Prima parte - III

La ricetta del dottore

di Costantino Panza

Un caloroso saluto a te, caro lettore. Sono un pediatra, e che cosa ci fa un pediatra in un libro di canti e danze per bambini? Sembrerebbe fuori posto, non ci sono malattie e nemmeno terapie in queste pagine. Hai ragione, caro lettore, ma mi propongo di spiegarti perché, dal punto di vista del medico che cura i bambini, cantare, danzare e parlare fa bene alla loro salute.

I bambini hanno sempre fame. I lattanti ancora di più

Quello di crescere è il mestiere di ogni bambino. E il latte della mamma serve proprio per una brillante crescita. Il latte umano è fatto apposta per essere digerito velocemente: 8-12 poppate al giorno (ma in realtà non c’è limite) sono la norma per ogni cucciolo d’uomo. E appena sentono fame, anche ogni due ore, iniziano a chiamare la mamma per dirle che hanno bisogno di sentire il pancino ancora pieno di latte. Come chiamano la mamma se ancora non parlano? In realtà i lattanti parlano, già appena nati: qualcuno lo chiama pianto. Noi preferiamo parlare di vocalizzi, più o meno intensi, sussurrati o urlati, gorgoglii o bisbigli che escono dalla bocca, talvolta in modo a noi inaspettato. La natura ci ha costruito proprio così: lattanti a cui piace vocalizzare sempre, nel bene e nel male, e per qualsiasi cosa, dalla fame al bagnato, dal caldo al rumore. Vocalizzano in continuazione e richiedono la nostra attenzione. Non è facile fare il genitore perché ci vuole pazienza ed essere sempre disponibili. E nessuno in verità lo ha mai detto. Non è facile ogni volta dare soddisfazione a un bambino piccolo, che ancora non parla la lingua degli adulti e non può spiegare quello che vuole o quello che non vuole. Un modo tuttavia per comunicare con il nostro cucciolo c’è, solo che non lo sfruttiamo abbastanza ovvero, sfortunatamente, nemmeno sappiamo di poterlo utilizzare: la melodia del canto e della danza.


Non passa giornata in ambulatorio che non senta una mamma o un papà che si lamenta: «Perché non fa delle pause di almeno 3-4 ore tra una poppata e l’altra?», «Non vuole dormire di giorno, non so cosa fare!» domandano angosciati. La preoccupazione nasce dalla stanchezza e dall’impegno senza fine nel prendersi cura del piccolo. Paura di non farcela, la stanchezza per mille cose da fare, pochi aiuti intorno a sé e così via. Ma il mestiere del bambino, soprattutto nei primi giorni, nei primi mesi, nei primi anni di vita è proprio questo: stare il più possibile vicino al proprio genitore, instaurare continue conversazioni fatte di latte, di cibo, di vocalizzi, di sorrisi, di richieste e di molti, molti giochi. Come pediatra, invece, sono io a preoccuparmi quando la mamma racconta con un bel sorriso: «Mangia e dorme, è come se non ci fosse», oppure: «È così bravo, non ci accorgiamo che c’è». Ahimè, c’è qualcosa che non va in queste famiglie dove l’assenza di conversazioni, interpretata come buon segno di salute, può essere invece la spia di una relazione tra mamma, papà e bambino che fatica a costruirsi. Anche in questo caso la cura per iniziare a conoscersi e chiacchierare insieme passa per la melodia, il suono, il movimento di una danza.