I Capitolo. Il bambino è sempre sveglio e noi con lui (pp. 9-20)
Si parte dallo spremiagrumi, dalle definizioni negative circa i bambini che non dormono e dalla presa in carico del disagio dei genitori – ma non del
bambino – per affermare che il 35% dei piccoli sotto i cinque anni ha problemi di insonnia: non vogliono andare a letto, si svegliano almeno 3/5 volte
per notte. Questo, secondo gli autori, danneggia gravemente la salute: dopo i sei mesi i bambini devono dormire da soli, nella loro stanza, al buio e
per 11 o 12 ore filate. Se non lo fanno, qualcosa non va.
La percentuale non è sostenuta da alcun dato scientifico.
Sara L. ha trovato sulla Rete un’indagine1 secondo cui solo il 16% dei bambini dorme tutta la notte; il 50% si sveglia occasionalmente;
il 9% quasi tutte le notti; il 5% una volta per notte, il 17% da due a otto volte per notte.
Il 61% dorme nella propria stanza, ma di questi il 15% viene portato nel letto dei genitori se si sveglia; dei bambini di sei mesi il 28% dorme
regolarmente nella stanza dei genitori e il 34% saltuariamente.
I dati dunque sono più articolati: secondo Sara L. sapere che il proprio bambino ha un comportamento normale, in linea con lo sviluppo emotivo e
fisiologico, permetterebbe a molti genitori di affrontare più serenamente la questione “risvegli notturni”. [Il tono di Estivill in questo capitolo è
sprezzante, spregiativo nei confronti dei bambini, piccoli o grandi che siano].
Mariuccia P. osserva: “Estivill non manifesta interesse, attenzione, tanto meno empatia verso lo sviluppo della vita emotiva cui sono strettamente connessi le
abitudini – positive o negative che siano – gli stessi rituali, né tiene conto del fatto che ogni relazione produce effetti e comportamenti diversi:
un buon mangiare come un buon dormire sono fatti anche di nutrimento affettivo. I disturbi del sonno possono essere legati ad abitudini errate, ma
anche nascondere difficoltà di attaccamento, di relazione.
In tal caso segnalano una certa difficoltà di relazione tra genitore e bambino: questi si chiude, evita di comunicare perché non trova ascolto
adeguato al proprio disagio, né un aiuto a sostenere l’ansia. Il rischio maggiore è che il sintomo si sposti in altra area. Perché invece non
sostenere il genitore aiutandolo a guardare il figlio con occhi diversi, a interpretare i suoi segnali?”
“Le coliche? Pretesti!”. “I denti? Scusa indimostrabile!”.
Estivill adotta un modo davvero sbrigativo per liquidare i segnali che vengono dal bambino.
Le coliche: è notorio che tale disturbo si presenta più facilmente nelle ore serali dei primi mesi – certo non in tutti i bambini – e che è
molto più frequente nei piccoli nutriti al seno2. Le cause non sono sempre chiare, ma non per questo il fenomeno è da negare. Alcuni bambini
si calmano se tenuti in verticale (la testa appoggiata tra viso e spalla dell’adulto), posizione che, superata la crisi, può favorire l’addormentamento.
Altri si acquetano se si canta a mezza voce qualcosa di ritmico. Un effetto preventivo e tranquillizzante può avere il massaggio3 che in
ogni caso stabilisce tra genitore e bambino quel contatto affettivo molto stretto di cui il piccolo ha estremo bisogno.