Crescono insieme, genitori e figli. La qualità (e l’intensità) della relazione tra genitori e figli
nell’adolescenza dipende, in larga parte, dalla qualità della relazione precedente. Naturalmente, non c’è garanzia. A volte le cose si complicano, a
volte vengono bene per puro caso. Ma in linea di massima si raccoglie ciò che si è seminato.
Vogliamo che l’adolescente possa aver fiducia nei genitori e chiedere aiuto o consiglio in situazioni difficili? Allora dobbiamo insegnargli fin da piccolo che può avere fiducia, che quando ci chiede aiuto lo assisteremo. Anche alle due di notte.
Vogliamo che l’adolescente sia in grado di prendere le proprie decisioni, di non sottomettersi passivamente alla pressione del gruppo, di impuntarsi e dire “no” (agli alcolici e alle droghe, alla guida pericolosa, agli atti vandalici, agli abusi sessuali, ecc.)? Allora dovrà far pratica fin da piccolo, dicendo ogni tanto “no” ai genitori. Difficilmente potrà avere idee proprie chi è stato educato all’obbedienza assoluta.
Vogliamo che tratti le persone con rispetto, che non ricorra agli insulti o alla violenza nel comportamento verso gli altri? Allora trattiamolo con rispetto fin dal primo momento, mostriamogli con l’esempio come esprimere richieste senza insulti e senza violenza.
Vogliamo che abbia valori fortemente interiorizzati, che sia in grado di fare ciò che è giusto senza che nessuno lo vigili, senza aspettarsi premi né temere punizioni? Allora diamogli sin dall’infanzia la possibilità di fare le cose senza premi o punizioni.
Lo studio Children in the Community è iniziato nel 1975, con 669 famiglie con bambini da uno a dieci anni, di svariati gruppi etnici e classi sociali, scelte a caso tra i residenti di centri urbani dello stato di New York. Sono stati intervistati nel dettaglio madri e figli all’inizio del progetto, e poi di nuovo all’età di tredici, sedici e ventidue anni. Nei primi anni duemila è stato possibile localizzare 658 di quei bambini, con un’età media di trentatré anni1.