capitolo viii

Il bambino distratto e che disturba
è un malato?

Il Ritalin, la pillola dell’obbedienza

Pensate che gioia per i genitori vedere i bambini sorridere sempre quando a loro va a genio, o tranquilli quando si torna a casa dal lavoro, obbedienti, concentrati nello studio, mai capricciosi.


Un bambino troppo agitato o che si concentra poco, si distrae passando spesso da un’attività all’altra, rischia di essere classificato come affetto dalla sindrome da deficit di attenzione, iperattività e impulsività o ADHD (Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder), o più semplicemente ADD (Attention Deficit Disorder), è la sigla della sindrome da deficit di attenzione e iperattività. Per diagnosticare questa sindrome ci si basa essenzialmente sul Diagnostical and Statistical Manual, 4° edizione (Dsm-4a) redatti dall’Apa (Associazione Psichiatri Americani) nel quale vengono descritti diciotto comportamenti facilmente riscontrabili in qualsiasi bambino vivace.


L’unica differenza è che ognuno di questi comportamenti viene preceduto dall’avverbio spesso, un avverbio assai poco oggettivo; riporto qui alcune delle domande del test:

  • “muove spesso le mani o i piedi o si agita sulla sedia?”

  • “è distratto facilmente da stimoli esterni?”

  • “spesso ha difficoltà a giocare quietamente?”

  • “spesso chiacchiera troppo?”

  • “spesso spiattella le risposte prima che abbiate finito di fare la domanda?”

  • “spesso sembra non ascoltare quanto gli viene detto?”


Tale manuale afferma inoltre che per poter formulare una diagnosi di ADHD è necessario che un insieme di sintomi duri almeno per sei mesi.

I convinti assertori della ADHD parlano di un “disturbo neurobiologico” ma non sono in grado di specificare le lesioni anatomiche, l’alterazione funzionale alla base del disturbo, né tantomeno gli esami di laboratorio che ne permettano la rilevazione con sensibilità e soprattutto con assoluta specificità. Di conseguenza la diagnosi di ADHD non è una diagnosi neurologica bensì una diagnosi di comportamento.


Ma in realtà quella di ADHD è una diagnosi da esclusione, nel senso che quando un medico non riesce a spiegare i sintomi o a individuare la causa o il disagio che provoca quei sintomi, allora può ricorrere alla diagnosi di ADHD, nella quale rischiano così di venire inquadrati molti bambini che stanno solo esprimendo un disagio esistenziale.


Quando in un bambino si manifesta un comportamento difficile o eccessiva tristezza c’è anche sempre un motivo profondo che va indagato, e che spesso ha le radici nella relazione con i genitori o con l’ambiente che lo circonda; di conseguenza il vero lavoro degli psichiatri dovrebbe essere quello di comprendere il mondo dei piccoli invece di imbottirli di farmaci.


È importante prendere coscienza che ormai sono le case farmaceutiche a decidere dove finisce la salute e comincia la malattia, e troppo sovente gli scienziati che definiscono le nuove malattie sono nei loro libri paga. E così prima negli Stati Uniti e poi in Europa viene reintrodotto il Ritalin, cioè il metilfenidato, classificato in Inghilterra tra le 20 droghe più pericolose in assoluto, così come negli anni precedenti si cominciò a utilizzare il Prozac anche in ambito pediatrico.


La commissione britannica Science and Technology Committee, che ha la funzione istituzionale di consigliare il governo su tutto ciò che riguarda le questioni scientifiche di interesse nazionale, basandosi su criteri scientifici e indipendenti, ha raggiunto risultati che appaiono rivoluzionari e tendono a rivedere il sistema di classificazione generale degli stupefacenti. Dal rapporto emerge l’interferenza di ragioni politiche, culturali ed economiche nelle classificazioni – operate dalle autorità statali – circa la pericolosità delle droghe e di alcuni farmaci. Tali classificazioni invece si sarebbero dovute basare solo su criteri scientifici e sperimentali, e certo non per le pressioni di gruppi d’interesse, quali sono gli stessi produttori, o per timori, desideri e convinzioni errate inculcate da questi nella cittadinanza.


Nonostante le pressioni e gli inviti alla prudenza di una buona parte della comunità scientifica e della società civile, il Consiglio d’Amministrazione dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), presieduto da una ex alta dirigente di Farmindustria – l’associazione che raggruppa le industrie farmaceutiche –, ha autorizzato nel marzo del 2007 la reimmissione in commercio nel nostro Paese del Ritalin, che 15 giorni prima la Food And Drug Administration americana aveva fatto oggetto di un pesante avvertimento per i potenziali rischi di ictus, crisi maniaco-depressive, complicazioni cardiache e morte improvvisa anche su bambini in cura a normale dosaggio terapeutico.