Alimenti per bebè? Un concetto superato

Però, come sono furbi i bambini! Preferiscono una dieta sana, varia e simile a quella degli adulti piuttosto che le pappe.
Carlos Gonzàlez
Lasciamo che il bambino si svezzi da solo durante i pasti dei genitori chiedendo e ottenendo dei piccoli assaggi.
Lucio Piermarini

Abbiamo parlato degli alimenti pronti per la prima infanzia, definendoli utili in casi di necessità, ma specificando che la pappa casalinga è una soluzione preferibile. Ad oggi, però, pare proprio che il concetto stesso di pappa – sia di produzione industriale che fatta in casa – stia pian piano tramontando. Ma facciamo un passo indietro. L’avvento delle pappe è collegato storicamente al declino dell’allattamento al seno: fino agli anni cinquanta, infatti, lo svezzamento – che oggi viene vissuto come un momento di passaggio delicato, spesso accompagnato da ansie e aspettative non indifferenti – avveniva in modo del tutto spontaneo seguendo i segnali del bambino, senza schemi e rigide tabelle di marcia, e con cibi normali, gli stessi con cui si nutriva il resto della famiglia. Come si è arrivati quindi all’utilizzo di alimenti ad hoc per i bebè?


Il pediatra Lucio Piermarini, in un articolo pubblicato sulla rivista bimestrale “Un pediatra per amico”13, spiega: questa storia è iniziata circa mezzo secolo fa con il progressivo abbandono dell’allattamento al seno, nella convinzione senza alcuna prova che il latte materno a partire dai 2-3 mesi di vita, non fosse più adeguato alle esigenze di crescita dei bambini, e andasse quindi integrato con altri alimenti. Così da uno svezzamento tardivo, affidato all’esperienza familiare e con alimenti domestici, si passò a svezzare i bambini piccolissimi; perciò, consapevoli di trovarsi di fronte a un apparato digerente e un sistema immunitario ancora immaturi, si dovette ricorrere ad alimenti speciali ad alta digeribilità, confezionati in maniera sterile; per la stessa ragione si raccomandava un’introduzione graduale dei vari alimenti per poter individuare tempestivamente il responsabile di eventuali problemi. Anche queste scelte alimentari furono fatte senza sapere se avrebbero potuto avere qualche conseguenza negativa, visto che non esistevano precedenti su cui basarsi. Con gli anni si prese lentamente coscienza dei danni prodotti da questa fretta immotivata di sostituire il latte con le pappe (infezioni intestinali, allergie, obesità) e, sotto la spinta di organizzazioni sanitarie nazionali e internazionali (Organizzazione Mondiale della Sanità, Unicef), iniziò il cammino inverso, fino alle attuali raccomandazioni di proseguire l’allattamento al seno esclusivo fino a sei mesi.


Ora, il punto è, dato che certi tipi di alimenti erano stati “inventati” per bebè di tre-quattro o cinque mesi, il loro utilizzo non è più necessario per bambini che hanno invece superato il sesto mese di vita, il cui apparato digerente è sufficientemente maturo per digerire cibi normali, purché proposti con gradualità e cucinati in modo adeguato (no ai fritti, ai condimenti, al sale, ecc.).


Creme, pappe pronte e cibi omogeneizzati sono, infatti, indispensabili per un bimbo che non è ancora pronto per gli alimenti solidi, ma un bambino che, nel secondo semestre di vita, si mostra interessato al cibo (ad esempio allungando le manine per afferrare ciò che vede nel piatto dei genitori), è in grado di stare seduto, riesce ad usare le mani per portare qualcosa alla bocca14, può iniziare tranquillamente ad assaggiare della frutta di stagione, ortaggi e verdura cotti al vapore e schiacciati per lui in modo da ottenere una morbida purea, e succhiare un pezzo di pane.