I bambini piccoli sono soliti mettersi in bocca di tutto. Perché non il cibo? Quando sento una mamma dire che il
figlio “si mette a piangere quando vede il cucchiaio”, un bambino che si ciuccia le dita proprie e dei familiari, il telecomando e le chiavi della
macchina, che si mangia i pelucchi dei vestiti e la terra dei vasi, a cui più di una volta hanno dovuto togliere dalla bocca pezzi di carta molliccia,
mi chiedo sempre: “Che esperienze avrà avuto questo bambino con quel benedetto cucchiaio, perché sia l’unico oggetto al mondo che non si vuole mettere
in bocca?”.
Eppure, benché alcuni tardino qualche mese a decidersi, i bambini piccoli sono soliti mangiare di tutto, anche se in piccole quantità.
Più tardi, verso l’anno, in genere cominciano a mangiare quantità ancora più piccole, e poco dopo cominciano a mostrarsi più selettivi con il cibo; questo non mi piace, questo non lo voglio: “Ma ti è sempre piaciuto il pesce”. “No, non mi piace!”. “Ma se l’hai sempre mangiato”. “Non ho mai mangiato il pesce!”; e non li smuoveranno neppure con evidenze documentali. È così che verso i due anni i bambini arrivano al “menù per bambini”: tipicamente maccheroni (o spaghetti, o riso col pomodoro) e pollo (o altra carne, verosimilmente fritta) con patate, con qualche variazione, e in genere alcune specialità della casa, perché i genitori possano inorgoglirsi: “Ah, il mio mangia le lumache”, “Ah, il mio adora i cetrioli”. Se vostra figlia di otto anni vi chiede il permesso di invitare un’amica a pranzo a casa domani, preparate merluzzo con le bietole o pastasciutta e pollo? Nessuno si stupisce che altri bambini mangino il “menù per bambini”, ma alcuni genitori sono stupiti e preoccupati che lo faccia il proprio figlio. Almeno all’inizio, perché poi finiscono per abituarsi.
Non dico che i bambini debbano mangiare pasta e pollo tutti i giorni. Non dico che non debbano mai provare l’insalata o i ceci. I genitori hanno il diritto e il dovere di preparare pasti salutari. Ma i figli hanno diritto di mangiare un giorno di più, l’altro meno, e di lamentarsi.
Quando i genitori diventano molto assillanti, insistendo perché il bambino “mangi un po’ di tutto” o “finisca la verdura”, quando ogni pasto giunge a tramutarsi in una battaglia, è possibile che arrivino ad aborrire alcuni cibi per sempre. Se rispettiamo i bambini, anche solo in parte (quale genitore non è stato mai un po’ assillante con il cibo?), con gli anni abbandoneranno il menù per bambini e cominceranno a mangiare altre cose. Molti giovani adulti, di fatto, entrano senza timore in ristoranti libanesi, indiani o giapponesi e mangiano, senza reclamare, cose stranissime. E alcuni genitori pensano, sbagliando, che è stata la loro insistenza, alla fine, a “insegnare al bambino a mangiare”, quando in realtà è stata solo opera del tempo, che (quasi) tutto cura.
Provate a ricordare, non mangiate forse volontariamente e addirittura con una certa frequenza cose che da bambini rifiutavate? Cose che i vostri genitori hanno cercato di obbligarvi a mangiare? Cose che adesso cercate di a far mangiare a vostro figlio con lo stesso risultato? E non ricordate di aver pensato da piccoli: “Quando avrò figli, non li obbligherò a mangiare questa porcheria”? Come siamo caduti in basso!
In qualche momento della nostra lontana infanzia tutti abbiamo pensato: “Quando sarò grande e avrò una casa tutta mia, non mangerò altro che torte e gelati tutto il giorno”. L’avete poi fatto? Per quanto tempo? Quando siete diventati indipendenti, quando vi siete sposati o siete andati a vivere in un appartamento per studenti, quanti mesi avete passato vivendo di torte e gelati fino a stancarvi e cominciare a mangiare in modo normale? Né un mese, né una settimana, né un giorno. Dal primo momento avete cercato di mangiare più o meno sano, il primo giorno che avete fatto la spesa già avete scelto della frutta o della verdura. E lo farà anche vostro figlio, se gli date l’opportunità (cioè, se voi mangiate cibo sano e non insistete fino a farglielo odiare).
Dicevo che i genitori sono soliti finire per abituarsi al fatto che i figli “non mangiano”. A otto mesi mi domandano preoccupatissimi come fargli mangiare le verdure; a otto anni (quando in genere mangiano ancora meno verdura) non me lo chiede quasi nessuno. A quindici anni, quando molti adolescenti abusano di soffritti, patatine e bevande zuccherate, nessuno mi ha mai domandato come migliorare l’alimentazione dei figli. Immagino che lo ritengano impossibile.
Visto che nessuno me lo domanda, ve lo dico io: penso che non vada bene andare da un estremo all’altro. Nel lattante e nel bambino piccolo, c’è un’ossessione malsana a controllare esattamente i grammi di ciascun alimento a ogni ora del giorno (“lunedì e giovedì, 50 grammi di petto di pollo in padella o alla piastra…”); nei bambini grandi e negli adolescenti la dieta a volte lascia molto a desiderare e c’è una grave epidemia di obesità con relative conseguenze: diabete, ipertensione, colesterolo, ecc.
