Di gianni nuti

Prefazione

Mi rivolgo a te, pellegrino che hai avuto l’ardire di scegliere tra gli scaffali di una libreria o nell’abisso del web questo libro, non ti sei fermato alla copertina ma hai osato aprire e leggere: prosegui, anzi guarda verso il fondo, spulcia una scheda, ascolta la musica del Cd e abbandònati. Solo dopo che ti sei lasciato incantare dalla musica e ti sei chiesto il perché di questo rapimento, allora leggi la prima parte e troverai risposte, ma anche interrogativi, suggerimenti per andare oltre in questa originale, antichissima avventura salpando verso l’orizzonte con le tue personali scialuppe.


Questo è un diario di memorie lontane, incise nel corpo di ognuno di noi mentre, come dice il poeta, “tutto d’accanto ti sciaborda, sbattono / le tende molli, un fruscio immenso rade / la terra, giù s’afflosciano stridendo / le lanterne di carta sulle strade”. Nella tempesta della modernità, pellegrino senza méta, cerca un’oasi per raccoglierti e sospendere il tuo tempo, insieme a una vita che inizia e del tempo non ha cognizione, perché è immersa in un eterno presente.


Lì troverai, nelle quattro sezioni in cui sono suddivisi i canti, le quattro cose che avevi perduto e andavi cercando:

  • il tuo corpo, i suoi umori, le sottigliezze che il tatto ridesta, le ombre, le tensioni e le dolcezze…;

  • il tuo desiderio di andare, di perderti e ritrovarti, di affacciarti sui precipizi e di sederti sulla terra ferma appena dopo;

  • il tuo bisogno di una presenza intima e confortante quando stai passando il guado, stai voltando l’angolo verso un paesaggio ignoto e cerchi un contatto, pelle a pelle, caloroso e unificante;

  • infine, la volontà di liberarti dal corpo, di trascendere per ricongiungerti con le ceneri degli astri, avviluppandoti dentro una vertigine che annulla i confini, esorcizza le pene che la coscienza alimenta, goccia dopo goccia, ricordandoti che devi morire.

L’autrice che ha pensato e desiderato questo lavoro − io la conosco da molto tempo, caro pellegrino − è arsa, fin da giovanissima, da due distinte fiamme di un solo fuoco: quello della passione per la musica semplice e quella della volontà di capire, di cercare una ragione ultima di questo potere nascosto. Cantami ancora! fa convergere le fiamme armoniosamente e accende tutte le persone che si avvicinano di una chiarità fatta di pensieri, consigli, suoni e gesti puntuali, ma non chirurgici, separati in più voci, in ruoli distinti, eppure fusi insieme con una coralità discreta, capace di agire e ascoltare insieme.


Un lavoro come questo non può smaterializzarsi come si usa fare di recente: deve essere fatto di cellulosa, deve avere un odore e un volume, deve trasudare di materia forgiata dall’uomo perché è come una lampada magica: va sfregata, scossa dal tuo occhio curioso.


Se ci provi, ti accorgerai tu, che sei abituato alle metropoli, alle velocità e a saltare da un non-luogo a un altro, che il clima effuso dalle pagine e dai suoni è quello di un piccolo villaggio, dove, con calma, una comunità solidale è impegnata a risvegliare affetti e coreografie vitali in una creatura fragile e forte insieme, che racchiude tra contorni piccoli e sottili una storia densa e potente, quella di tutti noi, dei nostri padri, dei padri dei nostri padri… E lo fa con naturalezza e spirito libero, senza accanirsi al capezzale di un malato come i dotti, i medici e i sapienti, ma facendo della musica e della danza un piccolo teatro di amorevolezza.


Férmati pellegrino, prendi per mano il tuo piccolo compagno di viaggio e concediti un’oasi amorosa solo per voi: troverai infiniti mondi in un corpo solo, vivente: il tuo, il suo, uniti.

Gianni Nuti,

musicista, pedagogista, musicologoUniversità della Valle d’Aosta