Quando mia figlia era ancora ai primi passi, la rincorrevo dappertutto per assicurarmi che non incappasse in qualche pericolo. Ogni millimetro di casa nostra, e di quella della nonna, era a prova di bambino e reso sicuro; quando camminava ero la sua ombra per paura che inciampasse. Con le salviette igienizzanti, sempre a portata di mano, disinfettavo ogni possibile superficie su cui avremmo mangiato; le facevo sempre indossare cappellini parasole e la cospargevo di crema solare; avevo comprato il seggiolino auto più raccomandato che ci fosse.
Se da un lato sentivo di riuscire a barcamenarmi nel tenerla al sicuro, dall’altro mi rendevo conto che non ero preparata al suo livello di attività! Santo cielo! Pensai dopo una mattinata estenuante, la pasta da modellare è durata solo cinque minuti! E ora che faccio? È stato allora che ho deciso che avevamo bisogno di un programma quotidiano: la bambina andava intrattenuta!
Ben presto, alla tenera età di tre anni, fecero la loro comparsa incontri di due ore con altri bambini per giocare, gli sport e l’asilo. Eravamo impegnate, davvero molto impegnate – la accompagnavo in auto all’asilo, a ginnastica, a calcio, a lezione di musica e ai gruppi di incontro fra mamme. Non ricordo di averla mai portata molto fuori a giocare. Se pure l’ho fatto, è stato al parco giochi vicino casa, o durante qualche rara escursione alla spiaggia. Non mi balenò mai per la testa di portarla a esplorare i bellissimi 48.000 metri quadrati di bosco del nostro giardino. Eravamo troppo impegnate per sacrificare il nostro tempo prezioso e trascorrerlo nella natura. È stato solo molto più tardi che ho capito di aver commesso un grosso errore. Quando ha iniziato a manifestare ansie, tendenze aggressive e problemi sensoriali, ho realizzato che ci eravamo allontanate dall’unica cosa che avrebbe potuto aiutarla: tempo da trascorrere da sola nella natura.
C’è qualcosa, nel lasciare un bambino a esplorare da solo uno spazio aperto, che intimorisce molti adulti. La paura è spesso l’ostacolo maggiore che impedisce di concedere al bambino spazi e libertà lontano da una costante supervisione dell’adulto. I timori si manifestano sotto molte forme, gli adulti temono che i bambini vengano rapiti, che si perdano e si facciano male. Esistono anche paure minori, come le punture d’insetto, l’incontro con animali selvatici e le piante velenose, che rendono esitanti i genitori quando si tratta di giocare all’aperto.
Molte di queste paure sono il risultato dell’esagerazione dei pericoli propria della nostra società, oltreché della perdita di fiducia da parte dei genitori. Facciamo il possibile per proteggere i nostri figli in questa nuova era, però talvolta troppa protezione produce più danno che altro. Impediamo ai bambini di conquistare proprio quelle abilità e quella consapevolezza sensoriale di cui hanno bisogno per crescere forti, resilienti e capaci.
In questo capitolo, illustrerò le paure più comuni che impediscono di lasciar giocare i bambini da soli all’aperto e di far loro correre dei rischi. Dirò anche perché il gioco indipendente e il correre qualche rischio siano aspetti davvero cruciali per un sano sviluppo; darò infine qualche consiglio sulla sicurezza quando lasciamo che i bambini se ne vadano liberi a giocare.