CAPITOLO V Che cosa dicono le madri Nei loro interventi – sui gruppi Internet di discussione “Non solo neonati” e “Estivill? No grazie!” – sono molte le madri che mettono l’accento su temi come: ogni bambino è diverso e fa a suo modo ogni bambino trova da sé i suoi ritmi seguirlo è essenziale alla sua tranquillità lo sviluppo non è una freccia a direzione unica, ma piuttosto procede a onde, con rallentamenti, ritorni indietro e nuovi slanci in avanti non prevedibili se piange c’è sempre un motivo se cambia il suo comportamento c’è sempre una causa (malattia o postumi da un parto/nascita difficile, ingresso al nido, rimescolamenti del clima di casa, ritorno dalle vacanze…). Si trovano anche commenti sul comportamento dei genitori: le madri sono rese inquiete da tanti messaggi discordanti gli adulti vanno a tentoni, non sono fermi e coerenti hanno idee confuse su che cosa sia indipendenza spesso pretendono di far dormire il figlio a ogni costo e dove capita… Tutte le madri intervenute su Internet denunciano una componente sadica nel “metodo” del medico spagnolo e collegano la tranquillità del bambino di giorno e di notte a un buon allattamento al seno a richiesta che egli non prende minimamente in esame. Anzi, la modalità che propone fa di sicuro riferimento a orari ritmati a priori, con quantità decise dal pediatra di fiducia. L’orario rigido – ormai è assolutamente certo – non favorisce quelle frequenti suzioni spontanee, più o meno lunghe e abbondanti, che sono il segreto per un lungo allattamento senza aggiunte. Se il bambino succhia poco e a orari fissi, ben presto il latte si riduce ed è questo il motivo principale per cui tante donne hanno via via sempre meno latte! Il tono minaccioso e sprezzante che Estivill adotta nei confronti dei piccoli indigna queste madri che, orientate sull’attenzione alle esigenze infantili e sulla naturalità dello sviluppo, ricevono grande nutrimento dalla relazione affettuosa con i loro figli: proprio di qui viene loro la lucidità necessaria per capirne le esigenze, anche minime. Lettone sì, lettone no Alcune di loro hanno sperimentato con successo il lettone o letto di famiglia ( di cui si fanno promotori, sia pure con sfumature diverse, anche pediatri famosi come William Sears, consulente de (Lega del latte), T. Berry Brazelton e ancor più Carlos Gonzales . Altre invece preferiscono la soluzione “ ”, ovvero il lettino di fianco al lettone. Entrambe le soluzioni favoriscono, ancora secondo l’OMS, l’allattamento al seno per evidenti motivi. Non c’è dubbio che la stretta vicinanza di giorno e di notte è ciò che qualsiasi bambino piccolo predilige. family bed), La Leche League 1 side-car Il lettino dice Floriana, mamma di Simone, . Il piccolo dorme accanto ai genitori ma in un suo spazio ben definito e con maggiore tranquillità di tutti. “senza una sponda e con un rialzo che lo porta al livello del nostro letto” “è la soluzione migliore che consiglierei in assoluto” Lara, madre di Matteo, racconta di aver tenuto il bambino con sé e con il marito, proprio per il piacere di stare insieme il più possibile e dunque anche di notte; però quando a 2 anni e 8 mesi ha superato il metro e in tre nel lettone non ci si entrava più “abbiamo creato un letto a tre piazze. Matteo ha deciso che il suo letto aveva le lenzuola colorate, messo vicino alla parte di mamma. Adesso sono io che dormo in mezzo! È bellissimo allungare le mani e toccare contemporaneamente gli amori della mia vita. Mio marito ha detto che dorme meglio, ma gli manca il piccoletto. Matteo a volte prende la sua tartaruga di peluche e mi scavalca per tornare in mezzo “‘a fare compagnia’”. Secondo Carolina, madre di Giosuè, “ ”. Poco oltre aggiunge: “ il dormire insieme rafforza la famiglia, consente di condividere non solo il giorno, ma anche la notte che è parte fondamentale della giornata; permette di conoscere meglio i ritmi e i tempi del proprio bambino e quindi di andare incontro alle sue necessità