CAPITOLO XIV

Voci di esperti

Gravidanza e parto, eventi “naturali”?

L’eccessiva medicalizzazione che riguarda gravidanza e parto, purtroppo non è certo una novità. A cominciare dalle visite ostetriche durante l’attesa: troppo spesso si ignora quanto indicato anche dalle linee guida dell’OMS e cioè che l’esplorazione vaginale, digitale o con lo speculum vaginale, non è utile se non ci sono motivi specifici (come potrebbero essere delle perdite di sangue, contrazioni uterine o sensazioni dolorose segnalate dalla donna) che la rendano necessaria. Molto meglio controllare la pancia dall’esterno, misurare la pressione, ascoltare la futura mamma, raccogliere informazioni sul suo stile di vita e offrire una risposta attenta ed esauriente ai suoi dubbi, oltre che informazioni corrette sulla gravidanza e sul parto.


Gli eccessi riguardano spesso anche gli esami, a volte troppo numerosi e inutili, e naturalmente i controlli ecografici. Le ecografie consigliabili nell’attesa dovrebbero essere non superiori a tre, ma le donne italiane vengono sottoposte in media a sette controlli. Non solo. Le ecografie potrebbero essere anche solo due: la prima (quella che si esegue entro la dodicesima settimana di gestazione) è utile laddove la datazione sia un problema, perché riduce il rischio di induzioni inappropriate al termine della gravidanza e per controllare il numero di embrioni, ma non sarebbe, per esempio, indispensabile nei casi in cui la futura mamma abbia sempre avuto un ciclo regolare e sappia quando è avvenuto il concepimento. L’ecografia che si esegue verso la 22esima settimana, conosciuta come morfologica – ma tutte le ecografie lo sono! –, è la più importante e permette di osservare gli organi fetali in dettaglio per diagnosticare eventuali anomalie. Potrebbe, invece, non essere indispensabile – tranne in casi particolari in cui ci siano problemi di crescita o di salute –, la terza ecografia che valuta lo sviluppo del bebè in rapporto all’età gestazionale. Per controllare lo sviluppo fetale è infatti sufficiente misurare (con un centimetro flessibile posato sull’addome) la distanza tra il fondo dell’utero e la sinfisi pubica. Vale la pena, infine di ricordare, senza alcun allarmismo, che ad oggi non è ancora stata compiuta una verifica accurata delle possibili conseguenze degli ultrasuoni emessi da apparecchiature sempre più potenti, se utilizzati con eccessiva frequenza.


Per quanto riguarda il parto e l’alto tasso di cesarei, servono più formazione per gli operatori e più informazione per gli utenti. È necessario, in ogni gravidanza, separare la patologia dalla fisiologia: la prima è infatti competenza del medico, la seconda dell’ostetrica. All’ostetrica compete anche l’assistenza al travaglio-parto a basso rischio, mentre l’insorgenza di situazioni di rischio per la salute della madre o del bambino deve essere condivisa con il medico. Le evidenze scientifiche hanno dimostrato l’efficacia del sostegno e del supporto emotivo e la ricaduta positiva dei corsi di accompagnamento alla nascita. È necessario cambiare la mentalità: il cesareo presentato da certi professionisti come una soluzione ideale, rapida, programmabile, in realtà è – quando non appropriato – più rischioso di un parto spontaneo per via vaginale. Nonostante ciò e nonostante l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomandi di contenere entro il 10-15% il tasso di tagli cesarei, in Italia 4 bimbi su 10 nascono, oggi, con un intervento chirurgico. La distribuzione regionale italiana di tagli cesarei varia da regioni in cui raggiunge il 52,8% ad altre in cui è contenuta entro il 22% ed entrambi sono dati medi. “Lieto evento?”.

Enzo Espositoginecologo a Lugo