E il problema non è che mangiano solo pasta. Magari mangiassero solo pasta: grano, pomodoro (che è una verdura), un po’ di carne, un po’ d’olio d’oliva, niente zucchero; si potrebbe mangiare la pasta tutti i giorni. E il problema non sono nemmeno i tanto temuti (da alcuni) coloranti e conservanti. Il problema sono i sacchetti di patatine, gli stuzzichini croccanti che regalano figurine e pupazzetti, le bibite e alcuni piatti precucinati abbastanza simili al cibo casalingo, ma contenenti molto più sale e grassi.
La bustina di zucchero che si trova nei bar è di solito da sei grammi. Una lattina di “bevanda dissetante”, in genere, contiene sei di queste bustine. Come si può mettere la saccarina nel caffè e poi bere o dare ai figli una di queste bibite? Ci sono famiglie che ogni giorno ne consumano una bottiglia da due litri, per un totale di più di 200 grammi di zucchero; dal lunedì al venerdì ne hanno ingerito un chilo intero.
Molto spesso è proprio questa ossessione per il cibo dei più piccoli a determinare una cattiva alimentazione nell’adolescenza, per almeno due motivi:
- L’insistenza dei genitori è sempre maggiore con il cibo considerato più sano. Dicono sempre: “Finisci la verdura”, “Non dire che non ti piace il pesce se non lo hai mai assaggiato”. Non dicono mai di “finire” le patatine fritte o di “assaggiare” il dolce. Il risultato è che i bambini finiscono con l’odiare proprio il cibo più sano.
- Molti genitori sono disposti a dare al figlio qualunque cosa purché mangi. “Si è mangiato un sacchetto di snack al formaggio, ma almeno non è andato a letto con la pancia vuota”. Be’, meglio una pancia vuota che male accompagnata.
Per di più, la nostra cultura classifica gli alimenti in categorie. Alcuni sono “normali”, da mangiare tutti i giorni; altri sono “speciali”, adatti alle feste o per quando ci sono invitati. E abitualmente il cibo festivo è peggiore: più grassi, più sale, più zucchero. Nelle feste si sostituisce l’acqua con bevande alcoliche o zuccherate, la frutta con i dolci, ecc. Senza renderci conto insegniamo ai nostri figli che gli alimenti non sani sono “migliori”. Probabilmente questa classificazione degli alimenti non aveva conseguenze molto gravi quando gli alimenti “di lusso” erano molto cari e solo le persone molto ricche se li potevano permettere. Ma con il miglioramento delle condizioni di vita, quegli alimenti consumati solo a Natale sono passati dapprima alla domenica, e in seguito alcune famiglie sono giunte a consumarli tutti i giorni.
La classificazione degli alimenti in “normali” o “speciali” dipende in larga parte dalla cultura. Molti anni fa ho assistito a un convegno a Praga. Alloggiavamo in uno dei migliori hotel della città (in bassa stagione, per fortuna). Ogni giorno, a pranzo e a cena, per dessert c’era un dolce. Non un dolcetto qualunque; una generosa porzione di torta di compleanno a cui mancavano solo le candeline. E anche a colazione, naturalmente, ancora torta di compleanno senza tregua. L’ultimo giorno del congresso hanno annunciato: “Stasera ci sarà una festa”. Ero incuriosito: se mangiano torta tre volte al giorno, cosa mangeranno a una festa? Ci rechiamo in un lussuoso salone rallegrato con musica dal vivo, parliamo animatamente, e dopo un po’ entrano due o tre camerieri… con vassoi di frutta! Mele, arance e banane. E neanche molto abbondanti. Le banane, infatti, le portavano già tagliate a metà, con tutta la buccia, perché nessuno credesse di aver diritto a un’intera banana.
Ho capito immediatamente che in quel Paese abbondavano il grano e la panna, per cui le torte erano a buon mercato. Ma la frutta dovevano importarla, forse dall’Italia o dalla Spagna, ed era merce di lusso.
Forse possiamo insegnare ai nostri figli che anche le feste e le riunioni di famiglia possono essere celebrate con alimenti sani, che si possono mangiare lenticchie e bere acqua. Ovvio che per poter insegnare una cosa del genere, prima dobbiamo apprenderla noi.
Perché non è necessaria nessuna tecnica speciale per insegnare ai nostri figli a mangiare sano. Non si tratta di “riuscire a fargli assaggiare le verdure”. Mangiate voi verdure e smettete di assillare il bambino. Se in casa c’è solo cibo sano, i bambini mangeranno solo cibo sano. Certi li apprezzeranno più di altri, naturalmente. Se non vogliono la pietanza di oggi, non insistete, non promettete, non minacciate, non offrite alternative (“non ti piacciono i ceci? vuoi uno yogurt?”). Non sto dicendo di non dargli lo yogurt, solo di non offrirlo. Se il bambino chiede spontaneamente uno yogurt (o una banana, o un panino), dateglielo, certo. Ma se non vuole i ceci e non chiede altre cose, semplicemente non avrà fame. Rispettatelo. “Ancora una cucchiaiata” è il principio della strada verso l’obesità infantile.
Naturalmente a dieci anni i vostri figli avranno qualche soldo e forse si compreranno del cibo spazzatura. Andranno a casa di amici e berranno bibite zuccherate. E un bel giorno se ne andranno di casa e mangeranno ciò che hanno voglia. Non potete né dovete controllare tutta la vita di vostro figlio. Solo offrirgli un buon esempio nei primi anni, poi continuerà da solo.