con maggiore consapevolezza Diffido di chi mi propone ricette già pronte, di chi considera i bambini piccoli tiranni tutti uguali, con le stesse necessità. Ogni bambino è diverso, ogni famiglia è diversa”. Note Si vedano in appendice le ricerche condotte sul sonno condiviso, e in particolare si 1 faccia riferimento a James J. McKenna, Di notte con tuo figlio, Il leone verde, Torino, 2011. James J. McKenna, antropologo e direttore del Laboratorio di ricerca sul sonno materno infantile dell’Università di Notre Dame, è fra le massime autorità in tema di sonno condiviso, soprattutto in relazione all’allattamento a richiesta, alla SIDS (sindrome della morte in culla) e più in generale ai bisogni emotivi e biologici della diade madre-figlio. Quello che passa tra i coniugi, come tra loro e il figlio o i figli è in effetti molto particolare, una finissima alchimia che esige rispetto, senso della misura, alla ricerca di un modo di stare insieme per trarne piacere e tranquillità. dice ancora Carolina “Chi mi propone un metodo per risolvere i problemi del sonno – che poi problemi non sono – mi lascia molto perplessa, soprattutto se quel metodo è lesivo della salute psichica e fisica di mio figlio”, . La mamma di Viola ha adottato la soluzione a tre piazze affiancando un lettino e scrive (sintetizziamo le sue parole): “ Dicevano che il sonno dei bimbi segue un percorso progressivo e che i periodi di sonno ininterrotto diventano sempre più lunghi. Perché mia figlia non seguiva le regole? Mi sentivo incompetente, incapace, e poi ho capito che i bambini non seguono regole scritte sui libri e che non esistono leggi scientifiche che guidano lo sviluppo di un piccolo essere umano… Oggi quando si sveglia e brontola nel sonno, allungo una mano e quasi sempre torna a dormire tranquilla”. Anche Giovanna, madre di tre figli, francamente “inorridita” – lei come il resto della famiglia – all’idea di lasciar piangere da sola l’ultima nata per venti minuti (come ha fatto una sua amica e come le consigliava la pediatra, entrambe seguaci di Estivill), ha risolto il problema con il lettone e scrive: “Non ho una formula magica che sostituisca quella di Estivill. I bambini la notte si svegliano, cercano conferme, cercano affetto, così come lo cercano di giorno. E allora perché di giorno sì e la notte no? Perché si fa fatica? Non è forse più faticoso andare a lavorare tutti i giorni? Pulire la casa, cucinare, lavare, stirare, portarli a scuola e andarli a prendere infinite volte in un anno? Non è fatica sopportare un capo insolente, un vicino maleducato, un mal di testa infernale? Perché sopportiamo tutto questo e non sopportiamo i risvegli di nostro figlio che pure amiamo più d’ogni altra cosa al mondo?”. Lara sostiene che “il sonno condiviso è molto più diffuso di quello che si crede; dato che, secondo un luogo comune, non sarebbe corretto dormire tutti insieme, molte famiglie che lo fanno non lo dicono perché se ne vergognano”. Brazelton nel suo secondo libro dice che negli Stati Uniti si riscontra un ritorno crescente al lettone di famiglia, dovuto indirettamente a fattori diversi come: aumento del costo della vita, maggior numero di madri lavoratrici, ma anche di famiglie con un solo genitore. A proposito degli USA, negli alberghi e nei americani sono frequenti letti larghissimi, che arrivano a misurare tranquillamente 2 metri di larghezza per 2,30 di lunghezza. Se si ha in casa uno di questi letti è facile che alla famigliola venga l’idea di dormirci al completo: esattamente come si è fatto per secoli e come si fa ancora in regioni non urbanizzate, osserva Brazelton. motels Ci sono però genitori che non riescono alla lunga a dormire con un piccolino nel letto e affermano di non avere avuto difficoltà a metterli nella stanza accanto dopo i sei/sette mesi, pronti ad accorrere al minimo segnale. Un padre mi ha detto . : “Tutto dipende dalla tranquillità con cui si fanno passare le regole ai figli. È come il