo materno. Durante tutto questo periodo il neonato ha bisogno di essere tenuto in braccio, di essere allattato, coccolato e abbracciato. Insomma, ha bisogno di sentire lo stretto contatto con la madre e i suoi caregiver. Attraverso il tatto, prima ancora che con la vista e con l’udito, il bambino fa esperienza della propria identità: inizia a percepire se stesso, gli altri, e a conoscere i propri confini corporei. Se le sue esigenze di contatto vengono soddisfatte, inizia a gettare le basi sicure per la sua autostima.


Secondo numerosi altri studi anche le mamme traggono benefici dall’esperienza ad alto contatto, in quanto sono meno soggette alla depressione post partum e al baby blues2. Inoltre, il contatto continuo tra madre e bambino permette loro di conoscersi e riconoscersi dopo quella lunga intimità durata 9 mesi.

Chi per primo formulò la “teoria dell’attaccamento” fu John Bowlby3 (psicologo e psicoanalista britannico), nel 1969. Bowlby definisce la base sicura come quella “da cui un bambino parte per esplorare il mondo e a cui può far ritorno in ogni momento di difficoltà o in cui ne senta bisogno”.