Ogni volta che nasce un bambino, nascono anche un padre e una madre. E da quel momento crescono insieme in saggezza
e virtù; i bambini, anche in altezza. I figli offrono amore incondizionato, anche quando non si è fatto niente per meritarlo. Ci fanno sentire
importanti e necessari, ci divertono e ci affascinano, danno significato e colore alla vita, ci permettono di accompagnarli per un po’ nell’affascinante
avventura di scoprire il mondo. Essere genitori è un privilegio.
Nei libri precedenti ho parlato di alcuni temi che stanno a cuore soprattutto ai genitori di bambini più piccoli: l’allattamento e l’alimentazione, il
pianto e il sonno, i diffusi pregiudizi e le regole assurde che a volte ci impediscono di goderci i figli, di prenderli in braccio, di consolarli quando
piangono, di dormire con loro e mangiarli di baci.
In questa occasione vorrei fare alcune riflessioni su questioni relative a bambini un po’ più grandi, fino all’adolescenza. Riflessioni sulle
particolari condizioni dei genitori di oggi, i limiti e le conseguenze dell’esercizio dell’autorità paterna o il recente, epidemico aumento delle
diagnosi di iperattività.
Ho dedicato considerevole spazio all’analisi di alcuni studi scientifici su alcuni di questi temi. A qualcuno sembrerà impegnativo e noioso, ma spero
che altri siano interessati a conoscere, oltre alla conclusione, anche il lungo lavoro da cui deriva. Viviamo in un mondo di sovraesposizione
all’informazione, in cui chiunque può dire qualunque cosa su qualsiasi argomento e ottenere l’attenzione di un vasto pubblico. Credo sia utile imparare
a leggere con senso critico, a chiedere riscontri, a distinguere tra chi parla con cognizione di causa e chi improvvisa. Così, quando vi diranno “se lo
porti in braccio non camminerà mai”, “se lo allatti a richiesta sarà un giovane delinquente”, o simili sciocchezze, potrete chiedere quali studi
scientifici avallano questi timori.
Qualche tempo fa una madre mi disse che il figlio, allora di quattro anni, si era svegliato piangendo varie volte ogni notte fino ai tre anni. “La cosa
peggiore” disse, “era pensare che non avrebbe mai smesso. Adesso che dorme benissimo, penso: ah, se qualcuno mi avesse detto ‘finirà; ancora due anni e
finirà’!”.
Ebbene, ve lo dico. Finirà. Smetterà di piangere durante la notte, imparerà ad andare al bagno, a mangiare da solo e masticare. Smetterà di voler stare
in braccio tutto il tempo, di chiedere infiniti perché. L’infanzia passerà, e così l’adolescenza. I problemi di oggi, domani saranno degli aneddoti, e
con un po’ di fortuna e molto amore, anche i problemi di domani diventeranno solo degli aneddoti.
I bambini crescono, e noi con loro. L’infanzia è fugace. Non lasciamo che l’ossessione di correggerla ci impedisca di trarne piacere.