sole che tramonta e poi sorge. I bambini anche piccoli lo sentono e non si oppongono; se però si comincia con i dubbi, con i cambiamenti improvvisi, allora è finita!” Il Centro Nascita Montessori di Roma, con mezzo secolo di esperienze dalla parte dei neonati e delle madri, suggerisce una variante del per i primi cinque, sei mesi quando il neonato sta meglio in uno spazio raccolto. Dormire tutti insieme nel grande letto potrebbe rendere necessaria una riorganizzazione degli spazi , e il fatto che la condivisione del letto non sia culturalmente accettata nella nostra società induce in alcuni l’idea di fare qualcosa di scorretto, di pericoloso per il bambino , perfino di troppo carnale (dove va a finire il moralismo di casa nostra!). Quindi la soluzione intermedia, grazie alla quale ognuno conserva il proprio spazio, potrebbe essere più incoraggiante e rassicurante per alcuni. Inoltre il piccolo, crescendo, potrebbe diventare sempre più movimentato anche quando dorme profondamente, tanto da impedire sonni tranquilli ai genitori. La scelta di condividere il letto con i propri figli scaturisce da un desiderio profondo di recuperare uno stile genitoriale più in sintonia con i bisogni profondi di ciascuno e sarebbe meglio non fosse dettata solo da considerazioni pratiche del momento Potrebbe non essere semplice né indolore, dopo due o tre anni di dormite condivise, spostare altrove il bambino; il desiderio di andare a dormire da solo, oppure con un fratello o una sorella, scaturirà anch’esso da un bisogno imprevedibile e incoercibile . Se la possibilità di condividere il sonno con gli altri membri della famiglia è parte integrante del modo in cui immaginiamo la nostra vita familiare, allora le soluzioni pratiche per soddisfare i desideri di ciascuno si troveranno sempre. Per questo gli adulti devono parlarsi con chiarezza, saper prevedere e scegliere in modo meditato la soluzione che sentono più consona al benessere del figlio, come al loro. family bed: la cestina 2 ad altezza del letto matrimoniale quando arriva un secondo bambino 3 4 . 5 Secondo alcuni la soluzione “lettone” ostacolerebbe l’intimità tra i coniugi proprio per la presenza del neonato, anche se questi non può ancora essere testimone consapevole delle effusioni dei genitori: è piuttosto una sensazione di disagio che blocca la consueta spontaneità, forse una sorta di contrasto tra la libertà che l’amplesso richiede e la parentalità nascente. Altre madri che hanno adottato il lettone negano, invece, che la ripresa dei rapporti sessuali abbia costituito per loro un problema: gli incontri amorosi – dicono – si possono svolgere in altre stanze e in altri momenti. Ma nemmeno questo aspetto è così ovvio per tutti: spesso la vita di coppia richiede tranquillità e rituali complessi che non sempre si riesce a realizzare comunque e ovunque, senza contare le case sempre più piccole in cui oggi si vive. Anche in questo caso, quello che conta davvero sembra essere la sintonia e l’armonia con cui nella coppia si riesce a fare chiarezza sulle necessità del momento e i bisogni di ciascuno . 6 Secondo Anna Gambacurta di Palermo (1931-2011) che al Centro Nascita Montessori (CNM) di Roma ha incontrato per oltre trent’anni coppie prima e dopo la nascita del figlio – “ non tutti riescono a trovare soluzioni equilibrate. In principio la donna è come immersa nel bambino e nelle novità che questi le pone di continuo. Lo scambio serale con il compagno si assottiglia, rischia di scomparire e si fatica a ricostruirlo quando il bambino è cresciuto. La coppia a poco a poco non ha più spazio, soprattutto se tra i coniugi non c’è un rapporto vero, profondo. È come una frattura che si allarga in risposta a qualcosa di latente. Si dice: “Il figlio unisce”, ma non è sempre vero. “Facciamo un figlio o ti lascio”. Nato il bambino, si separano dopo una gravidanza disseminata di conflitti piccoli e grandi. No, per mettere al mondo occorre una situazione affettiva stabile, con un calore e un’intesa che garantiscano la nascita della famiglia. Questa non si rafforza solo perché si segue la logica del fare “come tutti”, dello stare insieme giorno e notte, nascondendosi l’insofferenza per disagi concreti o per scelte più ideologiche che meditate sui bisogni di ciascuno. .” È piuttosto un equilibrio delicato, tanto più oggi, a causa della fragilità emotiva di tanti giovani genitori: è difficile immaginarla risanata di colpo dalla presenza di un neonato Note Attivo dal 1958, il CNM oggi ha sede in via G.B. Benedetti 9, 00197 Roma, tel. 06. 