La nostra relazione all’inizio è stata quella fra studente e insegnante. Deborah ha fatto presto a capire la teoria evolutiva, così come ha afferrato
subito le implicazioni di un approccio alla genitorialità fondato sull’attaccamento. Subito dopo aver compreso la portata di queste conoscenze, ha
insistito per condividerle con il maggior numero di persone possibile, e sono davvero felice che si sia assunta questo compito.
La sicurezza con cui Deborah ha dominato la teoria evolutiva dell’attaccamento è stata straordinaria. Ma quello che più mi ha colpito nei primi tempi
della nostra relazione è stata la sua capacità di elaborazione pratica del materiale. Intuiva il passaggio dalla teoria alla pratica. Tenendo fermo il
quadro generale di riferimento, era in grado di tradurre la teoria nella più concreta delle applicazioni. Mentre io ero ancora fermo al pensiero, ecco
che lei si era mossa verso una miriade di traduzioni pratiche, pur senza perdersi nei dettagli o farsi trascinare in avventure caotiche.
Da allora, i nostri ruoli si sono in qualche modo rovesciati. Sempre più spesso è lei che detiene lo scettro del condottiero, scorrendo la letteratura
scientifica in cerca di materiale di rilievo e innovativo, richiamando la mia attenzione quando ritiene opportuno farmi leggere qualcosa. Deborah sa
bene cosa sia attuale nella scienza evolutiva, e sa di avere una grande responsabilità nella ricerca della verità a livello scientifico. Una mente
critica e un’inclinazione scientifica sono strumenti essenziali quando si cerca di dare un senso alle cose, soprattutto quando sono fenomeni complessi
come l’attaccamento e l’immaturità.
Apprezzo molto anche il teorico che è in lei. Ho formulato alcuni dei fondamenti dell’approccio evolutivo basato sull’attaccamento, ma lei ha fatto
mostra di notevole brillantezza creativa quando ha elaborato il materiale esistente, lo ha sviluppato e mi ha aperto nuove prospettive.
Non è un compito semplice quello che aspetta i genitori di un bambino piccolo. Come tenere sempre a mente l’attaccamento, dare sicurezza, conservare il
proprio ruolo alfa di guide, assicurare la necessaria tranquillità e pace, sapere quando mettere dei limiti e invitare alle lacrime - il tutto nella
stessa danza? Molti genitori, per quanto premurosi e non sprovvisti della necessaria consapevolezza teorica, rischiano di fallire in questo o
quell’aspetto. Alcuni sono troppo indulgenti e rischiano di perdere il proprio ruolo guida, ritrovandosi con bambini del tipo alfa, ansiosi e bisognosi
di esercitare un controllo. Sono quei genitori che sanno prendersi cura amorevole dei figli ma non riescono a offrire quel contenimento e
quell’accettazione dell’inevitabile che sono essenziali a un sano sviluppo. Altri non esitano nel ruolo di guide e agenti del processo di adattamento,
ma faticano a far arrivare il loro amore quando si sentono frustrati.
Deborah è riuscita nella difficile armonizzazione dei vari aspetti e questo secondo me la rende davvero qualificata a scrivere in merito ai più piccoli.
La padronanza della teoria non è sufficiente quando si tratta d’insegnare agli altri. La competenza teorica deve essere incorporata in quel genere di
danza che consenta alla natura di svolgere la propria meravigliosa funzione con i figli.
Sono due i temi prevalenti del libro: il primo è l’importanza della relazione - del giusto tipo di relazione - quella che consentirà di portare il
bambino a sviluppare tutto il suo potenziale umano. Non dobbiamo mai dimenticare che il contesto naturale in cui crescere un figlio è proprio la
relazione che ha con il genitore o l’insegnante. Quando sorgono difficoltà nella relazione, come quando il bambino oppone resistenza alla prossimità con
l’adulto o si assume il ruolo alfa di guida, nulla andrà per il verso giusto. In passato, la cultura proteggeva la relazione attraverso costumi e
rituali, oggi, purtroppo, questo non avviene più. Da qui la necessità di sviluppare una consapevolezza del fattore relazionale. Si è scoperto che il
periodo fino ai 7 anni è assolutamente decisivo per lo sviluppo della capacità di relazione. È il fattore più importante per la crescita. L’attaccamento
non deve mai essere perso di vista.
