PARTE SECONDA - IN VIAGGIO VERSO LA SALUTE

Il potere terapeutico
dell'amore

Il massimo grado di medicina è l’amore

Paracelso

L’amore è terapia e nel mondo non esiste altra terapia all’infuori dell’amore

Osho

La vita è meno forte della morte, ma la morte è meno forte dell’amore

G. K. Gibran

Quando conobbi per la prima volta Ellika, la compagna di Manitonquat, ricordo che dissi a me stessa: “Ecco cos’è l’amore incondizionato!”. Se ne parla tanto, se ne legge nei testi dei mistici e degli illuminati ma se non lo si ha mai sperimentato di persona non si riesce a comprendere veramente cos’è…


Quando questa dolcissima donna, che per me rappresenta l’archetipo della Madre, mi guardò negli occhi sorridendomi e mi accolse nel suo abbraccio amorevole durante un lavoro di introspezione al Camp, io finalmente compresi o meglio assaggiai ciò che avevo cercato per tutta la vita… E capii che non sono le tecniche a cui ci affidiamo che ci guariscono, è solo l’Amore! Possiamo possedere tutte le tecniche del mondo ma senza amore non funzionano, non avviene nessun vero cambiamento. Quando invece c’è l’Amore qualsiasi tecnica può essere quella giusta, anzi di una tecnica a volte non c’è nemmeno bisogno…


Lo diceva già Paracelso, medico, alchimista e astrologo rinascimentale: non esiste in pillole nè in fiale intramuscolo, eppure l’amore è la medicina più potente che ci sia. Anzi, come dice Osho, è l’unica e vera medicina che esista e che porti alla guarigione perché la verità è che non c’è guarigione vera senza amore.


Non è scritto nei libri di testo che i medici studiano all’Università, ma chi l’ha vissuto lo sa. Con certezza, senza dubbio alcuno. Tutto il resto è solo un palliativo. Si possono riparare ossa rotte, estirpare masse cancerose, cucire ferite sanguinanti, riequilibrare i livelli di glucosio o uccidere virus e batteri pericolosi ma se l’amore non fiorisce, il problema è solo rimandato: al prossimo giro di giostra. La vita non ha fretta.


Per curare il morbo definitivamente occorre estirparne la radice, scavare fino in fondo là dove tutto ha inizio e non lasciarne traccia. Faticoso il mestiere di contadino… Ci vuole fede, grande come una montagna. Fiducia nel sole che sorge e poi tramonta, nella pioggia che annaffia i campi, nel seme che ha in sé il potere di diventare frutto.


Ci vuole pazienza: ogni pianta ha i suoi tempi per crescere e fiorire. Diverso se semino ravanelli o pianto una quercia, se voglio dar vita a un roseto o far spuntare un tulipano. Bisogna procedere con ordine, senza saltare le tappe: prima va preparato il terreno, girato e rigirato finché non diventa morbido, pronto ad accogliere la vita, solo dopo si può gettare il seme. E poi ci vuole l’acqua e un buon concime e la costanza nel togliere le erbacce che soffocano il virgulto e gli impediscono la strada verso l’alto.


Non c’è guarigione senza amore. È l’ultima tappa, quella finale, quella che estirpa il male. Ma non l’amore appiccicoso o sdolcinato che unisce bisogno con bisogno. Quello vero che si chiama com-passione: sentire insieme, sentire in sé la sofferenza dell’altro. Quello che sgorga all’improvviso come una fontana e spruzza i suoi getti su, sempre più su… Quello che illumina il volto e il cuore e sparge intorno a sé briciole d’azzurro. Quello che dura per sempre, che non avrà mai fine.