2 807.7050; e-mail: asscnm@tin.it. La cestina è descritta a p. 71. Una ricerca condotta nel 1984 da B.Lozoff e altri negli USA su gruppi di famiglie in ambiente urbano, ha dimostrato la maggiore tranquillità di sonno evidenziata in bambini immigrati che dormivano con i loro genitori rispetto a un’analoga situazione in famiglie bianche locali. 3 È accertato che sul rischio della “morte in culla” (SIDS) incidono la posizione a pancia sotto del bambino, l’eccesso di calore nell’ambiente e le troppe coperte, il fumo passivo, se la madre è molto stanca o è intossicata da alcool o droghe, ma non il co-sleeping, cioè la condivisione del letto. 4 Ci si potrebbe chiedere se i bisogni di contatto e affettività della natura umana prevedano che il desiderio di dormire da soli scatti di necessità a un certo punto o se piuttosto non sia la norma socioculturale a dettare le modalità dei costumi legati al sonno. Nel desiderio dell’individuo che vede come possibilità accettabile e accettata quella di condividere il sonno con altri membri a sua scelta della famiglia potrebbe non esserci mai quella di dormire da solo o esserci solo a periodi o in momenti particolari. Del resto la norma accettata per l’adulto è quella di condividere il sonno con un partner. 5 Il tema dell’intimità coniugale e della ripresa dei rapporti sessuali dopo il parto è in effetti molto complesso e delicato. Per la donna le attese culturali e sociali, e il desiderio del marito o compagno, rischiano di trasformarsi in una vera e propria pressione a rendersi nuovamente disponibile e a curare il lato “seduttivo” di sé, anche in contrasto con le spinte fisiologiche all’accudimento e all’allattamento che sente sorgere con forza dentro di sé. Le complesse trasformazioni ormonali e psicologiche che le donne attraversano dopo la nascita di un figlio, e le incombenze dell’accudimento, soprattutto se si allatta a richiesta e si è in contatto continuo con il piccolo, determinano una rivoluzione completa nei loro desideri e 6 bisogni fisico-affettivi. Nelle donne che praticano una maternità ad alto contatto, allattano a richiesta e lasciano che lo svezzamento sia guidato dal bambino, l’amenorrea post-partum si attesta di frequente attorno ai 15 mesi e può in taluni casi arrivare alla soglia dei due anni. Quindi la ripresa di una libido che sia paragonabile al periodo antecedente la gravidanza può essere a volte molto lenta. Per conservare una buona intesa familiare è necessario molto amore, pazienza e comprensione reciproca, ma anche una corretta informazione e la giusta consapevolezza dei processi fisiologici che la Natura ha previsto per la diade madrebambino (N.d.R.). Domande scomode? Intorno ai tre, quattro anni il bambino, che magari ha dormito senza problemi nel suo lettino, ma che quasi certamente si è ingelosito per un fratellino o una sorellina appena nata, facilmente pone la domanda: ” e le inventa tutte pur di infilarsi nel lettone. La richiesta può essere drammatica per gli adulti, ma è del tutto legittima: esige risposte oneste e, ovviamente, delicate. Per i primi mesi la nuova arrivata dormirà nella sua cestina accanto alla madre e non nel lettone, mentre lui, malgrado sia a questo già abituato da tempo, viene trasferito in altra stanza. Dato che la piccola attira al massimo le attenzioni un tempo riservate a lui figlio maggiore, ora sarà importante