Il secondo tema è quello dell’immaturità. Verrebbe da pensare che l’immaturità dei bambini piccoli sia un fatto di per sé evidente. Al contrario, oggi
l’idea di immaturità è fra le più misconosciute e neglette. Ciò che aveva scoperto Piaget - che l’immaturità rende i bambini piccoli creature del tutto
diverse da noi - non ha mai raggiunto davvero la nostra coscienza, quantomeno non abbastanza da cambiare il nostro approccio. Se comprendessimo sul
serio il fattore immaturità, non ostacoleremmo di continuo i più piccoli, non penseremmo che la loro condizione immatura sia una pecca da correggere e
non la puniremmo, consapevoli delle ottime ragioni della sua esistenza in quanto parte del disegno evolutivo.
Uno dei problemi fondamentali dell’uomo è che non tutti crescono pur invecchiando. Questa stasi nella crescita inizia spesso nell’infanzia. Fino a 7
anni ogni bambino ha tutto il diritto alla propria immaturità, la difficoltà sorge quando continuiamo a comportarci come bambini pur non avendone l’età.
Più capiamo l’immaturità dei piccoli - cosa manca e perché -, più siamo in grado di apprezzare le condizioni che favoriscono una maturazione autentica,
meno osteggeremo i bambini e accetteremo meglio la nostra stessa immaturità. Le caratteristiche dell’immaturità sono sempre le stesse, qualunque sia
l’età.
Può sembrare ironico, ma credo che oggi la maggior parte dei genitori si senta troppo responsabile della crescita dei figli. Dimentichiamo che il
processo di maturazione è sempre avvenuto, da ben prima che esistesse un qualsiasi libro o maestro; da ben prima che avessimo la più pallida idea di
come funziona un simile processo, e da prima che esistessero scuole o terapie. La cosa buona è che se i genitori comprenderanno appieno il messaggio del
libro, sapranno apprezzare quel processo evolutivo che può facilitare il loro compito. Non dobbiamo spingere l’acqua del fiume, come molti di noi si
sono preoccupati di fare. Nel momento in cui sappiamo ciò di cui la natura ha bisogno per portare a termine il proprio lavoro, e le forniamo le
condizioni adatte, possiamo rilassarci e assaporare i frutti spontanei che ne nasceranno.
Sono stato davvero felice quando - ormai qualche anno fa - Deborah mi annunciò la sua intenzione di scrivere un libro per far capire la natura dei
bambini piccoli. Le sue figlie le hanno fornito un tesoro prezioso di esemplificazioni e aneddoti. Ma dove trovare il tempo e lo spazio per realizzarlo?
La sua capacità di esposizione l’ha resa un’oratrice molto richiesta nel corso di conferenze e laboratori per i professionisti del settore. La sua
dedizione di madre significava che non erano contemplati compromessi in questo campo. Il libro è, pertanto, non solo un tributo alle capacità di
Deborah, ma anche alla forza trainante della sua convinzione che le conoscenze relative allo sviluppo e alla relazione debbano giungere a chi è
responsabile della crescita dei più piccoli. Nel tentativo di ritagliare uno spazio perché ciò si realizzasse, aveva già abbandonato il suo lavoro come
professoressa universitaria e ridotto la pratica professionale privata. Senza questa irrefrenabile spinta e i sacrifici che di conseguenza è stata
disposta a fare, il libro che avete fra le mani non si sarebbe mai materializzato. Deborah è nella condizione migliore per raccontarvi questa storia,
per condurvi dalla teoria alla pratica. Non potreste essere in mani migliori.
Gordon Neufeld