Canto per te
Il canto rivolto al bambino è un atto spontaneo, naturale e universale, ma c’è chi lo sente subito come un proprio strumento di comunicazione e chi
invece ha bisogno di un po’ di tempo per appropriarsene. C’è anche chi, pur amando la musica, non riuscirà mai a cantare per qualcuno, forse perché
nessuno ha mai cantato per lui.
Ci capita spesso di sostenere una conversazione con altri adulti e di parlare rivolti ai bambini più grandi. Ma quando si tratta di rivolgersi ai
bambini piccoli, ci rendiamo conto che accade qualcosa di diverso alla nostra voce: l’adulto sa per istinto che per attirare e sostenere l’attenzione
del bambino, per incontrarlo davvero, deve parlare in un modo assolutamente unico, con toni di voce che non userebbe mai in altri contesti. I genitori
lo sanno e, intuitivamente, rendono le proprie narrazioni più musicali, sembrano cantare: improvvisano, come veri musicisti, in quel linguaggio musicale
che gli studiosi chiamano il “maternese”. Allungano le vocali alla fine della parola, usano toni più acuti e, se volessimo disegnare nell’aria i segni
che questo discorso lascia, li potremmo rappresentare come slanci di colore, scoppiettanti linee che cambiano spesso direzione e si colorano di
dolcezza.
E che cosa accade quando cantiamo? Perché in tutto il mondo e in tutte le epoche si canta per i propri figli? Perché è più facile per il bambino
addormentarsi al canto di una ninna-nanna? E ancora, perché quando cantiamo e guardiamo negli occhi il nostro bambino, lui ci guarda rapito, immobile e
sembra che il tempo smetta di scorrere nel solito modo?