L’antefatto
Un’epidemia di influenza suina si verificò nel 1976 tra i soldati di Fort Dix, New Jersey (USA). La malattia colpì circa 200 soggetti, in buono stato di salute, causando quattro casi di polmonite e un decesso. Il tasso di mortalità sembrò essere molto alto, e il governo diede inizio a una campagna senza precedenti per immunizzare tutti gli americani contro l’influenza suina: il National Influenza Immunization Program. Finanziato dal Congresso attraverso uno stanziamento di 135 milioni dollari, fu affiancato da una legislazione speciale in materia di responsabilità delle ditte farmaceutiche produttrici del vaccino. L’epidemia non si diffuse tra la popolazione, ma furono immunizzate più di 40 milioni di persone tra polemiche, controversie, problemi amministrativi, complicazioni legali, e soprattutto con una progressiva perdita di credibilità delle autorità di salute pubblica. Il programma fu sospeso per l’elevato numero di effetti collaterali (532 casi di sindrome di Guillan-Barré1), dopo la segnalazione della morte di 32 vaccinati. È plausibile ritenere che il piccolo focolaio epidemico sia stato causato dalla fuga accidentale del virus da un laboratorio di ricerca2.
Una valutazione ufficiale di quanto accaduto denunciò l’eccessiva sicurezza degli esperti nel formulare teorie ardite basate su scarse evidenze; la possibilità che gli interessi personali possano essere determinanti nelle decisioni operative; il bisogno di alcuni opinion-leader di apparire; la fretta nel prendere decisioni prima di conoscere a fondo il problema; la scarsa capacità di cambiare i programmi operativi davanti a evidenze nuove; l’incertezza di alcuni modelli statistici; l’insufficiente capacità di rapportarsi con i media e fornire informazioni equilibrate alla popolazione3.
Trenta anni dopo la storia si ripete, questa volta su scala mondiale.