trascorrere con lui momenti speciali, ricorrenti, adatti alla sua età e ai suoi desideri. Perché voi dormite insieme e io da solo?” Una madre racconta di aver spiegato alla figlia di cinque anni che durante la settimana si deve andare a scuola e al lavoro ben riposati e “tutti e quattro” in quel poco spazio non dormirebbero bene. “ ”. Farà dunque seguito una colazione con insolite attenzioni ma condita specialmente di ascolto, di lentezza. La bambina aveva accettato la spiegazione, pregustando il piacere del rituale, come un appuntamento atteso. “ !” dice questa mamma. Per ò sabato e domenica ci possiamo ritrovare insieme al mattino per la gran festa a letto di fine settimana, per raccontarci tante cose e mangiare qualcosa di speciale Provare, perché funziona In realtà “copiare” serve poco: ciascuno deve trovare le parole e le soluzioni che aiutino tutti a sentirsi a proprio agio, senza esclusioni penose, vere o immaginarie che siano. Le soluzioni dei genitori che decidono di adottare un grande letto di famiglia sono spesso molto creative e funzionali; ognuno trova poi quella che gli è più consona. Naturalmente, questo è possibile solo se si tratta di una scelta condivisa. Non è rara la situazione in cui la donna, spinta dal proprio istinto di protezione e di cura, insista per il lettone familiare e il marito opponga invece una resistenza, rischiando di finire più tardi sul divano di casa o magari nel “lettino singolo” lasciato vuoto dai figli. L’amore è soprattutto inclusione, abbraccio che unisce, dal quale nessuno vuole essere escluso, quasi osservando al freddo fuori dalla finestra il banchetto festoso che altri si godono accanto a un focolare. Se per il neonato e i bambini piccoli l’esclusione non può che venire da un gesto voluto e agito dagli adulti (sia pure inconsapevole), nel caso di questi, del padre in particolare, è spesso un’autoesclusione. Quando una madre è appagata e felice perché sente di poter adempiere appieno ai propri istinti di cura con l’approvazione amorevole del marito o compagno, di sicuro anche il padre avrà la sua parte di soddisfazione, di felicità tutta intera e non si sentirà messo da parte. Se invece, in nome di pressioni sociali e culturali, per un malinteso senso del proprio “dovere” e del proprio “ruolo” la donna è portata ad accettare compromessi dolorosi sul proprio modo di essere madre, il danno psicologico che ne deriva potrebbe essere sottovalutato e restare celato, con ripercussioni sul benessere di tutta la famiglia. Ci si interroga spesso sulle origini della depressione materna e paterna dopo la nascita di un figlio e su altre difficoltà che la coppia spesso vive. Sarebbe forse più utile esplorare le varianti del concetto di amore per comprendere come in ogni fase della vita questo possa mutare, trasformarsi, assumendo forme diverse, pur restando sempre intatto e indivisibile. L’amore può moltiplicarsi, mai dividersi, a mano a mano che la famiglia si allarga. Due mamme… dalla parte di Estivill Testimonianze raccolte dall’Autrice: è possibile un Estivill addomesticato? Bernadette, madre di tre bambini. “ ”. Premesso che siamo in molte sorelle con tanti piccoli intorno e quindi nessuna di noi si è mai sentita disarmata con un neonato, con la prima figlia non ho avuto problemi di sorta, mentre il secondo aveva frequenti risvegli. Io ero stanchissima e così leggendo Estivill ho trovato la via d’uscita. È un libretto che dà sicurezza se letto bene Chiedo se non le desse fastidio il tono con cui è scritto . “ Sì, un po’, ma con i problemi tragici del non dormire non stai a guardare tanto per il sottile, questo aspetto diventa secondario. In ogni modo fa capire bene che non si deve fare nulla nei primi sei mesi, ma che dopo è importante per il bambino avere ogni notte un sonno lungo. Non l’ho preso alla lettera, né ho fatto nulla di drastico, però ho deciso di provare: metterlo giù tranquillamente, lo lasciavo piangere per un minuto, rientravo, lo