capitolo iii

Non solo giocattoli

Gioco e competizione

Che si tratti di una partita di calcio o di scacchi, noi genitori siamo volte combattuti. Spesso i padri, educati fin da piccoli alla competitività, vogliono insegnare ai propri figli (soprattutto maschi) a “cavarsela” anche nelle peggiori circostanze. Giocano quindi in modo “duro” e “imparziale”. Su quanto possa essere equa e imparziale una partita tra un adulto ed un bambino si potrebbe senz’altro discutere, visto che il vantaggio dato dall’età e dall’esperienza è innegabile.


Molte mamme, invece, educate a occuparsi degli altri e a fare piacere al prossimo, lasceranno vincere il piccolo in modo da farlo sentire “forte”. Il risultato è che talvolta giocare con mamma non è divertente e che il bambino la vede come una figura poco capace, di scarso valore. Questo non fa che rafforzare ancora di più gli stereotipi proposti senza sosta dalla società.


Come spesso accade, la soluzione ideale sembra stare nel mezzo. Un bambino umiliato dalle continue disfatte si sentirà incompetente, frustrato, arrabbiato e poco motivato. Al contrario, un bambino al quale venga sempre lasciata una facile vittoria si stuferà presto di questa attività, non darà il meglio di sé e magari si innervosirà di fronte al primo avversario competente e competitivo.


L’ideale è fornire al bambino una vera sfida, in modo che sia concentrato, attento e motivato. Lasciarlo vincere le prime volte è una buona idea per incrementare l’autostima e il gradimento del gioco. Poi, man mano che acquisisce dimestichezza, potete iniziare a mettervi in gioco sempre di più e a vincere qualche partita. Anche quando lasciate che vinca, opponete comunque una certa resistenza in modo che il bambino debba rimanere concentrato, escogitare soluzioni, impegnarsi nell’attività che sta svolgendo.