Capitolo i

Il ruolo dell'infanzia
nell'era digitale

Bambini adulti e veloci

La nostra società è caratterizzata da ritmi frenetici che scandiscono il lavoro, i rapporti interpersonali, lo studio, il divertimento, il tempo libero.

Trasformatasi vorticosamente nel giro di pochi anni, essa trova una delle sue maggiori rappresentazioni in Internet e nell’uso del digitale; l’accesso alle informazioni è immediato e se la connessione è lenta, come spesso accade, siamo colti da un senso di disagio o persino d’ansia.


Il flusso di immagini e dati è inarrestabile, i ritmi della rete riducono, fino quasi ad azzerarli, i tempi dell’attesa, la curiosità, la ricerca, la lentezza. La maggior parte di noi è stanca, stressata, risucchiata da orari severamente scanditi da orologi.


Un tempo, però, non era così. Ricordiamo che c’è stato un periodo della nostra vita – l’infanzia – in cui non avevamo l’ansia del tempo, né l’ossessione della velocità.


Poi, con la crescita e l’approfondimento delle nostre responsabilità, abbiamo dovuto fare i conti con gli impegni, con la fretta, con le innumerevoli cose da fare, con i tempi sempre più stretti e col terrore di non farcela.

Talvolta, per sfuggire alla quotidianità iperfarcita di impegni e frustrazioni, ci rifugiamo nei ricordi di un’infanzia lontana, di un tempo perduto in cui si stava anche “senza far nulla”. Se ci si annoiava, era quella una sfida, un’occasione in cui inventarsi un modo per non sprofondare nella tristezza.


Non c’erano i giochi attraenti e accattivanti di oggi e allora si inventava, si creava, si costruiva, si immaginava. Da soli o con gli altri.

Bastava poco per accendere la fantasia: ascoltare una storia, giocare a nascondino, con le figurine o con le bambole. I bambini vivevano il loro tempo mettendo in atto tutte le energie e dedicandosi prevalentemente al gioco insieme agli altri e all’aria aperta.


Non è più così per i bambini della nostra epoca, evidentemente.

Se diamo uno sguardo ad una giornata-tipo di un bambino in età prescolare o scolare, ci rendiamo conto di come anche l’infanzia sia scandita da orari e impegni e quanto sia intrappolata in schemi predeterminati.

L’agenda della maggior parte dei bambini è fittissima di impegni. Otto ore tra i banchi di scuola, seduti in aule sempre meno capienti e sovraffollate. Subito dopo la scuola, soprattutto col tempo pieno, ci sono la palestra (danza, judo, karate, hip-hop, ginnastica ritmica, artistica, ecc), la piscina, l’inglese o il cinese cui si potrà poi aggiungere anche il catechismo triennale. La sera si torna alle 19,30, il tempo di fare il bagno, cenare – quasi sempre con Tv accesa e/o smartphone accanto al piatto, e guai a non rispondere immediatamente all’eventuale messaggio – e via davanti a Tv, videogiochi o altro.


Restano il sabato e la domenica, giorni di riposo con un genitore, o con entrambi, nei casi fortunati. Ma ci sono i compiti a casa, ed è giusto che sia così, visto e considerato che col tempo pieno essi non vengono assegnati negli altri giorni della settimana. Dovranno pur abituarsi, questi bambini superimpegnati, allo studio a casa, alla rielaborazione lenta e costante di quanto affrontato.


I genitori, dal canto loro, sono costretti a svolgere tutti gli impegni rimandati durante una settimana di corse – gestione della casa, commissioni, relax – e si ritrovano, talvolta, a non avere tempo neppure nel week-end.

Poco tempo dunque, anche e soprattutto da dedicare ai bambini, stando veramente con loro, parlando, passeggiando, leggendo, raccontando, inventando storie oppure oziando insieme.


Non va meglio per i piccoli che seguono il modulo antimeridiano. Stanno in classe cinque ore svolgendo tantissime attività, spesso poco collegate tra loro, purché riempiano gli spazi e non lascino loro alcuna tregua. Anche perché, i bambini di oggi, iperattivi e ipercinetici, non possono essere lasciati neanche un secondo nell’ozio. Occorre impegnare ogni loro istante.


Questi bambini tornano a casa e consumano il pranzo in famiglia, con la mamma o la nonna o altri. Il pomeriggio è intenso con tantissimi compiti, già nelle prime classi, e non sempre stimolanti e realmente costruttivi. E bisogna sbrigarsi, perché alle 17 ci sono le attività sportive!


Il risultato di tutto questo correre a ritmi estenuanti e questa saturazione delle giornate è rappresentato da bimbi sempre più isterici, poco inclini all’ascolto, veloci, dinamici, ma fondamentalmente insoddisfatti e annoiati.

Sembra di assistere a un processo di “adultizzazione” dei bambini. Sempre di corsa e stressati da mille impegni, sembrano piccoli adulti ingabbiati, la cui creatività e spontaneità restano bloccate.


Questo fenomeno di “adultizzazione” dei bambini è evidente in molti settori, come per esempio il vestiario, il tempo libero, il cinema.

I negozi d’abbigliamento propongono capi per bambine di sei/sette anni simili a quelli destinati alle preadolescenti e adolescenti.

In un’unica fascia d’età viene racchiuso il target sei/tredici anni.

A ben guardare, la bambina di sette anni che indossa leggin e maglione nero con stivaletti in pelle, non è dissimile, se non per statura e fattezze fisiche, a una trentenne o quarantenne.