rimettevo giù con una carezzina e il ciuccio in bocca, così con tempi molto brevi e senza dire nulla 7 . Ho coinvolto anche mio marito in questo. Sono bastati tre giorni: come se si fosse riassestato l’orologio biologico del sonno e dopo non ci sono stati più problemi. . Veramente, a guardare la tabella di p. 66, non è così perché i tempi di attesa aumentano progressivamente fino ai 5 minuti già nel primo giorno e ai 17 nel settimo, evidentemente per i più… ostinati! Certo che non si deve fare assolutamente prima dei sei mesi: con l’allattamento libero il bambino si sveglia verso le 4 ed è il momento di massima produzione di prolattina; sarebbe un guaio interrompere un tale ritmo, ma qualche mese dopo la situazione cambia, i tempi si allungano anche per il sonno notturno 8 . Certo io non l’ho mai lasciato piangere oltre il minuto, per me non deve essere una punizione. Del resto anche Estivill dice non più di sette minuti I No che aiutano a crescere : Ho letto anche 9 è un bel testo, molto più morbido di Estivill: fa capire l’importanza di mettere limiti. Anche se è piccolo, il bambino pu ò sentire che c’è un confine e che può farcela da solo, certo bisogna stargli vicino, con amore e senso di protezione. Allora non soffre e trova forza dentro di sé”. Note Un minuto di orologio è in ogni caso un tempo infinito per un bambino di sei mesi che 7 non ha alcuna cognizione del tempo, soprattutto se l’attesa inizia a ripetersi con sistematicità (N.d.R.). Nel caso dell’allattamento a richiesta non esistono ritmi prestabiliti che si interrompano 8 allo scadere del sesto mese. Ecco un esempio: se la madre torna al lavoro verso gli undici mesi del bambino, il piccolo potrebbe iniziare a recuperare il contatto perduto proprio durante la notte e aumentare i risvegli. Molte mamme sperimentano nel corso del secondo anno una forte richiesta notturna. Basta poi un nuovo dentino, una novità, uno scatto di crescita, un cambio di alimentazione, un periodo più stressante, senza parlare dell’eventuale inserimento al nido, per avere periodi in cui il bambino si sveglia più di frequente. Ad ogni modo, i ritmi del sonno notturno, come si è visto, variano molto da bambino a bambino e di norma nei primi due anni, a volte anche oltre, frequenti risvegli notturni possono essere del tutto normali (N.d.R.). Vedere in Appendice tra i “Libri significativi”. 9 Lorella al suo primo neonato: ”. “Un bambino che si sveglia tante volte per notte fa impazzire. Anche se avevo un lungo permesso di maternità e tempo a disposizione, mi sentivo davvero male; non riuscivo più a capire come uscirne fuori senza prendermela con il piccolo e aiutare me e mio marito. Poi ho trovato Estivill; non mi piaceva il suo tono un po’ da presa in giro, il tono di uno che fa tutto facile e poi mi pareva durissimo; aspettai un po’, alla fine decisi di provare, ma non con una modalità cos ì rigida. Quello che facevo era rientrare dopo mezzo minuto o un minuto al massimo, lo rimettevo giù, gli sussurravo qualche parola, qualche carezza sulla schiena, gli promettevo che sarei tornata, ma che ora doveva dormire da solo. Aveva quasi un anno e capiva bene quello che gli dicevo. La prima notte fu davvero difficile (ma ormai ero abituata!): si risvegliò almeno sette, otto volte. Mi sentivo male, con molti sensi di colpa, però decisi di provare ancora per qualche giorno, sempre con la stessa identica modalità. Già la seconda notte si svegliò solo quattro volte: malgrado quello che dice il libro, non lo facevo aspettare mai più di un minuto. La terza notte si svegliò solo due volte. Alla quarta fece dopo mesi il primo sonno intero dalle 22 alle 6; la quinta si svegliò una volta verso le 3 (forse perché faceva caldo); in seguito non ci furono più problemi. Certo non è mai arrivato alle 12 ore, questo mi pare proprio esagerato! Altre due mie amiche hanno adottato questo Estivill ammorbidito: funziona se si guarda al piccolino piuttosto che seguire in modo