capitolo xi

Come i bambini
fanno crescere gli adulti

Dimmi chi ami e ti dirò chi sei

Arsène Houssaye1

Anna si sentiva del tutto sconfitta e supplicava le persone attorno a lei: “Non c’è altro che potete fare per me?”. Le precedenti dieci ore della sua vita le avevano riempito il corpo di dolore, il cuore di aspettativa e la mente di dubbi.

A mezzanotte, il suo corpo aveva deciso che era arrivato il momento. Mentre il marito iniziava a contare le contrazioni, lei gli aveva detto di preparare la borsa seguendo la lista delle cose stabilite. Mentre Gregg contava i secondi, dividendo la propria attenzione fra Anna e l’orologio, aveva letto: “Mettere in borsa vestiti comodi e ampi.”. Con il peso della responsabilità di fare tutto per bene, andava avanti mostrando pantaloni e maglie per l’approvazione. A un certo punto è stato colto dalla feroce esclamazione di Anna: “Non mi dirai che quello ti sembra comodo!!”. E così, nelle prime ore del mattino, ecco che Gregg e Anna hanno iniziato il viaggio verso la genitorialità - insicuri, determinati, eccitati, sopraffatti e in impaziente attesa del figlio che già amavano.

Al sorgere del sole, la madre di Anna e la doula erano arrivate per scortarli in ospedale. Dopo sette ore di travaglio le contrazioni erano ogni minuto e mezzo; Anna ne aveva avute dieci durante il viaggio in auto. “Avevo guardato l’orologio - 6,52 - questa era tutta gente che andava al lavoro? Il mondo intero si comportava come se nulla fosse, come se questo fosse stato un giorno come un altro! Ma non vedevano che ero in travaglio? Volevo muggire come Fezzik in La Storia fantastica - MUOVETEVI TUTTI QUANTI! - e arrivare subito in ospedale!”

All’ospedale, le sue preghiere di trovare sollievo al dolore le avevano fatto avere del gas: “Ero diventata così dipendente da quel gas che era diventato il mio modo di respirare, prendevo respiri profondi con l’aiuto di Gregg!” Dopo due ore e mezza le avevano detto che il travaglio non procedeva, era bloccata in un movimento perpetuo di dolore ed esasperazione. Per la prima volta da quando il travaglio era iniziato, Anna si era sentita sconfitta, come se non avesse più alcun controllo sulle cose - “Stava succedendo proprio a me!”

Anna ricorda con chiarezza il momento in cui la situazione ha iniziato a cambiare; la doula l’ha guardata con franchezza e le ha detto: “Sei tu che lo stai facendo!”. Anna dice: “Per qualche ragione ha fatto scattare la sensazione che potevo farlo, che stavo facendo tutto quello che era necessario fare!” Il travaglio si è trasformato quasi subito; in mezzo al dolore intenso, Anna ricorda di essersi sentita di nuovo come un partecipante attivo. Era come se “il mio corpo rispondesse e io cominciassi a fare le cose soprattutto grazie all’intuito, ad essere meno reattiva!”. Con il senno di poi racconta che la cosa più difficile era di doversi “comportare da persona matura e non entrare nel panico, cercando di capire che più combattevo più sarebbe stato difficile. Dovevo lasciarmi andare e attraversare il dolore in qualche modo”. Per le due ore successive, ad ogni respiro, Anna si era concentrata su poche parole guida. Aveva parlato a suo figlio e gli aveva ripetuto di continuo: “Sei benvenuto, sei benvenuto, sei benvenuto!”. Ed è stato sull’onda di questo generoso invito ad esistere che Matthew era venuto al mondo.

Ascoltando la storia di Anna, sono stata spinta a considerare tutto quello che comporta diventare genitori - il fatto che sia un’esperienza di trasformazione, che altera la vita intera. C’è il dolore, la fatica, l’esasperazione, la frustrazione, la preoccupazione, l’agonia, la sconfitta, il senso di sopraffazione e l’attesa che non sembra finire mai. Ma c’è anche l’innesco di istinti profondi e di emozioni che spingono e incitano il genitore dandogli fiducia, portandolo a scoprire che è la risposta perfetta per il proprio figlio. Al di là del modo in cui si diventa genitori - attraverso un’adozione, un parto cesareo o uno vaginale - l’attivazione di questi istinti e di queste emozioni è il modo in cui i bambini piccoli fanno crescere i genitori. Forse non avremmo voluto un’esperienza di crescita, una mappa dettagliata delle nostre imperfezioni, né un riflettore puntato sulla nostra immaturità, ma è proprio questo che succede quando si cresce un bambino. Come ci assumiamo la responsabilità dell’accudimento e della cura ecco che siamo catapultati nella genitorialità. Essere genitori è ben più di una semplice lista di cose da fare; riguarda ciò che siamo per i nostri figli e chi diventeremo amandoli.