CAPITOLO VI

Cosa non va nelle odierne aree gioco all’aperto e al chiuso?

Le cose stanno cambiando in modo drastico per i bambini sul piano ludico. Le strutture metalliche di un tempo, che nei parchi giganteggiavano e offrivano quelle che apparivano come sfide impossibili, sono state sostituite da più semplici giochi in plastica dai colori sgargianti, da cui i più grandicelli traggono ben poca ispirazione. Al contempo, mentre il gioco all’aperto diventa sempre più raro, le aree gioco al chiuso impazzano.


In questo capitolo affronteremo nel dettaglio il tema dei parchi gioco: come sono cambiati, gli effetti di questi mutamenti sullo sviluppo dei bambini e cosa andare a cercare in un buon parco giochi. Parlerò anche delle aree al chiuso, del perché stare all’aperto offra rispetto a queste un vantaggio sensoriale, e cosa cercare nelle aree al coperto quando stare fuori non è possibile.


Il dilemma del parco giochi

A cinque anni le mie figlie erano già troppo cresciute per gran parte dei parchi della nostra zona. Se le portavo in un parco giochi, provavano le attrezzature per qualche minuto prima di stancarsene. Preferivano invece dirigersi verso il campo che costeggiava il parco e iniziare giochi propri, come “far finta che” o costruire fortini con i legnetti sparsi qua e là. Cominciai a chiedermi perché mai le avessi portate al parco; un parco giochi dovrebbe eccitare e ispirare i bambini, non annoiarli.


I parchi sono cambiati a partire dai primi anni ’80, quando io ero bambina. Tutto è molto più vicino al suolo, gli scivoli sono più corti, l’ampiezza delle altalene è più piccola e le attrezzature ritenute “troppo pericolose” sono state rimpiazzate da giochi mediocri che non offrono la stessa esperienza sensoriale. Questi cambiamenti mi hanno fatta interrogare sul modo in cui le aree attrezzate si siano evolute nel corso degli anni, la ragione che sta dietro i cambiamenti e l’impatto che una simile evoluzione ha avuto sullo sviluppo dei bambini.