drastico la sua tabella di marcia, altrimenti il senso di colpa per farlo soffrire è insopportabile quanto l’insonnia! Chi è competente? Un ulteriore punto di vista da affrontare è quello di madri che, affidandosi per abitudine all’esperto di turno, rinunciano ad ascoltarsi, perdono la propria autostima e la capacità di giudizio autonomo senza nemmeno rendersene conto, tema cui si è già accennato in principio. Molte giovani donne appaiono spaventate dalla non prevedibilità del futuro, mentre la società attuale pretende e illude di poter garantire il massimo di certezze. Ma quando si ha a che fare con un evento naturale, la piena sicurezza non esiste: non a caso tante di loro si sentono ingannate. Del tutto digiune rispetto alla cura di un neonato che appare loro di estrema fragilità, abituate alla supremazia della medicina in tanti settori del sapere, con la paura di malattie e di sofferenze che oggi si tollerano sempre meno (“Una pillola e tutto passa”), si affidano a occhi chiusi, come un bambino spaventato si rivolge a suo padre, alla figura che sembra assicurare la protezione totale: il medico, persona autorevole, abile, in qualche modo onnipotente. Ma lo è davvero? Forse no, se prima, da ostetrico, ha bisogno di tanti macchinari e strumenti ed esami diagnostici nel corso della gravidanza e del parto, al punto che quasi non guarda più la gestante, il suo viso, né coglie le domande mute che lei non osa rivolgergli. E dopo, nelle vesti di un pediatra? Non sempre dal suo punto di vista riesce a considerare un bambino nella sua complessità e in ogni caso sa ben poco di suo figlio e del suo essere madre. Li vede come “pazienti” e la sua “impazienza” operativa lo porta a dare soluzioni sbrigative piuttosto che a districare la matassa di emozioni e di difficoltà che – pensa ma non dice – non sono di sua competenza. Alla peggio finisce per prescrivere un farmaco (è la cosa che sa fare meglio). Espropriate dagli odierni modi di vivere delle semplici eppur basilari conoscenze sulla cura di un bambino, le madri, se si mostrano preoccupate appena tornate a casa, vengono ridicolizzate come “ansiose”: “Va là che tutte abbiamo avuto figli!”. È vero, ma mai in tanto minaccioso isolamento che annienta la fiducia nella propria capacità di comprensione e di identificazione nei bisogni di un neonato. Donne prima sempre molto curate nell’aspetto, dopo qualche mese dal parto appaiono trasandate, disorientate tra il figlio e la casa, sole per molte ore al giorno, in difficoltà a parlare con il loro compagno della terribile delusione che stanno provando. Il bambino piange, non dorme, ha le coliche e intanto i modelli irraggiungibili della pubblicità mostrano bambini bellissimi e sorridenti con mamme fascinose, appena uscite dal parrucchiere: alla fine non c’è che il medico a soccorrerle. Quanto all’esperto che sa tutto sul sonno, quale aiuto sa dare? Le prende un po’ in giro, le tratta da incompetenti insieme ai loro uomini. Non offre loro strumenti per riattivare la sapienza originaria, piuttosto le mette il loro bambino che sarebbe solo un “tiranno”, piagnucoloso e insopportabile. contro È qui che dovrebbe entrare in funzione una solida capillare rete di sostegno alle madri, alle famiglie, come esiste in qualche regione del nostro Paese grazie a consultori che, convinti del proprio impegno sociale e preventivo, con intelligenza offrono aiuti concreti alla coppia parentale e ai già nati. Mamme e papà, se dove vivete non vi sono strutture di questo tipo, trovatevi con altri neo-genitori per parlare e condividere le difficoltà, per aiutarvi gli uni con gli altri, evitando di considerare i figli “un problema”. Per favore, non cadete nella trappola: nessuno meglio di voi può dissolvere i dubbi che la presenza di un piccolo bambino pone e se trovate un medico sensibile e abile, che vi aiuti a interpretare al meglio il linguaggio muto di vostro figlio, tenetevelo ben stretto perché, purtroppo, è una perla rara.