Una mamma mi porta la sua bambina in visita: fa fatica ad addormentarsi, si sveglia tantissime volte durante la
notte, cerca il contatto… È una delle problematiche più frequenti che mi ritrovo in consultazione. I genitori sono confusi perché qualcuno ha detto loro
che devono lasciarla piangere e farla dormire nel suo lettino.
La piccola sta bene, cresce regolarmente e mi fa anche dei bellissimi sorrisi mentre chiedo alla mamma di raccontarmi la storia della gravidanza e del
parto, quasi come se fosse felice di sentirsi finalmente onorata e riconosciuta. Ed ecco che a poco a poco mi ritrovo a registrare una storia di guerra,
costellata di cicatrici…
Una gravidanza segnata da problemi di salute, momenti di rabbia e di depressione, un parto prematuro farmacologicamente indotto per patologia materna e
poi finito con un taglio cesareo. Una donna mal-trattata dagli operatori sanitari, umiliata e spaventata dagli stessi, che piangeva dal dolore e che non
ha potuto allattare la sua bambina per un inadeguato sostegno post-partum.
C’è da stupirsi che la piccola faccia fatica a dormire? O che si lasci andare solo tra le braccia della mamma o coricata vicino a lei? È il minimo che
possa richiedere dopo un atterraggio così traumatico! Eppure c’è ancora chi sostiene e va predicando la separazione mamma-bambino con la scusa che il
contatto crea dipendenza e poi “non lo stacchi più”…
E invece è proprio il contrario, come cerco di spiegare ai neogenitori: quando un bambino non riceve ciò di cui ha bisogno nel momento esatto in cui ne
ha bisogno lo cercherà poi per il resto della sua vita, chi invece è stato appagato nelle sue esigenze fisiologiche (perché di questo si tratta e non di
“capricci”) potrà andare sicuro nel mondo perché niente gli farà paura.
Così rassicuro la mamma confusa e le propongo, oltre a qualche fiore e a un rimedio omeopatico, una terapia di contatto intensivo, pelle a pelle, con la
sua bambina. La invito a tenerla vicino a sé nel lettone e a parlarle raccontandole la storia della sua vita prenatale e della sua nascita
rassicurandola che “non è stata colpa sua”, che lei non c’entra niente con quanto è successo e che anche se ci sono stati dei problemi ora loro possono
ritrovarsi e stare bene insieme. Perché i bambini pensano sempre che sia a causa loro se qualcosa è andato storto, si sentono spesso responsabili di
eventi di cui invece sono stati le vittime inconsapevoli.
Certo – mi dico – che se questa mamma l’avessi incontrata un po’ prima, in gravidanza, forse avrei potuto fare qualcosa di più per aiutarla a prevenire
almeno qualcuno dei problemi che hanno costellato la sua gestazione, il suo parto e il suo puerperio…
Una volta, nell’antica Cina, i medici venivano pagati per mantenere in salute i loro pazienti, a testimoniare quanto la prevenzione fosse ritenuta
importante ancora più della terapia.
In effetti il compito del pediatra sarebbe quello di preservare la salute dei bambini che si rivolgono a lui, offrendo loro una serie di attenzioni tali
da far sì che si ammalino il meno possibile. Prendersi cura di un bambino significa non solo curarlo quando sta male ma anche “coltivare” il suo
benessere come si farebbe con un fiore del proprio giardino.
Ed è proprio quello che ho scelto di fare quando tanti anni fa decisi di iscrivermi alla specialità di “Pediatria preventiva e puericultura”.
A volte, mi sono resa conto con il passare del tempo, non occorrono medicine o rimedi particolari ma soltanto indicazioni, consigli, rassicurazioni ai
genitori che spesso sono titubanti, insicuri e preoccupati per la salute del proprio bimbo. Oggi molto più che in passato.
Le mamme sono sempre più ansiose e si rivolgono al pediatra per questioni a volte assolutamente banali che un tempo avrebbero risolto da sole. Quante
volte mi capita di essere consultata, anche nei momenti meno opportuni, per un semplice raffreddore o una macchiolina sulla pelle a mala pena visibile
ad occhio nudo…
La delega agli esperti della salute diventa di giorno in giorno più pressante e imponente.
La saggezza delle nonne di un tempo, con i loro rimedi casalinghi, sembra essere andata irrimediabilmente perduta.
E il pediatra si trova pertanto a fare da mamma alla mamma… spesso anche per questioni educative.
I tempi per le convalescenze si sono drasticamente ridotti a causa delle esigenze lavorative dei genitori e i bambini vengono rimpinzati di farmaci
perché devono guarire il più in fretta possibile. Il riposo a letto, con qualche coccola e favola in più, ormai è considerato un lusso che non ci si può
permettere e non si può concedere.
In alcuni casi però non sono solo i problemi legati al lavoro ma anche l’incapacità dei genitori a rinunciare per esempio a una vacanza a far sì che
bambini febbricitanti o con i bronchi pieni di catarro vengano sottoposti a lunghi viaggi che di sicuro non sono loro d’aiuto…
Insomma, nel campo della salute dei bambini io credo sia necessario ritrovare un po’ di semplice e antico buon senso.
E soprattutto occorre una buona informazione su cosa si può fare per prevenire la maggior parte dei problemi che i bambini si trovano ad affrontare.