capitolo III

Il pensiero magico
e Internet

Alterazione del pensiero magico e dissociazione

Il mezzo digitale, e in particolare la connessione a internet, offre a tutti noi una possibilità grandissima: rifugiarci in un altrove e avverare in un certo senso le nostre fantasie.


Grazie ad internet possiamo realizzare dei sogni, primo fra tutti quello dell’ubiquità: essere nello stesso momento in più posti per non perderci nulla.

Con il flusso continuo e inarrestabile di informazioni, possiamo accedere a tutti i settori dello scibile pur non avendo le competenze specifiche. Basti pensare alle informazioni di tipo medico-scientifico che ci permettono spesso di improvvisare diagnosi al comparire di un minimo sintomo.


Con internet possiamo essere qualcun altro, fare o dire tutto ciò che non riusciamo a fare o dire nella vita reale. Il tutto restando fermi, senza muoverci né sforzarci di essere perfetti. Basta un click o un touch!

Essere fermi in un posto e vivere contemporaneamente in più dimensioni, vivere altre vite, come accade per esempio nei giochi di simulazione come Second Life o Sim City, far finta di essere diversi da ciò che si è, sono tutte situazioni che automaticamente allontanano dal reale e che rappresentano la realizzazione di sogni e fantasie umane.


Chi di noi non ha mai desiderato l’annullamento delle distanze geografiche per raggiungere qualcuno a cui si tiene, in qualsiasi istante? Chi di noi non ha mai temuto di fare brutte figure in un incontro reale, perché non in forma fisicamente o troppo timido per esporsi? Internet ci permette di essere in più posti allo stesso momento, di parlare con una persona e, nello stesso tempo, con decine di altre persone in altrettanti posti del mondo.


In una parola internet ci dona l’onnipotenza, ci consente di rompere schemi, limiti, barriere di ogni genere. Ci permette di andare oltre il reale, ci consente il possibile e l’impossibile. Con la rete riusciamo a materializzare l’assenza, a rendere possibile ciò che è impossibile, reale ciò che è virtuale.


Internet ci protegge e ci permette di celare i nostri difetti (il corpo è escluso dalla comunicazione digitale) e le nostre paure; ci fa risultare perfetti, ben integrati, persone di successo. Ci consente di realizzare tutto senza muoverci, né stancarci, impegnando la nostra mente, ma non il nostro corpo.

Mente e corpo, dunque, si dissociano calandoci in una realtà virtuale che solo per certi aspetti riprende quella materiale.


A mano a mano la rete ci distacca dalla realtà, facendoci perdere le dimensioni spazio-temporali che contraddistinguono il reale, l’essere “con i piedi per terra”, il pensiero logico, andando così a modificare anche le nostre capacità di elaborazione cognitiva.


Alterando il senso dello spazio e del tempo, internet rappresenta il canale d’accesso ad una dimensione fittizia e costituisce un vero e proprio allontanamento con il rischio di un distacco, soprattutto se parliamo di bambini e ragazzi.


Il bambino ha bisogno di evadere dalla realtà in un mondo immaginario e lo fa attraverso il gioco e le storie fantastiche, come si è visto nei capitoli precedenti. Il gioco costituisce, in tutte le sue forme, un momento di evasione e, a seconda dell’età evolutiva, un’occasione di apprendimento, di socializzazione, di svago.


Nel gioco simbolico il bambino interpreta dei ruoli, finge di essere qualcun altro e mette in atto un copione che poi potrà vivere nella realtà; a più dimensioni, il far finta di può essere più o meno vicino alla vita reale.

Nel gioco sociale il soggetto entra in contatto con il prossimo e impara a rispettare le regole, a confrontarsi, a scontrarsi e a trovare soluzioni per giungere all’accordo e permettere il funzionamento del gioco.


Nel gioco di squadra, il benessere collettivo è prioritario rispetto a quello individuale e ogni azione del singolo va progettata e messa in atto con delle ricadute sul gruppo. Il gioco individuale – che a prima vista potrebbe essere paragonato a quello online poiché manca la componente sociale – ha, rispetto al digitale, la caratteristica di impegnare il bambino in un’attività creativa dove l’immaginazione s’accende e fa mettere in atto le sue risorse; nulla è predeterminato, non c’è un copione, non c’è una trama.


Nei videogame le cose sono totalmente diverse. Innanzitutto il bambino interagisce con uno schermo prima che con gli altri. Sebbene molti giochi siano “sociali”, di fatto ciascun partecipante si interfaccia con un dispositivo. In tali modalità ludiche, prevale l’individualismo e non la collettività.


L’obiettivo di molti videogiochi che attirano i bambini è annientare il nemico e accumulare punti. Si tratta soprattutto di giochi di ruolo, spesso violenti, in cui bisogna creare un avatar e che possono favorire situazioni di dissociazione, nonché la formazione di pensieri disturbanti e patologici, laddove ve ne sia predisposizione.