SECONDA parte

Sabotati: come l’orientamento ai coetanei mette a rischio il legame con i genitori.

capitolo Vii

L'encefalogramma piatto
della cultura

Ciò che segue è una copia testuale dello scambio via internet con messagistica istantanea fra due giovani adolescenti (le loro identità sono in corsivo):

e lei disse RETTO!! è il nome dei miei figli dice: “ehi!”
Rugosaurus e Squartafigo Se Ne Vanno al Bar del Tai Chi Club dice: “cm butta?”
e lei disse RETTO!! è il nome dei miei figli dice: “??”
Rugosaurus e Squartafigo Se Ne Vanno al Bar del Tai Chi Club dice: “ehi!”
e lei disse RETTO!! è il nome dei miei figli dice: “cm butta?”

Tre aspetti di questa conversazione elettronica, piuttosto tipica di ciò che passa per corrispondenza fra gli adolescenti di oggi, sono impressionanti. Primo, l’attenta costruzione dei lunghi pseudonimi privi di senso, tinti di ironia e irriverenza. L’immagine, non il contenuto, è ciò che conta. Secondo, in vivido contrasto, la contrazione del linguaggio in monosillabi quasi inarticolati. E infine, la vacuità assoluta di ciò che viene detto: contatto senza autentica comunicazione. “Ehi!” è il saluto universale. “cm butta?” sta per “come butta?”, che sostituisce il “come stai?” e il “come vanno le cose?”, senza alcun invito a condividere informazioni genuine e significative. Questo genere di “conversazioni” possono andare avanti per molto senza che venga detto molto altro o espressa maggiore eloquenza. È un linguaggio tribale, estraneo agli adulti, e ha il proposito implicito di creare una connessione senza rivelare nulla di valore in relazione al proprio sé.


Gli adolescenti di oggi sono una tribù a parte”, scrisse la giornalista Patricia Hersch nel suo libro del 1999 sugli adolescenti americani. E come si conviene a una tribù, essi hanno un loro linguaggio specifico, propri valori, significati, musica, cifra stilistica e marchi identificativi, come piercing e tatuaggi. I genitori in passato possono aver percepito che i loro figli adolescenti erano fuori controllo, ma l’atteggiamento tribale degli adolescenti di oggi è senza precedenti. È possibile, ad esempio, interpretare come guerre tribali le risse e i duelli da strada dei giovani Montecchi e Capuleti nel Romeo e Giulietta. Ed in effetti lo erano, ma con una cruciale differenza fra i giovani eroi shakespeariani e gli adolescenti di oggi: i personaggi di Shakespeare si identificavano con le tribù, ossia i gruppi familiari, dei loro genitori, e conducevano le loro ostilità lungo l’asse familiare. Né il conflitto centrale del dramma era di tipo intergenerazionale: i giovani amanti disobbedivano ai genitori ma non li rifiutavano, volevano solo riappacificarli in nome del loro reciproco amore. E ricevettero aiuto e sostegno da altri adulti, come il frate che li sposò in segreto. Le tribù di adolescenti di oggi non hanno alcun legame con la società degli adulti. Nel West Side Story di Leonard Bernstein, moderna trasposizione del Romeo e Giulietta, le bande di ragazzi in lotta fra loro sono completamente isolate dal mondo degli adulti e gli sono anzi aspramente ostili.


Sebbene ci siamo cullati nella convinzione che questa tribalizzazione dei giovani fosse un processo innocuo, si tratta di un fenomeno storicamente nuovo con un effetto dirompente sulla vita sociale. È alla radice della frustrazione che molti genitori provano sentendosi incapaci di trasmettere le proprie tradizioni ai figli.


Nella tribù separata, alla quale molti dei nostri ragazzi si sono uniti, la trasmissione dei valori e della cultura fluisce orizzontalmente, da una persona non istruita e immatura a un’altra. Questo processo, al quale si può pensare come a uno spegnimento o un appiattimento delle linee vitali della cultura, sta erodendo, sotto i nostri stessi occhi, uno dei sostegni dell’attività sociale e civile. Un certo grado di tensione fra generazioni è parte naturale dello sviluppo, ma si risolve di regola in modi che permettono al bambino di maturare in armonia con la cultura dei più anziani. I giovani possono avere libertà di espressione senza mancare di rispetto o dimenticare i valori universali trasmessi verticalmente da una generazione all’altra. Non è quello a cui si assiste oggi.


Non molto tempo fa, un presentatore della MTV dichiarò che “I ragazzi del mondo occidentale iniziano ad agire e somigliare gli uni agli altri molto più che ai propri genitori o nonni”. Sebbene questa affermazione fosse stata espressa sotto forma di vanto da parte dell’emittente televisiva nel contesto di un programma per la celebrazione di un anniversario, contiene un elemento di verità le cui implicazioni sono allarmanti.


La trasmissione della cultura assicura la sopravvivenza delle particolari forme che in qualità di esseri umani abbiamo dato alla nostra esistenza e all’espressione di noi stessi. Va molto al di là dei costumi, delle tradizioni e dei simboli; include il modo in cui ci esprimiamo attraverso i gesti e il linguaggio, il modo in cui ci adorniamo con abiti e decorazioni, cosa decidiamo di celebrare e come e quando lo facciamo. La cultura definisce anche i nostri rituali per ciò che concerne il contatto e la connessione con gli altri, i saluti e gli addii, l’appartenenza e la lealtà, l’amore e l’intimità. Centrale per ogni cultura è il cibo – come viene preparato e mangiato, gli atteggiamenti verso di esso, e le funzioni a cui serve. La musica che si produce e si ascolta è anch’essa parte integrante di ogni cultura.